Due domande su Giuseppe Allamano
Qual è l’attualità del messaggio di Giuseppe Allamano nel tuo lavoro missionario di ieri e di oggi?
è l’audacia, che è più del coraggio. San Paolo, missionario, usa il termine greco “parresia”.
Giuseppe Allamano è un audace. Lo è stato fin da ragazzo.
Giuseppe studia nell’Oratorio di don Giovanni Bosco. Ma il 16 agosto 1866 pianta in asso il suo maestro e se ne va, insalutato ospite. è domenica quel 16 agosto, giorno per recarsi in chiesa e non per scappare. Poi, è solo un ragazzo di 15 anni. Ma è un audace, contro il suo carismatico educatore.
Padre Igino Tubaldo (storico dell’Allamano) insinua che c’era troppo rumore nell’Oratorio. Così Giuseppe fugge, perché “il rumore non fa il bene, e il bene non fa rumore”. Questo è l’Allamano.
Lavoro in Tanzania. Ritengo che questo paese necessiti di maggiore audacia missionaria. Ma non solo il Tanzania.
Cosa ti fa pensare adesso la canonizzazione del Fondatore? Come pensi di viverla?
Il 2 settembre 1908 il Fondatore scriveva a fratel Benedetto Falda, missionario in Kenya: “La nostra Missione andrà innanzi e prospererà, perché è opera di Dio e di Maria SS. Consolata. Passeranno gli uomini... cadranno pure alcune foglie, ma l’albero benedetto dal S. Padre prospererà e verrà un albero giganteco. Io ne ho prove prodigiose in mano”.
Oggi i missionari e le missionarie della Consolata costituiscono “un albero gigantesco”, grazie alla Consolata, come pure grazie ad italiani e marocchini, a boliviani e colombiani, a mongoli e sud coreani, alla gente di Taiwan nonche’ a quella del Kazakistan, grazie a uomini e donne in circa 33 nazioni del mondo.
La missione è da viversi in “unità di intenti” fra tutti, nonostante le difficoltà.
Sono parole dell’audace san Giuseppe Allamano.
p.Francesco Bernardi (IMC)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana )
Ultimi commenti