Si tiene oggi a Brasilia il primo vertice dei presidenti dei Paesi del Sud America, organizzato dal presidente Luiz Inacio Lula da Silva. "Lo scopo dell'incontro è promuovere un dialogo franco tra tutti, al fine di individuare denominatori comuni, discutere le prospettive per la regione e riattivare l'agenda di cooperazione sudamericana in aree chiave, come la salute, il cambiamento climatico, la difesa, la lotta agli illeciti transnazionali, aziende, infrastrutture ed energia", si legge in una nota del ministero degli Esteri brasiliano. Come ha indicato Lula ai suoi omologhi della regione "è imperativo che torniamo a vedere il Sud America come una regione di pace e di cooperazione, capace di generare iniziative concrete per affrontare la sfida, che tutti condividiamo e a cui aspiriamo, di sviluppo sostenibile con giustizia sociale", conclude. Al vertice parteciperà anche il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, che ieri ha tenuto un incontro con l'omologo brasiliano. Tra gli impegni assunti da Lula nel terzo mandato presidente, iniziato il 1 gennaio, c'è quello proprio quello di rilanciare il disegno unitario regionale. Ad aprile, Brasile e Argentina hanno annunciato di voler tornare nell’Unasur (Unione delle nazioni sudamericane), uno degli emblemi del dominio che i governi di centrosinistra esercitavano nell’America latina di inizio secolo. Un’istanza che si era sgretolata con la progressiva entrata in scena di governi conservatori, e che oggi – con il centrodestra di nuovo ai minimi storici – si prospetta come uno dei diversi progetti unitari messi in campo dai progressisti. Progetti che hanno come denominatori comuni la rivendicazione di un’identità culturale regionale, l’impegno per politiche in favore delle popolazioni meno abbienti e una certa distanza dall’amministrazione Usa. E non è un caso che nelle stesse ore in cui annunciavano il rientro nell’Unasur – rispondendo all’invito del presidente del Messico, Andrés Manuel Lopez Obrador -, Argentina e Brasile partecipavano assieme ad altri otto governi al primo vertice dell’Alleanza contro l’inflazione dei Paesi dell’America latina e dei Caraibi. Sullo sfondo, il progetto più volte annunciato di rilancio della Comunità dei Paesi dell’America latina e dei Caraibi (Celac), l’organismo che mette assieme tutto il continente eccezion fatta per Usa e Canada, in aperta concorrenza con l’Organizzazione degli Stati americani (Osa), considerata troppo succube degli interessi della Casa Bianca. Iniziative come detto tornate in auge con la presenza contemporanea di governi con guida a sinistra: determinante in questo senso l’ascesa di Gustavo Petro, primo presidente progressista nella storia della Colombia e artefice di una decisa apertura di credito nei confronti del presidente del Venezuela, Nicolas Maduro. Senza contare il ritorno di Luiz Inacio Lula da Silva in Brasile, la presenza di Lopez Obrador in Messico e quella – probabilmente a scadenza – di Alberto Fernandez in Argentina. L’Unasur fu promossa nel 2008 dal presidente venezuelano Hugo Chavez per contrastare l’influenza degli Stati Uniti nella regione, in un momento nel quale in Sud America governavano diversi presidenti di centro-sinistra. L’intenzione era creare un’unione economica e politica che desse agli Stati membri una voce più forte sulla scena internazionale, preludio di una possibile unità regionale anche politica, se non monetaria. Col passare del tempo, e l’uscita di scena di diversi dei protagonisti del “neo socialismo” – il boliviano Evo Morales, l’ecuadoriano Rafael Correa, il brasiliano Lula o l’argentina Cristina Kirchner- l’istanza ha perso abbrivio, fino a non essere più capace di trovare il sostituto alla carica di segretario generale, dopo la fine del mandato del colombiano Ernesto Samper, nel 2017. Ad oggi il blocco è composto solo da Bolivia, Guayana, Suriname e Venezuela. Molti paesi, a partire proprio da Brasile e Argentina, avevano firmato nel 2019 la recessione dal trattato denunciando la natura eccessivamente “ideologica” del blocco, e preparato le basi per il “Prosur” (Foro per il progresso dell’America del Sud), organismo alternativo crollato sotto i colpi della pandemia prima ancora che per la debolezza delle fondamenta politiche. Il cambio di orientamento politico si era riflesso soprattutto nella condanna al governo venezuelano di Nicolas Maduro per la dura crisi sociale e politica in atto in quegli anni: dodici Paesi, guidati dagli Stati Uniti dell’allora presidente Donald Trump, avevano dato vita al “Gruppo di Lima”, istanza che d’intesa con il leader oppositore Juan Guaidò, puntava all’uscita di scena di Maduro.- Il progetto più ambizioso rimane comunque quello di un rilancio della Celac, come luogo per eccellenza dell’unità latinoamericana. Ne ha parlato in varie occasioni il presidente del Messico, Andrés Manuel Lopez Obrador, arrivando anche a proporre un percorso analogo a quello che ha portato l’Unione Europea alla creazione di un mercato, una moneta e – infine – istituzioni comuni. L’idea, portata avanti con forza anche dall’Argentina, sembra però lontana dal concretizzarsi. La Celac – adotta decisioni per consenso – è stata fondata nel 2011 a Caracas, Venezuela, a seguito della fusione del Gruppo di Rio e il Vertice dell’America latina e Caraibi (Calc). A gennaio del 2020 il presidente Jair Bolsonaro aveva deciso di sospendere la partecipazione del Brasile all’organismo, denunciando la mancanza di risultati nella difesa della democrazia e l’appoggio dato a governi ritenuti autoritari. Ad oggi riunisce il 17 per cento dei paesi appartenenti alle Nazioni Unite, circa 624 milioni di persone, il 15 per cento del territorio del pianeta e crea il 7,1 per cento del prodotto interno lordo globale. (Fonte Agenzia Nova)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
Ultimi commenti