Si è concluso con la firma di un documento programmatico comune, il Consenso di Brasilia, il primo vertice dei presidenti dei Paesi del Sud America, tenuto ieri nella capitale brasiliana su proposta del presidente, Luiz Inacio Lula da Silva. Al termine di una intensa giornata di lavoro organizzata "per scambiare punti di vista e prospettive per la cooperazione e l'integrazione in Sud America", i capi di stato hanno riconosciuto "l'importanza di mantenere un dialogo regolare, allo scopo di dare impulso al processo di integrazione in Sud America e proiettare la voce della regione nel mondo". Per questo motivo hanno deciso di "istituire un gruppo di contatto, composto dai ministri degli Esteri, per valutare le esperienze dei meccanismi di integrazione sudamericani e per preparare una road map per l'integrazione del Sud America, da sottoporre all'esame dei capi di Stato". I presidenti hanno convenuto di incontrarsi nuovamente, in data e luogo da definire, per esaminare lo stato di avanzamento delle iniziative di cooperazione sudamericane e determinare i prossimi passi da compiere.I firmatari del documento finale hanno "convenuto di promuovere, d'ora in poi, iniziative di cooperazione sudamericana, con un focus sociale e di genere, in aree che riguardano i bisogni immediati dei cittadini, in particolare le persone in situazioni vulnerabili, comprese le popolazioni indigene, come la salute, la sicurezza alimentare, sistemi alimentari basati su agricoltura tradizionale, ambiente, risorse idriche, disastri naturali, infrastrutture e logistica, interconnessione energetica ed energie pulite, trasformazione digitale, difesa, sicurezza e integrazione delle frontiere, contrasto alla criminalità organizzata transnazionale e cybersecurity".I partecipanti al vertice hanno "riaffermato la visione comune secondo cui il Sud America costituisce una regione di pace e cooperazione, basata sul dialogo e sul rispetto della diversità dei nostri popoli, impegnata per la democrazia e i diritti umani, lo sviluppo sostenibile e la giustizia sociale, lo Stato di diritto e la stabilità istituzionale, difesa della sovranità e non ingerenza negli affari interni", e convenuto che "il mondo sta affrontando molteplici sfide, sullo sfondo della crisi climatica, delle minacce alla pace e alla sicurezza internazionali, della pressione sulle catene alimentari ed energetiche, dei rischi di nuove pandemie, dell'aumento delle disuguaglianze sociali e delle minacce alla stabilità istituzionale ed economica. Con l'obiettivo di approfondire le relazioni regionali, i presidenti si sono poi "impegnati a lavorare per aumentare il commercio e gli investimenti tra i paesi della regione, migliorare le infrastrutture e la logistica, rafforzare le catene del valore regionali, l'applicare di misure di facilitazione degli scambi e di integrazione finanziaria, eliminare le misure unilaterali e favorire l'accesso ai mercati attraverso una rete di accordi di complementazione economica con l'obiettivo di un'effettiva area di libero scambio sudamericana".Al primo vertice dei leader del Sud America, fortemente voluto dal presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, hanno partecipato i capi di Stato dei principali Paesi della regione, ad eccezione della presidente del Perù, Dina Boluarte, il cui governo sconta l'isolamento da parte di alcuni leader regionali, come il colombiano Gustavo Petro, che non riconoscono la legittimità del suo mandato. Il Perù è stato comunque presente con il primo ministro Alberto Otarola. Tra i presenti anche Nicolas Maduro, in una rarissima trasferta fuori dai confini nazionali. La sua partecipazione sancisce di fatto il ritorno del presidente venezuelano nel consesso dei leader regionali, complice la congiuntura politica che vede presidenti di sinistra alla guida di quasi tutti i Paesi della regione. Ieri, durante un incontro bilaterale con Maduro che ha sancito una ripresa piena delle relazioni bilaterali, interrotte nel corso del governo del predecessore, Jair Bolsonaro, Lula ha duramente criticato le politiche "anti-venezuelane" e "guidate dal preconcetto" messe in campo da Stati Uniti e Unione europea (Ue) aggiungendo che il Venezuela ha bisogno di diffondere la sua "narrativa" sulla situazione politica ed economica del Paese per contrastare le "narrative" costruite dagli oppositori sulla scena internazionale". Le affermazioni scatenavano la risposta del presidente dell'Uruguay, Luis Lacalle Pou, che ha criticato l'omologo del Brasile per aver definito "narrazioni" le denunce di violazioni di diritti umani e limitazione dei diritti civili in Venezuela. "Devo dire che sono rimasto sorpreso quando è stato detto che ciò che accade in Venezuela è frutto di una narrazione falsa", ha detto. Critiche sono venute anche dal presidente del Cile, Gabriel Boric, che, in una conferenza stampa ha detto che la situazione in Venezuela non è una narrazione, ma "reale e seria"."Esprimo, rispettosamente, il mio dissenso con quanto detto dal presidente Lula secondo cui la situazione dei diritti umani in Venezuela sarebbe una costruzione narrativa. Non è così, non è una costruzione narrativa, è una realtà, è grave e io ho avuto modo di vedere, ho visto l'orrore dei venezuelani, questa questione esige una posizione ferma", ha affermato il presidente del Cile. - L'ambizione di Lula va oltre ed è quella di sfruttare la congiuntura politica regionale per riattivare l'agenda di cooperazione sudamericana in aree chiave, come cambiamento climatico ed energia. "Lo scopo dell'incontro è promuovere un dialogo franco tra tutti, al fine di individuare denominatori comuni, discutere le prospettive per la regione e riattivare l'agenda di cooperazione sudamericana in aree chiave, come la salute, il cambiamento climatico, la difesa, la lotta agli illeciti transnazionali aziende, infrastrutture ed energia", recita una nota del ministero degli Esteri brasiliano.- Una sfida che dovrà però fare i conti con la polarizzazione dello spettro politico regionale, che vedrà nell'Argentina dell'alleato Alberto Fernandez uno dei prossimi banchi di prova. Il centrosinistra si avvia verso le elezioni presidenziali del prossimo 22 ottobre senza un candidato chiaro, stretto tra dissidi interni alla coalizione di governo e tassi altissimi di inflazione, che stanno aggravando il livello di povertà nel Paese. Tra i favoriti nei sondaggi c'è l'outsider Javier Milei, ultra liberista, fondatore del partito "La libertà avanza". Interprete di una battaglia senza quartiere alla "casta", Milei immagina un futuro senza Banca centrale, con la dollarizzazione dell'economia e la fine di ogni assistenzialismo in favore dell'economia di mercato. (Fonte Agenzia Nova)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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