Il Paraguay vota oggi per eleggere il presidente, il vicepresidente e rinnovare l'intero Parlamento: 45 senatori (più i 30 supplenti) e 80 deputati (con 80 supplenti). Sono le ottave elezioni generali dalla fine della dittatura di Alfredo Stroessner, nel 1989, e sono chiamati alle urne quasi 4,8 milioni di elettori. Il voto servirà anche a eleggere i governatori delle 17 province in cui è diviso il Paese, e le relative giunte provinciali. Il presidente – come accade anche in Messico, Venezuela, Panama e Honduras – viene eletto a maggioranza semplice, senza ricorrere al ballottaggio. Il nuovo capo dello Stato, che prenderà il posto di Mario Abdo Benitez, assumerà l'incarico il 15 agosto del 2023, mantenendolo fino ad agosto del 2028, mentre i parlamentari inizieranno la legislatura il primo luglio. I seggi saranno aperti dalle 7 alle 17 (ora locale). Da ieri sera alle 19 alle 18 di oggi è in vigore il divieto di vendita di bevande alcoliche, esteso anche a ristoranti e locali. Bar e discoteche sono chiusi. Non si possono organizzare manifestazioni pubbliche fino a due ore dopo la chiusura del voto. È vietato il porto d’armi. Nel quartier generale del Tribunale superiore di giustizia elettorale (Tsje) ieri sono stati effettuati controlli di sicurezza. Inoltre, sono state testate le macchine per il voto elettronico. Possono votare anche i cittadini residenti in alcuni Paesi esteri: sono state allestite sedi in Argentina, Brasile, Spagna e Stati Uniti. Le elezioni potrebbero portare il Paraguay a chiudere le relazioni con Taiwan, privando l'America del Sud dell'unico Paese non alleato della Cina. Uno dei due principali aspiranti alla presidenza, il candidato dell'attuale opposizione, Efrain Alegre, infatti, ha fatto capire di essere pronto a valutare l'avvicinamento a Pechino. Un'ipotesi concreta, ha spiegato ad "Agenzia Nova" Leonardo Gomez Berniga, avvocato e analista politico del Paese sudamericano. "Al Paraguay potrebbe non convenire portare avanti l'alleanza con Taiwan", ha detto l'analista, ricordando innanzitutto il rapporto di forte dipendenza da Paesi come Brasile e Argentina. "Parliamo di una dipendenza molto grande in termini economici. Due nazioni da cui arrivano gran parte dei proventi per il Paraguay", ha sottolineato Berniga. "Non importa sapere se il prossimo governo sarà di destra o di sinistra": il piccolo Stato "è obbligato ad avere buone relazioni con i suoi vicini", che sono anche i soci maggioritari del Mercato comune del sud (Mercosur). La Cina è un "punto importante" nell'agenda di Brasilia e Buenos Aires, e il fatto che il Paraguay sia legato a Taiwan "impedisce al blocco di stringere accordi con Pechino".C'è poi un tema direttamente connesso con le esigenze del Paese. Uno dei problemi di cui soffre è la mancanza di acquirenti della carne. "La Cina, invece, ha una domanda molto forte di alimenti e il settore imprenditoriale paraguaiano è alla disperata ricerca di nuovi canali commerciali". È per questo, ha proseguito l'analista, che "gli Stati Uniti stanno cercando di aprire il loro mercato per cercare di acquistare carne paraguaiana e cercare così di compensare gli interessi degli esportatori che non possono vendere la carne alla Cina, vedendosi così ridotti i loro margini". - Quella di oggi è una corsa a turno unico aperta a oltre dieci candidati, due con possibilità di vittoria secondo i sondaggi: Santiago Pena, esponente del governativo Partito colorado (Pc), e lo stesso Alegre, della Concertacion, al terzo tentativo di conquistare la presidenza. Dalla fine della dittatura di Stroessner, il Paese è stato sempre governato dal Pc, "figlio" del regime precedente, eccezion fatta per la parentesi di Fernando Lugo, il vescovo che è stato presidente dal 2008 al 2012. Lugo, che perse la presidenza un anno prima della fine del mandato in seguito a un processo politico molto discusso, è oggi candidato al Senato. Alegre, già ministro delle Opere pubbliche sotto il governo Lugo, si presenta alla guida di una coalizione di 14 partiti. Il candidato aveva già perso la sfida nel 2013 contro Horacio Cartes e nel 2018 contro Abdo Benitez. Il grosso del suo sostegno lo deve al Frente Guasù, la coalizione di forze progressiste che nel 2008 consentirono la vittoria di Lugo. Tra gli aspiranti alla presidenza, non al suo primo tentativo, c'è anche José Luis Chilavert, noto portiere della nazionale di calcio, ma il cui programma elettorale anti-sistema, con richiami al brasiliano Jair Bolsonaro, pare non aver riscosso particolare entusiasmo. I sondaggi descrivono uno scenario incerto, ma la vittoria del candidato di opposizione è tutt'altro che esclusa. Uno scenario sostenuto anche dalle varie crisi che attraversano il Pc, a partire dalla frattura interna tra il fronte governativo, che fa capo al presidente uscente Abdo Benitez, e quello legato all'ex presidente Cartes (2013-2018). "Una crisi resa più profonda dalle dichiarazioni del Dipartimento di Stato Usa", ha detto Berniga ricordando la definizione di "persona significativamente corrotta" che Washington ha coniato per Cartes. Dietro l'ex presidente si agitano fantasmi giudiziari di ogni tipo, anche quelli legati all'omicidio di Marcelo Pecci, il procuratore antimafia ucciso in viaggio di nozze in Colombia. La spaccatura interna, ha sottolineato l'analista, non è stata di fatto risolta con la soluzione trovata a dicembre, quando si è deciso di nominare Cartes presidente del Pc e Pena candidato alla presidenza del Paese. "Se vince Pena", 44 anni, già ministro dell'Economia proprio con Cartes, "dovrà comunque negoziare la sua agenda politica con le varie correnti interne", ha detto Berniga. "Il Pc non agisce come un blocco unico. È un partito molto grande con grandi diversità al suo interno. È un partito di governo e di opposizione al tempo stesso". La crisi, secondo l'analisi dell'esperto, causa una "fuga di voti" il cui destino non è peraltro facile da immaginare. "Il fatto che tradizionali elettori del Pc non votino per il loro partito di riferimento non vuol dire che siano pronti ad appoggiare l'oppositore al momento con le maggiori chance di vittoria. Le analisi parlano di molti voti incrociati, che possono essere intercettati da nuove forze politiche, riducendo potenzialmente i consensi dei partiti già esistenti". Un'emorragia di consensi, cui il Pc ha cercato di rispondere anche cambiando la strategia di comunicazione, ha spiegato l'analista. "Prima c'era un campagna elettorale molto identitaria, fortemente ancorata ai simboli, a partire dall'uso del rosso, colore proprio del Pc. Ora si scommette più sul 'tricolore' della bandiera paraguaiana, su sfondo bianco", prova evidente che per vincere, il Pc "deve cercare voti fuori dal suo elettorato". (Fonte Agenzia Nova)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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