Carissime amiche, carissimi amici,
oggi voglio condividere con voi una mia piccola, ma importante, ricorrenza.
Nel febbraio del 1993, esattamente 30 anni fa, veniva pubblicato il mio primo articolo. Si trattava in realtà di due pezzi: la storia di una mia esperienza diretta, vissuta con l’amico Roberto Minetti, in alcune favelas di Rio de Janeiro, e una piccola riflessione personale
sullo stesso tema.
Io e Roberto, nel 1992, eravamo in viaggio in Sudamerica e, in quel periodo, eravamo stati accolti da padre Claudio Fattor, missionario della Consolata, alla missione nel quartiere Benfica, area di Rio de Janeiro nel mezzo delle favelas: la famosa Mangueira, Morro do Telegrafo, Arará, Tuiutí e altre. Nonostante fossimo in viaggio già da mesi e di cose ne avevamo viste (avevamo attraversato la Patagonia in autostop, arrivando fino alla Terra del Fuoco), in quei giorni entrammo in contatto con una realtà assolutamente nuova per noi, scioccante, scomoda, che ci metteva in discussione. Una realtà che, decidemmo, si doveva raccontare, meglio, denunciare.
Rientrati in Italia, Roberto mi portò alla Casa Madre dei missionari, in corso Ferrucci. Era la fine del 1992. Qui incontrammo per primo padre Franco Cellana, all’epoca superiore della comunità. Fu molto accogliente, e dopo i nostri racconti non esitò ad alzare il telefono e chiamare il direttore della rivista Missioni Consolata, padre Francesco Bernardi. Francesco ci ricevette subito. Ci ascoltò, e con i suoi occhi vispi, un mezzo sorriso incorniciato dalla barba che all’epoca aveva, manipolando una penna, ci disse che poteva pubblicare qualcosa, se gli avessimo proposto un testo.
Radunate le idee, di getto, iniziai a scrivere. In quei mesi mi capitava spesso di scrivere delle riflessioni, ero ancora pieno di immagini del Sudamerica e di sentimenti contrastanti.
Fu così che nacquero quei due primi articoli, quasi spontaneamente, mentre dentro di me cresceva qualcosa. Da un lato, occorreva fare qualcosa per ridurre le disuguaglianze di cui ero stato testimone, e dall’altro bisognava far sapere alla gente di questa parte del Mondo che quelle situazioni esistevano.
Questa è la storia del mio primo articolo con le prime foto pubblicate. Iniziai a mettermi in testa l’idea di continuare a scrivere e a produrre immagini. Ma sempre con questo obiettivo di far conoscere e di denunciare realtà difficili.
La fotografia, che mi aveva appassionato fino dall’infanzia, la vedevo ora come il più potente mezzo per comunicare queste realtà. Il testo scritto avrebbe contribuito a descriverle.
Incontrai il giornalista e regista, Sante Altizio, grazie alla nostra comune amica Gabriella Roux. Sante mi spiegò come funzionavano le cose nel nostro paese.
In seguito, mi presentarono il il fotogiornalista Paolo Siccardi, il quale mi diede diversi consigli che si sarebbero rivelati preziosi.
Iniziai così a occuparmi di esteri e di tematiche sociali e, nel 1996, mi iscrissi all’Ordine dei Giornalisti, grazie a diverse collaborazioni che avevo messo in piedi negli anni precedenti. Fu per me un primo traguardo: ero ufficialmente giornalista.
Divenni professionista tre anni dopo, ma questa è un’altra storia.
TESTO DI MARCO BELLO
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