«La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù» (EG, 1)
L’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium (la Gioia del Vangelo) è stata stesa da Papa Francesco nel 2013 per «proporre alcune linee guida che possano incoraggiare e orientare in tutta la Chiesa una nuova tappa evangelizzatrice, piena di fervore e dinamismo» (EG, 17). Ma la sua prima frase non parla dell’annuncio, del Vangelo, della missione. Nelle parole d’esordio del testo, Papa Francesco attesta semplicemente che la gioia del Vangelo è quella che «riempie il cuore e la vita di coloro che incontrano Gesù».
La Evangelii Gaudium è un intenso incoraggiamento all’«annuncio del Vangelo nel mondo attuale». Ma lungo tutto il testo, come in una insistente nota di fondo, Papa Francesco riconosce e ripete che c’è qualcosa che viene prima. Prima dell’annuncio, prima del Vangelo, prima dello slancio missionario. Qualcosa senza il quale non ci sarebbe nessuna missione, nessuna evangelizzazione, nessun Vangelo. Qualcosa che il Vescovo di Roma indica ricorrendo a una citazione dell’Enciclica Deus Caritas est del suo predecessore Benedetto XVI: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva» (EG, 7).
La missione di annunciare e proporre agli altri la via del Vangelo non è una prestazione auto-prodotta. Non si sprigiona per forza propria, per auto-affermazione sospesa nel vuoto. L’esperienza dell’incontro personale con Cristo – ripete Papa Bergoglio, dopo aver citato Papa Ratzinger - è «la sorgente dell’azione evangelizzatrice». Perché «solo grazie a questo incontro - o reincontro – con l’amore di Dio, che si tramuta in felice amicizia, siamo riscattati dalla nostra coscienza isolata e dalla nostra autoreferenzialità» (EG, 8).
I primi a sperimentare e testimoniare che la forza missionaria ha sua sorgente solo nell’incontro con Cristo furono proprio gli Apostoli. Papa Francesco, citando il Vangelo di Giovanni, nella Evangelii Gaudium ricorda che gli Apostoli «mai dimenticarono il momento in cui Gesù toccò loro il cuore: “Erano circa le quattro del pomeriggio”». (EG,13). Loro non se lo aspettavano, non se lo sarebbero mai sognato. Eppure l’impatto sui loro cuori e sulle loro vite dell’incontro con l’umanità di Cristo, nel suo accadere, fu qualcosa di semplicissimo, di elementare e gratuito, qualcosa che accadde prima di ogni riflessione, di ogni discernimento, di ogni sforzo spirituale. Qualcosa che poteva solo essere visto, sperimentato con stupore, e poi, magari, raccontato agli altri.
L’esperienza degli Apostoli, raccontata negli Atti – ha ricordato in un’intervista Papa Francesco - «è come un paradigma che vale per sempre». Il fenomeno iniziale – l’incontro degli Apostoli con l’umanità viva di Cristo, e l’impatto di stupore che ne nacque in loro - non è una “procedura d’avvio”, una spinta iniziale destinata a essere superata, una favola mitica degli inizi da cui trarre ispirazione per poi andare avanti da soli, con energia, congetture e inventiva prodotte in proprio.
Nella dinamica cristiana, riproposta in Evangelii Gaudium, quello che avvenne all'inizio continua a avvenire lungo tutta la storia della Salvezza. Anche oggi la fede e la carità dei cristiani possono essere mosse solo dall’impatto dell’incontro con Gesù, con quello che Lui e il Suo Spirito operano nel presente. Lo stesso impatto sperimentato dagli Apostoli.
Papa Francesco, nella Evangelii Gaudium, suggerisce tutto questo ripetendo in maniera insistente che anche la missione affidata alla Chiesa non ha come sorgente e protagonista la Chiesa, ma l’incontro con Cristo stesso, e ciò che Lui opera.
Sperimentare e proporre agli altri la salvezza gioiosa donata da Cristo risorto è la vocazione di tutti i cristiani e la ragion d’essere propria della Chiesa. Ma a tale vocazione nessuno risponde per sforzo proprio. La Evangelii Gaudium ripete in innumerevoli passaggi, e in tante sfumature diverse, che l’evangelizzazione non può mai essere intesa come «un eroico compito personale, giacché l’opera è prima di tutto Sua». Gesù è «“il primo e il più grande evangelizzatore”. In qualunque forma di evangelizzazione il primato è sempre di Dio». La vera novità «è quella che Dio stesso misteriosamente vuole produrre, quella che Egli ispira, quella che Egli provoca, quella che Egli orienta e accompagna in mille modi». In tutta la vita della Chiesa occorre riconoscere e manifestare a ogni passo che l’iniziativa è di Dio, che «è Lui che ha amato noi per primo», e solo Lui fa crescere. (EG, 12), non solo all’inizio, ma in ogni passo avanti della vita cristiana. «Quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù» insiste il Vescovo di Roma nella Evangelii Gaudium «scopre che Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte» (EG, 3). Papa Francesco conia anche un neologismo in spagnolo, “primerear”, per descrivere l’operare preveniente dell’amore di Cristo. «La comunità evangelizzatrice» scrive al paragrafo 24 «sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cfr 1 Gv 4,10), e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi».
Una percezione quasi fisica della grazia preveniente irriga l’Evangelii Gaudium dall’inizio alla fine. Papa Francesco cita anche di nuovo Papa Benedetto XVI, e le parole da lui scelte nel discorso di apertura del Sinodo dell'ottobre 2012 sulla Nuova Evangelizzazione: «È importante sempre sapere che la prima parola, l’iniziativa vera, l’attività vera viene da Dio e solo inserendoci in questa iniziativa divina, solo implorando questa iniziativa divina, possiamo anche noi divenire – con Lui e in Lui – evangelizzatori» (EG, 112). Il Vescovo di Roma aggiunge che nell’opera apostolica di annunciare il Vangelo «nessuna motivazione sarà sufficiente se non arde nei cuori il fuoco dello Spirito», e ripete che lo Spirito Santo «è l’anima della Chiesa evangelizzatrice» (EG,261).
Il Papa, in Evangelii Gaudium, ricorda anche che l’autentico missionario «sa che Gesù cammina con lui, parla con lui, respira con lui, lavora con lui. Sente Gesù vivo insieme con lui nel mezzo dell’impegno missionario. Se uno non lo scopre presente nel cuore stesso dell’impresa missionaria, presto perde l’entusiasmo e smette di essere sicuro di ciò che trasmette, gli manca la forza e la passione» (EG 266).
Nell’esperienza paradigmatica dei primi Apostoli, l’incontro con Gesù e il suo impatto sulle loro vite ha i connotati della gratuità e dell’attrattiva. I dodici, per lo più pescatori illetterati, si ritrovano a seguirlo perché sono colpiti e attirati dalla sua umanità diversa. Avvertono, magari confusamente, che nello stare con Gesù c’è un presentimento nuovo di vita, una promessa imparagonabile.
Nella missione dell’annuncio - ripete papa Bergoglio, citando anche su questo punto il predecessore Benedetto XVI - si procede in avanti non per sforzo o per ansia di proselitismo, ma «per attrazione». L’attrazione si ritrova nella dinamica di ogni autentica opera apostolica, in ogni autentico atto missionario. Non come effetto di sforzi e di operazioni cosmetiche per rendere più “accattivante” l’immagine della Chiesa, o acquisire consensi attraverso strategie di marketing. L’attrattiva richiamata da Papa Francesco e dal suo predecessore è una prerogativa dei vivi. È quella che Cristo stesso, il Risorto, può esercitare oggi sui cuori dei suoi apostoli, dei suoi missionari, e anche di chi non lo cerca.
TESTO DI GIANNI VALENTE
(Fonte : AGENZIA FIDES)
a cura di Marianna Micheluzzi(Ukundimana)
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