Fonte : BRASIL DE FATO-BR
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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Fonte : BRASIL DE FATO-BR
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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Un attivista congolese per i diritti umani della società civile Kasogomba è a rischio della sua vita. Secondo una nota della Coordination de la Société Civile du Hauts Plateaux à Milimba, giunta all’Agenzia Fides tramite fonti missionarie, l’attivista è bloccato a Minembwe, nel territorio di Fizi, nella provincia del Sud Kivu (est della Repubblica Democratica del Congo), dopo che durante l'incursione del 13 giugno da parte di ribelli Twigwaneho, è stata uccisa la moglie e ferito il figlio.
“Dopo questa incursione, l'attivista è stato dotato di una scorta di militari e poliziotti per garantire la sua sicurezza e quella della sua famiglia, dal 14 giugno” afferma la nota. “Ma con il dispiegamento dei soldati burundesi negli alti e medi altipiani, che stanno dando la caccia ai gruppi armati, diversi giovani Twigwaneho sono nel centro di Minembwe, seminando paura e panico all'interno dell'esercito congolese. I soldati delle forze armate congolesi (FARDC) essendo in numero estremamente ridotto a Minembwe, temono di essere attaccati dai miliziani. Per questo motivo al signor Kasogomba è stato notificato, ieri, 29 agosto, il ritiro di tutti i soldati che presidiano la sua casa”.
“Vista la situazione preoccupante, chiediamo la mobilitazione di tutti per la tutela del collega bersaglio di minacce e tentativi di omicidio che sono già costati la vita a sua moglie” afferma la nota. La moglie dell’attivista, signora Naruhogazi Gentille, madre di 7 bambini, è stata uccisa a colpi di arma da fuoco nella sua casa a Madegu, intorno alle 8 della sera del 13 giugno. Gli assassini hanno fatto irruzione nella casa del signor Kasogomba, che in quel momento non era presente, e hanno sparato due proiettili a bruciapelo contro la moglie che è morta sul colpo, mentre uno dei figli è stato colpito a una gamba.
Il gruppo Makanika-Twigwaneho è guidato da un colonnello dell'esercito, Michel Rukundo Makanika, che ha disertato all'inizio del 2020 e si è insediato con i suoi uomini negli altopiani di Fizi. (Fonte Agenzia FIDES)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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Tra minacce di ritiro – o veri e propri ritiri – e critiche all’organizzazione dei lavori, si sta arenando il dialogo nazionale inclusivo e sovrano (Dnis) in Ciad promosso dalla giunta militare al potere e volto ad ascoltare tutte le forze vive della nazione per porre le basi a un nuovo futuro di stabilità.
Prima dell’istituzione di un presidio che ha suscitato l’ira di molti presidenti di partiti politici di opposizione, associazioni della società civile e esponenti politico-militari, l’Osservatorio cittadino della transizione ha lanciato l’allarme sulle manovre dei membri del Codni – il comitato incaricato di organizzare il dialogo – accusati di impreparazione e di parzialità nella distribuzione delle quote dei partecipanti. “La circolazione in sala di documenti non autenticati, la continua iscrizione dei partecipanti, la bozza di regolamento interno piena di contraddizioni e inadeguatezze, il mancato rispetto delle misure di distanziamento sociale in sala nonché il mancato utilizzo delle mascherine da parte di alcuni partecipanti, il mancato controllo sullo svolgimento dei dibattiti, il mancato rispetto degli orari di apertura e chiusura della sessione plenaria, gravi difficoltà logistiche”, sono alcune delle critiche elencate dall’Osservatorio, particolarmente veemente per quanto riguarda lo squilibrio nella distribuzione delle quote dei partecipanti.
“L’inclusività che è un principio base per la tenuta del Dnis non sembra essere rispettata”, osserva, deplorando la scarsa visibilità degli osservatori internazionali nella sala e l’assenza di alcuni gruppi politico-militari, Les Transformateurs, Wakit Tama e il Gra-appel du 1er juin: “Un gran numero di partecipanti sono iscritti o affiliati all’ex partito di governo, forte presenza di esponenti delle forze di difesa e sicurezza sia in sala che nelle principali arterie della città”, informa l’Osservatorio, denunciando inoltre “l’esclusione dei rappresentanti della società civile, giovani e accademici nelle stanze attigue, mentre le posizioni strategiche nell’aula grande sono riservate a membri del governo, attori politici e altre personalità vicine alle autorità della Transizione” nonché “la mancata presa in considerazione delle domande e delle proposte avanzate dai partecipanti, gli applausi prematuri come mezzo di pressione per mettere a tacere le controversie”.
Infine, per ridurre i rischi di defezioni al dialogo, l’Osservatorio chiede l’istituzione di un presidio diretto da una personalità neutra e consensuale.
Nel frattempo, gli undici ordini professionali, in particolare l’Ordine nazionale dei medici, l’ordine nazionale dei farmacisti, l’ordine nazionale dei tecnici sanitari, l’ordine nazionale degli amministratori sanitari, l’ordine nazionale dei veterinari, l’ordine nazionale degli avvocati, l’Ordine nazionale dei notai, la Camera nazionale degli ufficiali giudiziari-Commissari della giustizia del Ciad, l’Ordine nazionale dei dottori commercialisti, l’Ordine nazionale degli architetti del Ciad e l’Ordine nazionale degli ingegneri civili ciadiani hanno deciso di ritirarsi dai lavori del dialogo nazionale, invocando la loro esclusione dal presidio. “Poiché si ritiene che non siamo utili, pensiamo di non avere posto in questo dialogo, quindi ci ritiriamo da questo dialogo che, per noi sembra essere un dialogo di persone che si conoscono”, ha annunciato il presidente dell’Ordine nazionale degli Avvocati del Ciad Laguerre Djerandi, mentre il presidente dell’ordine degli architetti del Ciad, Abderahim Ndiaye Hayatte, ha deplorato che “C’è spazio per i politici, per i sindacati, per altri organismi, ma non per gli ordini professionali”.
Di fronte alle molte difficoltà, i responsabili dei movimenti laici e delle associazioni della Chiesa cattolica in Ciad – che includono l’Unione dei dirigenti cristiani cattolici del Ciad (Ucct), l’Unione delle donne cristiane cattoliche del Ciad (Ufcct) e la Rete degli ex Jécistes d’Afrique in Ciad (Raja-T) – hanno da parte loro chiesto la sospensione del dialogo per favorire il successo degli sforzi di mediazione in corso. “In questi giorni, l’inclusività auspicata tarda a concretizzarsi”, denuncia Djimhodoum Edmond, rappresentante dell’Ucct. I laici cattolici, che citano anche come giustificazione l’assenza di movimenti politici sociali dal fronte interno e di parte del politico-militare, minacciando di ritirarsi dal processo. All’unisono, l’Intesa delle Chiese e Missioni Evangeliche in Ciad (Eemet), rilevando anch’essa irregolarità nei lavori del dialogo durante l’adozione dei regolamenti interni e la pubblicazione dell’elenco dei membri del presidium, ha minacciato di ritirarsi dal dialogo e ha esortato il governo a sostenere gli sforzi di mediazione in corso. L’Eemet ritiene che “la nomina dei membri del presidio del dialogo nazionale inclusivo e sovrano non ha rispettato i principi del consenso, dell’inclusività e della diversità”, si legge in un comunicato stampa firmato dal segretario generale Djimalngar Madjibaye.
Infine in un comunicato, si apprende che il gruppo di religiosi e di anziani che ha tentato la mediazione per portare gli indecisi nei confronti del dialogo nazionale al tavolo dei negoziati è stato ostacolato dal rifiuto del governo di transizione. “Dopo le discussioni, prendiamo atto con rammarico che il nostro appello e le nostre proposte non sono state prese sul serio. La prova è che la richiesta di sospensione delle attività per consentire la mediazione, tra il governo da un lato e le forze civili non partecipanti al dialogo nazionale inclusivo e sovrano (Dnis) e i politico-militari non firmatari dell’accordo di Doha dall’altro, non è stato preso in considerazione dal governo della Repubblica del Ciad”, precisa il portavoce del gruppo Baniara Yoyana. (Fonte AFRICA RIVISTA)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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Il Fronte di liberazione popolare del Tigrè (Tplf), che da fine 2020 è in guerra contro il governo di Addis Abeba nel nord etiope, ha accusato l'esercito federale di aver bombardato l'ospedale di Macallè ed altri obiettivi civili nella capitale tigrina con l'uso di droni. In un tweet, il portavoce Getachew Reda sostiene che "almeno tre bombe" sono state sganciate su questi obiettivi, accusando il primo ministro etiope Abiy Ahmed di fare quello che sa fare meglio: uccidere bambini e civili innocenti". Fonti locali su Twitter riferiscono che uno dei tre obiettivi colpiti a Macallè sarebbe un centro per sfollati, mentre il direttore generale del Mekelle Hospital, Kibrom Gebreselassie, ha confermato l'attacco, aggiungendo che i feriti sono al momento trasportati all'Ayder Hospital. (Fonte Agenzia Nova)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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La Camera dei rappresentanti basata a Tobruk, nell’est della Libia, non intende ritirare la fiducia al Governo di stabilità nazionale (Gsn) del premier designato, Fathi Bashagha. Lo ha detto “Agenzia Nova” il deputato libico Al Mabrouk al Khattabi, eletto nella città occidentale di Sabrata. Un gruppo di deputati ha tenuto ieri una sessione tramite la piattaforma "Zoom" con il primo ministro designato per discutere degli ultimi sviluppi dopo i recenti scontri armati a Tripoli tra milizie pro-Basagha e pro-Dabaiba (quest'ultimo è il capo del Governo di unità nazionale riconosciuto dall'Onu), conclusi con 42 morti e la sconfitta del fronte che sostiene il Gsn. “Il ritiro della fiducia non è all’ordine del giorno perché il governo non ha ancora svolto i suoi compiti”, ha detto Al Khattabi, confermando che un incontro tra il presidente della Camera, Aguila Saleh, e il capo dell’Alto consiglio di Stato (che svolge le funzioni simili a un Senato in Libia), Khaled al Mishri, per concordare la base costituzionale per le elezioni potrebbe tenersi la prossima settimana e non oggi, come precedentemente riferito da altre fonti. (Fonte Agenzia Nova)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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La situazione a Zaporizhzhia è parte della crisi sistemica dovuta alla guerra e la Russia sta giocando d'azzardo con la sicurezza nucleare. Lo ha dichiarato l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'Unione europea, Josep Borrell, durante un punto stampa alla riunione informale dei ministri europei degli Affari esteri di Praga. "Supportiamo il lavoro dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) e chiediamo un'immediata demilitarizzazione della zona. Non possiamo giocare alla guerra in territori come quello. Speriamo che l'Aiea possa riportare la situazione alla normalità e continueremo a fare pressione su Putin per liberare completamente l'area dalla presenza militare", ha detto. ( Fonte Agenzia Nova)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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La Corte suprema del Kenya ha fissato tre giorni di udienze per ascoltare i titolari dei sette ricorsi approvati dai magistrati. Le sessioni, riferisce lo "Standard Media", prevedono l'esame degli argomenti contenuti nelle petizioni, che per la loro somiglianza i magistrati hanno deciso di accorpare in un unico ricorso firmato dal leader di opposizione Raila Odinga e co-firmato dagli altri ricorrenti. Ieri il giudice capo Martha Koome ha inoltre sottolineato che il presidente eletto William Ruto e il vicepresidente eletto Rigathi Gachagua verranno ascoltati per primi. Fra i ricorsi che la Corte ha respinto c'è quello con cui Ruto chiedeva di vietare all'organizzazione legale Law Society of Kenya di partecipare alla contestazione, oltre a quello presentato dagli ex deputati Moses Kuria e Geoffrey King'ang'i, che avevano esortato la corte a respingere la causa di Odinga sulla base del fatto che questi era stato coinvolto in pratiche elettorali scorrette. La Corte suprema ha anche respinto la richiesta di escludere dal ricorso i singoli membri della commissione elettorale, mentre ha accettato che siano messe a verbale le dichiarazioni giurate dei quattro commissari – Juliana Cherera, Justus Nyangaya, Francis Wanderi e Irene Masit – che hanno rifiutato di controfirmare i risultati delle elezioni presidenziali. Secondo quanto annunciato dalla commissione elettorale, il vicepresidente uscente William Ruto ha vinto le elezioni con il 50,5 per cento delle preferenze contro il 48,8 per cento del leader di opposizione Raila Odinga. (Fonte Agenzia Nova)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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Al fine di rispondere ai crescenti bisogni umanitari in Sudan causati dalle inondazioni che stanno investendo le regioni meridionali del Paese, la Cooperazione italiana ha disposto un contributo di emergenza di 250mila euro in favore delle attività della Federazione internazionale delle Società di Croce rossa e Mezzaluna Rossa (Ficross) in Sudan. Lo riferisce la Farnesina, precisando che il contributo permetterà alla Ficross di sostenere la Mezzaluna Rossa Sudanese nel fornire assistenza di emergenza a 180mila persone.[Fonte Agenzia Nova]
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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I progressi verso le elezioni in Libia sono troppo limitati ed esiste il rischio di una ripresa degli scontri armati che potrebbero colpire la popolazione civile. Lo ha detto la vice segretaria generale delle Nazioni Unite per gli affari politici e il peacebuilding (Undppa), la diplomatica statunitense Rosemary DiCarlo, durante una riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Il Paese nordafricano è diviso tra due amministrazioni rivali: da una parte il Governo di unità nazionale (Gun), riconosciuto dalle Nazioni Unite, guidato dal premier Abdulhamid Dabaiba; dall’altra il Governo di stabilità nazionale (Gsn) del primo ministro designato dal Parlamento di Tobruk, Fathi Bashagha. Le tensioni tra le due coalizioni sono riemerse lo scorso fine settimana, quando Tripoli è stata teatro di violenti scontri tra gruppi armati che sostenevano i due leader.
Di Carlo ha affermato di essere profondamente preoccupata per il fatto che lo stallo in corso e i continui ritardi nell’attuazione del processo elettorale rappresentino una minaccia crescente per la sicurezza a Tripoli e dintorni e, potenzialmente, per tutti i libici. “Quella minaccia si è concretizzata solo pochi giorni fa”, ha detto DiCarlo, spiegando che gli scontri a Tripoli hanno causato almeno 42 morti, tra cui quattro civili, e quasi 160 feriti, secondo le autorità libiche. Circa 50 famiglie sono state sfollate, mentre cinque centri sanitari e due centri di detenzione per migranti sono stati danneggiati. “Da allora a Tripoli prevale una fragile calma; non è chiaro quanto durerà. Attacchi di rappresaglia da entrambe le parti e l’intenzione del Governo di unità nazionale di arrestare elementi pro-Bashagha coinvolti nei combattimenti potrebbero innescare scontri armati che potrebbero colpire nuovamente la popolazione civile”, ha detto DiCarlo.
“Alla luce del deterioramento del clima politico e di sicurezza a Tripoli, le Nazioni Unite devono continuare a fornire e rafforzare i buoni uffici e la mediazione per aiutare gli attori libici a risolvere l’impasse in corso e cercare un percorso consensuale verso le elezioni”, ha affermato DiCarlo. “Esorto tutti a sostenere gli sforzi del segretario generale per aiutare i libici a creare un percorso verso la pace”, ha aggiunto. “Nonostante i nostri continui sforzi, non sono stati compiuti progressi nella creazione di un consenso su un quadro costituzionale per le elezioni”, ha affermato la vice segretaria Onu. “È fondamentale che venga raggiunto un accordo su un quadro costituzionale e una tempistica per le elezioni che consentiranno al popolo libico di scegliere i propri leader”. (Fonte Agenzia Nova)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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Mikhail Gorbaciov, l’ultimo presidente dell’Unione Sovietica, è morto a Mosca all’età di 91 anni. “Mikhail Sergeevich Gorbaciov è morto ieri sera dopo una malattia grave e prolungata”, ha fatto sapere l’Ospedale clinico centrale di Mosca, secondo quanto riferisce la stampa russa. Ultimo segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, Gorbaciov fu propugnatore dei processi di riforma legati alla perestrojka e alla glasnost’, e protagonista nella catena di eventi che portarono alla dissoluzione dell’Urss e alla riunificazione della Germania. Fu insignito nel 1989 della Medaglia Otto Hahn per la Pace e, nel 1990, del Nobel per la pace.
Draghi: “La sua opposizione alla visione imperialista della Russia è un messaggio attuale”
“Mikhail Gorbaciov ha segnato la storia recente della Russia, dell’Europa, del mondo. Dopo una vita nel Partito Comunista, ha posto fine con coraggio e determinazione all’esperienza dell’Unione Sovietica e cercato di costruire una nuova stagione di trasparenza, diritti, libertà. Il suo desiderio di pace, la sua opposizione a una visione imperialista della Russia gli sono valsi il Premio Nobel. Sono messaggi quanto mai attuali davanti alla tragedia dell’invasione dell’Ucraina”. Lo dichiara il presidente del Consiglio Mario Draghi commentando la scomparsa.
Biden: “Un uomo di straordinaria visione”
Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha espresso le condoglianze alla famiglia e agli amici. “Era un uomo di straordinaria visione”, ha sottolineato Biden in una nota. “Mikhail Gorbaciov era un uomo di notevole lungimiranza. Quando salì al potere, la Guerra Fredda era andata avanti per quasi 40 anni e il comunismo ancora più a lungo, con conseguenze devastanti. Pochi funzionari sovietici di alto livello avevano il coraggio di ammettere che era necessario cambiare. Come membro della commissione per le relazioni estere del Senato, l’ho visto fare questo e altro”, ha proseguito il presidente Usa. “In qualità di leader dell’Urss ha lavorato con il presidente Reagan per ridurre gli arsenali nucleari dei nostri due Paesi, con il sollievo dei cittadini di tutto il mondo che pregavano per la fine della corsa agli armamenti nucleari. Dopo decenni di brutale repressione politica, ha abbracciato le riforme democratiche”, ha ricordato Biden. “Credeva nella glasnost e nella perestrojka – trasparenza e ricostruzione – non come semplici slogan, ma come strada da seguire per il popolo dell’Unione Sovietica”, ha affermato ancora l’inquilino della Casa Bianca. “Il risultato è stato un mondo più sicuro e una maggiore libertà per milioni di persone”, ha affermato.
Berlusconi: “Se ne è andato un campione della democrazia”
Michail Gorbaciov è un uomo che ha cambiato la storia del 20mo secolo. Lo scrive su Facebook il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, commentando la scomparsa di Gorbaciov. “Tutti gli uomini liberi – prosegue – stasera sono in lutto, se n’è andato un campione della democrazia. Pur essendo cresciuto all’interno dell’apparato comunista ed avendone raggiunto i vertici, ha avuto la lucidità, l’onestà intellettuale e il coraggio politico di porre fine al sistema totalitario sovietico e di scegliere la strada della democrazia e del rispetto della sovranità dei popoli”. “Si è illuso – continua Berlusconi – che il sistema comunista fosse riformabile dall’interno, ma ha saputo accettare la volontà dei popoli che ha portato al crollo all’Unione Sovietica”. “Grazie a lui e a Ronald Reagan – evidenzia – si è conclusa la divisione dei mondo in blocchi, e si è avviato un processo di avvicinamento della Russia non più comunista all’Occidente. Un processo al quale anch’io ho collaborato da presidente del Consiglio italiano e che si è drammaticamente interrotto negli ultimi anni”. “Anche dopo aver lasciato il potere Gorbaciov è rimasto un osservatore lucido e autorevole della politica mondiale. Ricordo con lui numerosi incontri, occasioni per scambi di vedute di altissimo livello e per me di straordinario interesse”, aggiunge. “La sua lungimiranza e la sua serenità di giudizio ci mancheranno soprattutto in questo difficile momento della politica internazionale”, conclude.
Anche la senatrice di Forza Italia e presidente della Commissione esteri a Palazzo Madama, Stefania Craxi, ha commentato la scomparsa dell’ultimo presidente dell’Unione Sovietica sottolineando come sia stato “una delle personalità più significative del secondo Novecento, l’uomo che, con il suo tentativo riformatore, ha portato a maturazione il processo dissolutivo dell’universo sovietico”. “Probabilmente – ha proseguito -, egli avrebbe immaginato una Russia saldamente integrata nelle dinamiche del contesto globale, in rapporto positivo e costruttivo con l’Occidente e con l’Europa, e in chiave diversa dall’approccio regressivo che segna questo tempo storico”. “Per tanta parte della sinistra nostrana, Gorbaciov ha incarnato la speranza che il sistema sovietico fosse riformabile e destinato ad uno sbocco democratico, speranza che la Storia si sarebbe presto incaricata di rendere del tutto illusoria”, ha concluso. (Fonte Agenzia Nova)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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