Una base militare delle Nazioni Unite situata a Madiba, nella provincia orientale congolese del Nord Kivu, è stata assaltata da manifestanti contrari alla presenza della Missione Onu Monusco nel Paese. Ne parlano i media congolesi nel quadro dell’aggravarsi delle proteste scoppiate nei giorni scorsi contro le forze Onu in Repubblica democratica del Congo (Rdc), accusate dai locali di non aver saputo contrastare l’insicurezza latente in circa 20 anni di presenza nel Paese. Mentre il bilancio degli scontri aumenta – il portavoce del governo Patrick Muyaya ha confermato almeno 22 morti, di cui 16 civili, un ufficiale dell’esercito congolese, un Casco blu del Marocco e due agenti di polizia Onu indiani -, sulla dinamica delle violenze si è espresso anche il numero due della missione Monusco, Khassim Diagne, secondo il quale i ribelli del Movimento del 23 marzo (M23), gruppo attivo nell’est dell’Rdc, avrebbero acquisito “un arsenale militare antiaereo”. Al gruppo ribelle è stato attribuita in precedenza la responsabilità dell’abbattimento di elicotteri delle Nazioni Unite. Non è inoltre la prima volta che la base di Boikene viene presa di mira da manifestanti agguerriti: nel 2019 la base Monusco è stata gravemente danneggiata in circostanze simili a quelle di questi giorni, provocando il trasferimento degli agenti a Goma.
Secondo il portavoce Muyaya, inoltre, nel quadro delle violenze circa 67 persone sono rimaste ferite, alcune in modo grave. Il Kivu Security Barometer, progetto avviato da Human Rights Watch (Hrw) e Congo Studies Group (Gec) per monitorare l’attività dei gruppi armati e delle violenze nella provincia, precisa che almeno sei manifestanti sono stati uccisi a Goma nelle proteste e almeno altri otto sono stati uccisi nella città di Butembo, dove sono morti anche tre membri del personale Monusco, di cui due poliziotti indiani e un militare marocchino. A Goma sono rimasti feriti anche più di 127 manifestanti, secondo fonti ospedaliere citate dal sito d’informazione “Actualite”, mentre in totale sono state saccheggiate e date alle fiamme almeno tre basi Monusco. Da parte sua, il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) riferisce che 38 feriti sono stati ricoverati presso l’ospedale di Ndosho. “Le nostre équipe, insieme a quelle della Croce Rossa della Repubblica democratica del Congo, sono mobilitate per rispondere a questo afflusso di feriti, insieme al personale medico dell’ospedale”, ha affermato Roman Machover, vice capo della delegazione del Cicr nella Repubblica democratica del Congo (Rdc). “Per far fronte al numero crescente di pazienti, abbiamo anche fornito attrezzature mediche e medicinali aggiuntivi”, ha aggiunto.
In precedenza fonti di polizia citate dal sito di informazione locale “Lsi Afrique” avevano parlato di tre caschi blu e sette manifestanti uccisi, mentre il ministro delle Comunicazioni e portavoce del governo, Patrick Muyaya, aveva annunciato un bilancio di cinque morti ed una cinquantina di feriti, precisando che il governo ha incaricato le Forze armate congolesi (Fardc) e la gendarmeria di “adottare tutte le misure per assicurare un ritorno alla calma e la normale ripresa delle attività a Goma”. Commentando le violenze, il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha affermato in una nota che queste potrebbero costituire crimini di guerra, ricordando l’Accordo sullo status delle forze tra l’Onu e il governo della Repubblica democratica del Congo (Sofa) che garantisce l’inviolabilità dei locali delle Nazioni Unite e invitando le autorità congolesi a indagare su questi incidenti e a consegnare rapidamente i responsabili alla giustizia. In precedenza la missione Monusco si era detta “molto preoccupata” per le violenze, definendole “inaccettabili e totalmente controproducenti” e ricordando la Convenzione del 1946 sui privilegi e le immunità delle Nazioni Unite. La Missione invita quindi le autorità congolesi, gli attori politici, la società civile e tutte le forze attive della Rdc a denunciare questi atti di saccheggio, rimanendo “a loro disposizione per continuare a lavorare insieme per ripristinare la pace e la sicurezza con le istituzioni nazionali e provinciali”.
Le proteste, non autorizzate dalle autorità locali, sono degenerate nei giorni scorsi quando i manifestanti hanno attaccato la sede locale di Monusco e la sua base logistica, arrampicandosi sulle pareti prima di saccheggiare i locali, prendendo mobili, attrezzature e oggetti di valore e costringendo diversi membri del personale Onu ad essere evacuati in elicottero. “Stiamo facendo il calcolo dei danni, che ammontano a diverse centinaia di migliaia di dollari”, ha affermato Khassim Diagne, vice capo della missione Onu. “Siamo estremamente preoccupati per questo gravissimo incidente che, peraltro, arriva il giorno dopo le osservazioni e le minacce ostili fatte da individui contro le Nazioni Unite che chiedono di lasciare la Rdc. Basti pensare, ad esempio, ai commenti del presidente del Senato, Modeste Bahati, che dieci giorni fa aveva chiesto a Monusco di ‘fare le valigie'”, ha aggiunto. Il governo di Kinshasa, tramite il suo portavoce Patrick Muyaya, ha da parte sua “condannato fermamente ogni forma di attacco contro il personale e le strutture dell’Onu” e ha promesso che i responsabili saranno “perseguiti e severamente puniti”. La missione Monusco è da mesi nell’occhio del ciclone per non essere riuscita a riportare la pace nella Rdc orientale negli oltre 20 anni in cui la forza è stata dispiegata nella regione dilaniata dal conflitto. Con oltre 15 mila uomini, Monusco rimane la più grande forza delle Nazioni Unite a livello globale. L’est della Rdc ospita più di 100 gruppi ribelli, tra cui il Movimento 23 marzo (M23), che ha conquistato diverse aree situate a poche decine di chilometri da Goma.
(Fonte Agenzia Nova)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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