Il gruppo editoriale francese France Medias Monde (Fmm), società capogruppo di “Rfi” e “France 24”, ha condannato la decisione delle autorità di transizione del Mali di chiudere in via definitiva le due emittenti nel Paese. In una nota il gruppo editoriale “protesta con forza contro questa decisione, che ritiene infondata e arbitraria, e annuncia l’intenzione di utilizzare tutti i rimedi possibili”. “Nonostante le precise e dettagliate risposte di France Medias Monde a ciascuna delle doglianze che sono state formulate dall’Alta autorità per la comunicazione del Mali (Hac) contro Rfi e France 24 per giustificare, a posteriori, la sospensione delle due reti mediatiche internazionali nel Paese dal 17 marzo 2022, l’autorità di regolamentazione maliana ha appena emesso una decisione che priva definitivamente Rfi e France 24 della loro autorizzazione a trasmettere in Mali, e quindi i maliani del loro diritto ad essere informati liberamente”, prosegue il comunicato. “Tutte le risposte debitamente fornite da France Medias Monde all’Hac, nel pieno rispetto delle procedure maliane, attestano punto per punto la professionalità e l’indipendenza dei suoi giornalisti, contestando così ogni violazione delle disposizioni citate nella diffida dell’Hacdel 28 marzo 2022. Inoltre, France Medias Monde denuncia un vizio procedurale legato alla brutale chiusura unilaterale del 17 marzo, prima di qualsiasi costituzione in mora e/o sanzione (la costituzione in mora dell’Hac risale al 28 marzo), che rende giuridicamente nullo tutti gli atti e le procedure successivi”, afferma la dichiarazione.
France Medias Monde si è detta quindi “sorpresa” del fatto che, “contrariamente al principio della parità di trattamento di tutti davanti alla legge”, l’Hac abbia preso di mira Rfi e France 24 “solo per le informazioni che hanno diffuso sugli abusi dell’esercito maliano, mentre informazioni della stessa natura sono diffuso da altri media accessibili in Mali, senza che abbiano subito la minima sanzione, cosa di cui Fmm si rallegra”. Inoltre, France Medias Monde si sta attivando per sporgere denuncia per diffamazione nei confronti della giunta militare di Bamako a seguito della pubblicazione del comunicato stampa del 16 marzo scorso in cui il governo maliano mette a confronto le presunte azioni illegali commesse da Rfi e France24 “alle pratiche e al ruolo infami della radio Mille Collines” (che svolse un ruolo significativo nel genocidio ruandese dell’aprile-luglio 1994). “Queste accuse, che fanno riferimento alla radio che incoraggiò il genocidio dei tutsi in Ruanda nel 1994, oltre ad essere totalmente infondate, sono estremamente gravi e scioccanti, minando l’integrità di Rfi e France 24 nonché l’incolumità del suo personale. Queste accuse sono tanto più insopportabili per i media che, per aver semplicemente svolto il loro lavoro di informare il più vicino possibile al campo e alle popolazioni occupandosi di questioni di pace e riconciliazione, hanno perso due giornalisti, prima rapiti e poi vili assassinati dai jihadisti a Kidal, nel nord del Mali, nel novembre 2013”.
La decisione di chiudere “Rfi” e “Radio 24” ufficializza così quella annunciata lo scorso 17 marzo, quando la giunta militare del Mali aveva annunciato la sospensione temporanea delle due emittenti. In una dichiarazione, la giunta golpista di Bamako ha accusato in particolare entrambi i canali di aver riportato accuse – avanzate dall’Alta commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, e dall’organizzazione non governativa Human Rights Watch – secondo cui i militari maliani avrebbero ucciso numerosi civili negli ultimi mesi. Sia “Rfi” che “France 24” non saranno così accessibili in Mali per un periodo di tempo indeterminato. Il portavoce del governo del Mali, Abdoulaye Maiga, ha affermato che “queste false accuse” sono state fatte il 14 e 15 marzo scorsi, quando “Rfi” ha dato la parola alle presunte vittime di abusi presumibilmente commessi dall’esercito maliano e dal gruppo mercenario russo Wagner. France Medias Monde, la holding statale che annovera tra le sue controllate “Rfi” e “France”, ha affermato in una nota che “deplora questa decisione e ribadisce il suo attaccamento alla libertà di informazione e alla professionalità e neutralità dei suoi giornalisti”.
La vicenda si inquadra in uno scenario che vede Francia e Mali oramai ai ferri corti in seguito allo scivolamento delle autorità di transizione di Bamako verso l’orbita russa. L’ultimo episodio risale a ieri, quando la giunta militare del Mali ha accusato l’esercito francese di “spionaggio” e “sovversione” dopo aver utilizzato un drone per filmare mercenari russi del gruppo Wagner impegnati a seppellire dei corpi nei pressi della base militare di Gossi per allestire finte prove di un presunto massacro da parte dei militari francesi. Il drone, ha affermato la giunta in una nota, ha sorvolato “illegalmente” la base di Gossi il 20 aprile scorso, il giorno dopo che le forze francesi hanno abbandonato la base restituendola alle autorità di Bamako, e il giorno seguente l’esercito francese ha condiviso un video che mostrava mercenari russi che coprivano i corpi di sabbia per incastrare “falsamente” le truppe francesi in partenza dalla base. Bamako ha quindi accusato la Francia di spionaggio e di aver tentato di infangare la reputazione delle forze maliane. “Il suddetto drone era presente (…) per spiare le nostre coraggiose Fama (forze armate maliane)”, ha affermato il portavoce del governo, Abdoulaye Maiga. “Oltre allo spionaggio, le forze francesi si sono rese colpevoli di sovversione pubblicando false immagini elaborate per accusare la Fama di responsabilità per l’uccisione di civili, con l’obiettivo di offuscare la loro immagine”, ha aggiunto, denunciando il fatto che “aerei stranieri, in particolare operati dalle forze francesi”, hanno deliberatamente violato lo spazio aereo maliano più di 50 volte dall’inizio dell’anno. La denuncia arriva dopo che martedì scorso l’esercito del Mali ha annunciato l’apertura di un’inchiesta sulla scoperta di una fossa comune nella base di Gossi e ha affermato che lo stadio avanzato di decomposizione dei corpi escludeva la responsabilità dei militari maliani.
La scorsa settimana l’esercito francese ha denunciato un tentativo da parte di mercenari del gruppo paramilitare russo Wagner di infangare l’immagine dei militari francesi, allestendo finte prove di un presunto massacro nei pressi della base militare di Gossi, nel nord del Mali, che nei giorni scorsi è stata abbandonata dalle ultime unità dell’operazione a guida francese Barkhane. Lo riferiscono fonti dell’esercito di Parigi citate dalla stampa francese, che riferiscono di aver filmato dei mercenari russi impegnati a seppellire dei corpi nei pressi della base con l’ausilio di un drone, sostenendo che “questa manovra per screditare la forza Barkhane sembra coordinata” e definendola “rappresentativa dei molteplici attacchi informativi a cui sono stati sottoposti per molti mesi i soldati francesi”. L’esercito francese ritiene inoltre che “il confronto tra le foto pubblicate su Twitter e le immagini raccolte dal sensore specializzato consenta di fare un collegamento diretto tra ciò che stanno facendo i mercenari di Wagner e quanto falsamente attribuito ai soldati francesi”. Il video è stato pubblicato sull’account Twitter di un utente chiamato Dia Diarra che, secondo lo Stato maggiore, è “molto probabilmente un account falso creato da Wagner”. “Ecco quello che i francesi hanno lasciato dietro di loro quando hanno abbandonato la base di Gossi”, si legge nella didascalia che accompagna il video.
La notizia giunge dopo che in precedenza si è concluso nei termini previsti il ritiro delle forze dell’operazione Barkhane dalla base di Gossi, riconsegnata alle unità dell’esercito maliano. Prima della base di Gossi le forze francesi si sono ritirate da quelle di Kidal, Tessalit e Timbuktu, dopo che nel febbraio scorso il presidente Emmanuel Macron ha ufficializzato il ritiro della Francia, del Canada e dei partner europei impegnati nell’operazione Barkane e nella Task force Takuba dal Mali, Paese ormai ampiamente fuori dalla sfera d’influenza di Parigi e sempre di più attratto nell’orbita russa. Il capo dell’Eliseo ha quindi annunciato che alcuni elementi della task force europea Takuba – cui l’Italia partecipa con circa 200 uomini – saranno riposizionati al fianco delle Forze armate del Niger, alla frontiera con il Mali, e che a questo cambiamento si affiancherà la chiusura delle basi militari di Gossi, Menaka e Gao: quest’ultimo annuncio ha particolare rilevanza perché proprio nelle basi di Menaka e Gao sono attualmente presenti i militari italiani di stanza in Mali, che con ogni probabilità saranno costretti a lasciare il Paese ripiegando nel vicino Niger, sebbene al momento non siano giunte conferme ufficiali da parte del ministero della Difesa. Macron ha quindi annunciato che sono state avviate consultazioni politiche e militari con i Paesi interessati per mettere in atto, entro giugno 2022, i parametri di questa azione comune.
Le accuse francesi arrivano inoltre in un momento di estrema tensione con Mosca per quanto riguarda il massacro di Moura, nel Mali centrale, dove secondo diverse fonti – tra cui l’organizzazione non governativa Human Rights Watch (Hrw) – a fine marzo le forze armate maliane coadiuvate da sospetti mercenari russi del gruppo Wagner avrebbero giustiziato almeno 300 civili nell’ambito di un’operazione militare antijihadista. Dopo una prima richiesta di accedere ai luoghi avanzata da parte delle Nazioni Unite, lo scorso 1 aprile, nelle scorse settimane le autorità del Mali hanno continuato ad impedire l’accesso all’area da parte di funzionari esterni all’amministrazione locale per assistere alle indagini avviate da un tribunale militare maliano per accertare le responsabilità dei fatti. Moura è una città di circa 10 mila abitanti situata nell’area amministrativa di Djenné, nella regione centrale di Mopti, che dal 2015 è l’epicentro di violenze, abusi e sfollamenti legati ai conflitti. Secondo quanto riferito dall’esercito, più di 200 jihadisti sono stati uccisi e almeno altri 50 arrestati durante un’operazione militare compiuta nel villaggio tra il 23 e il 31 marzo, ma secondo Hrw l’esercito avrebbe compiuto azioni sproporzionate e indiscriminate, provocando la morte di circa 300 civili disarmati. Le accuse sono state finora respinte dalle autorità maliane. (Fonte Agenzia Nova)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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