
Continua a salire il bilancio delle persone uccise dalla polizia nelle proteste in corso in Myanmar contro il golpe del primo febbraio, in quella che si sta rivelando come la giornata più sanguinosa dall’inizio delle manifestazioni. Secondo quanto riferisce il sito di informazione “Myanmar Now” un uomo è stato ucciso da un proiettile alla testa nella città di Mandalay, nel nord del paese, dove almeno altre cinque persone hanno riportato ferite da arma da fuoco. Secondo quanto riporta il sito di informazione “The Irrawaddy” a Bago, a nord-est di Yangon, almeno due persone sono state uccise dai proiettili della polizia e altre 15 sono rimaste ferite, mentre a Yangon la stessa testata riporta la morte di almeno tre persone, tra cui un’insegnante. In precedenza era stata denunciata la morte di almeno tre persone nella città di Dawei, nel sud-est del paese, dove almeno altre 40 persone sono rimaste ferite. In molte città i manifestanti hanno eretto barricate e indossano caschi e scudi artigianali per difendersi dalle cariche degli agenti. "Il Myanmar è un campo di battaglia", ha scritto su Twitter l'arcivescovo di Yangon, il cardinale Charles Bo. Nella giornata di ieri, secondo quanto denunciato dalla rete Movimento di disobbedienza civile del Myanmar, la polizia ha arrestato oltre 200 persone tra manifestanti e giornalisti. Arrestata anche la deputata Win Mya Mya, del partito Lega nazionale per la democrazia (Nld), a Mandalay, seconda città del paese. La notte del primo febbraio i vertici militari del Myanmar hanno preso il potere arrestando la consigliera di Stato Aung San Suu Kyi, il presidente Win Myint e i vertici della Nld.
Ieri l’ambasciatore del Myanmar presso le Nazioni Unite, Kyaw Moe Tun, è stato rimosso dal suo incarico dopo avere denunciato il golpe militare del primo febbraio scorso davanti all’Assemblea generale. Lo ha annunciato la televisione di stato del Myanmar dichiarando che il diplomatico ha “tradito il paese”. L’ambasciatore aveva denunciato venerdì il golpe come “inaccettabile nel mondo moderno” e aveva chiesto alla comunità internazionale di usare “ogni mezzo necessario” per indurre i militari a “restituire il potere al popolo”. Dopo il suo intervento il diplomatico aveva sollevato tre dita, il saluto usato dal manifestanti che protestano contro il colpo di stato. (Fonte Agenzia Nova)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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