Scadono oggi i termini delle candidature per le posizioni esecutive in Libia (presidente Consiglio di presidenza, primo ministro e membro del Consiglio di presidenza). I partiti e i politici libici sono impegnati in una corsa frenetica per preparare le liste e i nomi da presentare e hanno iniziato a muovere i loro meccanismi per formare alleanze in modo da conquistare un posto nella nuova autorità libica che gestirà la fase di transizione fino a le elezioni si tengono entro la fine di quest'anno. Ore prima della scadenza del termine per la candidatura, sono stati rivelati molti nomi di candidati e chi entrerà nelle liste che competeranno per una delle posizioni esecutive. Uno fra questi che si candida come presidente è l'attuale presidente del parlamento, Aguila Saleh, per conto della regione della Cirenaica. Si è candidato anche Al-Sharif Al-Wafi, uomo d'affari e politico libico, originario della città orientale di Al Marj; l'attuale ambasciatore in Giordania, Muhammad al Barghati; l'ex ambasciatore in Svizzera, Ali Khairallah e l'ex ambasciatore in Grecia, Muhammad Yunus. Per la Tripolitania, invece, si sono candidati il capo del Consiglio giudiziario Muhammad al Hafi, il politico Walid al Lafi e il sindacalista dei medici della capitale, Abd al Rahman al Balazi. Dalla regione meridionale del Fezzan, invece, l'attuale ambasciatore in Marocco, Abdelmadjid Seif el Nasr, il rappresentante dell'ex regime di Muammar Gheddafi, Omar Bouhrida, e l'ex primo ministro Ali Zeidan. Per quanto riguarda la carica di primo ministro si sono candidati il ministro dell'Interno del Governo di accordo nazionale, Fathi Bashagha, il vice presidente del Consiglio presidenziale Ahmed Maiteeq, l'uomo d'affari Abdul Hamid al-Dabaiba, l'imprenditore Muhammad al Muntasir, il politico Mouin al Kikhia, il ministro della Difesa Salah al Numroush, Dhu Boudhawiya e il rappresentante della passato regime Youssef Chakouneh.
Nella giornata di oggi, 28 gennaio, scade dunque un termine molto importante in Libia: quello per depositare le candidature per il presidente e i due vice del nuovo Consiglio presidenziale “ristretto” a tre membri (ognuno in rappresentanza delle regioni dell’est, dell’ovest e del sud del Paese), oltre al premier del nuovo Governo di unità nazionale. Le quattro candidature serviranno poi a formare delle liste che saranno essere sottoposte, dal primo al 5 febbraio, al complicato meccanismo di voto dei membri del Foro di dialogo politico libico (Lpdf) riuniti a Ginevra, in Svizzera, sotto gli auspici della Missione delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil). L’esito della votazione è incerto, mentre poco o nulla è trapelato sui nomi dei candidati. Il processo portato avanti con caparbietà dall’inviata delle Nazioni Unite facente funzioni in Libia, Stephanie Williams, pone due tipi di problematiche: primo, il peculiare sistema di voto potrebbe dare adito ad aspre polemiche fra le tre regioni storiche del Paese (Cirenaica, Tripolitania e Fezzan) e all’interno delle regioni stesse; secondo, l’insediamento di un premier o di un presidente non riconosciuto da tutti gli attori in campo rischierebbe di essere divisivo, cioè paradossalmente l’esatto contrario dell’obiettivo principale, vale a dire insediare governo di unità nazionale.
Il meccanismo di voto è stato studiato per favorire in partenza una scelta consensuale: ogni regione dovrebbe nominare un proprio rappresentante nel Consiglio presidenziale (che sarà limitato quindi a tre membri) con il 70 per cento dei consensi della propria “constituency”, mentre successivamente la plenaria dovrebbe scegliere un primo ministro, sempre con un quorum 70 per cento. Questa soglia è abbastanza alta da garantire un ampio consenso, ma è molto difficile che venga raggiunta. Per il Consiglio presidenziale, infatti, è probabile che non tutte le regioni riescano ad approvare un proprio rappresentante, andando così ad alimentare le rivalità interne e tra le regioni. Quanto al primo ministro, al momento non sembrano esserci personalità in grado di raccogliere le preferenze necessaria nella sessione plenaria. Se questa prima votazione dovesse fallire, il che è plausibile, si passerebbe automaticamente a un sistema di liste con l’indicazione dei tre membri del Consiglio presidenziale, più un primo ministro: dunque nuovamente quattro personalità. In questo caso, a essere eletta sarà la lista che otterrà il 60 per cento dei voti alla prima votazione nella sessione plenaria. Se nessuna lista dovesse ottenere il quorum, dal secondo turno basterebbe il 50 per cento più uno dei voti favorevoli dei presenti.
Diversi osservatori hanno fatto presente che la soglia del 50+1 è troppo bassa e rischia di insediare un’autorità divisiva. D’altra parte, questo appare come l’unico modo per superare lo stallo che ha fin qui bloccato “la pista politica” del percorso tracciato ormai più di un anno fa nella Conferenza internazionale di Berlino sulla Libia. Ma chi sono esattamente i 75 che decideranno nei prossimi giorni il futuro della Libia? Si tratta nello specifico di 13 membri scelti dalla Camera dei rappresentanti di Tobruk (il parlamento eletto nel 2014 che si riunisce nell’est, espressione delle istanze del generale Khalifa Haftar) e altri 13 dall’Alto Consiglio di Tripoli (il “Senato” di Tripoli dove sono confluiti i membri del soppresso Congresso generale, l’autorità legislativa a trazione islamista nata dopo la rivoluzione anti-Gheddafi). Il numero 13 non è casuale ma riflette le circoscrizioni elettorali della Libia. Gli altri 49 delegati sono stati selezionati dalla Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) sulla base di moltissimi criteri geografici, politici e tribali. Criteri tuttavia che sono stati messi in discussione tanto a est quanto a ovest.
Quali criteri, invece, dovranno rispettare le candidature? Secondo quanto trapelato dalla stampa libica, la prima condizione è quella di essere un cittadino libico senza altre nazionalità. Il candidato non deve avere meno di 35 anni per la guida del Consiglio di presidenza e non e meno di 30 anni per la premiership del governo di unità nazionale. Inoltre si obbliga ciascun candidato a impegnarsi a "rispettare la road map per la fase preliminare", spiegano fonti vicine al dossier all’emittente televisiva panaraba “Al Arabiya”. Ogni candidato deve anche presentare una dichiarazione sui suoi beni all'interno e all'esterno della Libia. I titolari di posizioni di leadership nel ramo esecutivo si impegnano a non partecipare alle elezioni generali che si terranno il 24 dicembre, al termine di questa prima fase. Per quanto riguarda il mandato del Consiglio di presidenza, le fonti hanno rivelato che esso svolgerà le funzioni di comandante supremo dell'Esercito libico, con potere di nomina dei suoi vertici. Oltre a nominare e revocare ambasciatori e rappresentanti della Libia presso organizzazioni internazionali su proposta del primo ministro, il Consiglio presidenziale dovrà avviare il processo di riconciliazione nazionale e formare per esso una Commissione nazionale suprema. Lo stesso Consiglio di presidenza nomina o revoca il capo del servizio di intelligence generale e il resto dei vertici delle agenzie di sicurezza, ma dovrà prendere tutte le sue decisioni all'unanimità: ogni disposizione adottata diversamente è da considerarsi nulla. (Fonte Agenzia Nova)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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