Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha annunciato la sua nuova squadra di governo, nella quale ha ridotto il numero di ministri da 36 a 28 e mantenuto alcuni suoi importanti collaboratori. Un governo più snello che mantiene per il momento la promessa fatta in campagna elettorale di tagliare la spesa pubblica anche a livello dirigenziale, e di rilanciare un'economia in difficoltà. "Tutti i sudafricani sono consapevoli delle grandi difficoltà economiche che il nostro paese sta vivendo e dei vincoli che questa situazione ha posto sulle finanze pubbliche. E 'quindi imperativo che in tutte le aree e sfere del governo diamo priorità a rivitalizzare la nostra economia avendo la massima cura nell'uso dei fondi pubblici", ha detto il capo dello Stato in un discorso trasmesso dalle reti televisive locali. L'impegno di lavorare alla stabilizzazione dell'economia interna si è tradotto nella decisione di riconfermare alcuni suoi collaboratori chiave, primo fra tutti il ministro delle Finanze Tito Mboweni - l'ex governatore della Banca centrale gode di una buona nomea fra gli investitori -, ma anche il vicepresidente David Mabuza, personaggio che è stato al centro di accuse di corruzione da parte del suo partito - lo stesso di Ramaphosa - il Congresso nazionale africano (Anc), e sul quale la stampa sudafricana attende con qualche preoccupazione l'approvazione dei mercati. Il rand sudafricano ha in effetti perso ulteriormente valore ieri dopo l'annuncio del nuovo governo, lasciando presupporre possibili dubbi da parte del mercato sulla riconferma di Mabuza, che ha giurato martedì nel suo nuovo incarico.
Fra gli altri incarichi assegnati, Ramaphosa ha confermato Pravin Gordhan come ministro delle Imprese pubbliche, il dicastero che supervisiona le società di proprietà statale: a lui spetterà quindi gestire anche il delicato caso di Eskom, società elettrica su cui pesa un debito di circa 30 miliardi di dollari e che Ramaphosa ha promesso di salvare dal fallimento. La gestione della ristrutturazione di Eskom è considerata la chiave per rilanciare l'economia del paese, dopo che le interruzioni di corrente dello scorso anno hanno minato gli sforzi del settore industriale per rilanciare la crescita. Il presidente ha inoltre nominato Gwedwe Mantashe, ex ministro delle Miniere, alla guida del nuovo ministero delle Miniere e dell'Energia, nato dalla fusione dei due precedenti dicasteri, e Naledi Pandor, in precedenza ministro dell'Istruzione superiore, come ministro degli Esteri.
Ramaphosa, già alla guida del Sudafrica dal febbraio 2018 dopo le dimissioni del suo predecessore Jacob Zuma, ha giurato lo scorso 25 maggio come sesto presidente eletto del Sudafrica dalla fine dell’apartheid, dopo essere stato eletto il 22 maggio dai membri del nuovo parlamento di Città del Capo. Alle elezioni generali dello scorso 8 maggio il Congresso nazionale africano (Anc), il partito al potere dal 1994, ha conquistato il 57,5 per cento dei voti e la maggioranza assoluta dei seggi (230), facendo tuttavia registrare il suo peggior risultato dalla fine dell’apartheid, perdendone ben 19 rispetto alle elezioni del 2014. Al secondo posto si è classificata l’Alleanza democratica (Da), che si è confermata il secondo partito del paese con il 20,8 per cento (84 seggi, cinque in meno rispetto al 2014), seguita dai Combattenti per la libertà economica (Eff) che hanno ottenuto il 10,8 per cento (44 seggi, ben 19 in più delle precedenti elezioni). Il tasso di affluenza alle urne è stato invece pari al 66 per cento (17,6 milioni). Un totale di 26,7 milioni di elettori sono stati chiamati al voto per rinnovare i 400 membri del parlamento (200 deputati nazionali e 200 rappresentanti delle nove province del paese). Se, da un lato, il risultato ottenuto dall’Anc è sufficiente ad assicurare un mandato per i prossimi cinque anni al presidente Ramaphosa, dall’altro la percentuale non consente al neo-eletto capo dello Stato di dormire sonni tranquilli, soprattutto a causa delle lacerazioni interne che attraversano il partito, già scosso dagli scandali che hanno segnato la presidenza del predecessore di Ramaphosa, Jacob Zuma, costretto alle dimissioni nel febbraio 2018. (Fonte Agenzia Nova)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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