Jambo Africa

Le Nazioni Unite hanno ritirato il proprio contingente militare dalla Costa d'Avorio

 

 

Dopo più di 13 anni le Nazioni Unite hanno ritirato il proprio contingente dalla missione in Costa d'Avorio. Secondo quanto riferito all’emittente britannica “Bbc” dall'ultimo rappresentante speciale del segretario generale nel paese, Aichatou Mindaoudou, la missione lascia il paese in un buono stato. “Quasi 67 mila ex combattenti sono stati disarmati, smobilitati o reintegrati. Per la prima volta dopo la crisi del 2010 si sono svolte delle elezioni nell'ottobre 2015 senza alcun incidente”, ha detto. I caschi blu dell’Onu erano presenti in Costa d’Avorio dal 2004, quando il paese era già diviso in due a seguito del conflitto civile scoppiato nel 2002. Una seconda guerra civile scoppiata nel 2010 ha costretto più di un milione di persone a fuggire dalle loro case, provocando la morte di oltre 3 mila persone. (Fonte Agenzia Nova)

 

 a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

Unhcr : evitare rimpatri forzati in Nigeria

 

 

L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha espresso preoccupazione per l’ultimo episodio in cui rifugiati in Camerun sono stati obbligati a tornare nel nord nella Nigeria. Dall’inizio dell’anno, si legge in un comunicato dell’agenzia, sono arrivate numerose segnalazioni di ritorni forzati di rifugiati in territori in cui la situazione è ancora pericolosa e non sussistono le condizioni di sicurezza e sostenibilità di tali ritorni. “Il ritorno forzato dei rifugiati deve essere evitato in ogni modo”, ha dichiarato l’Alto commissario Filippo Grandi. “In particolare, il rientro in Nigeria mette sotto pressione i pochi servizi presenti nella regione e non è sostenibile in questo momento. Una nuova situazione d’emergenza, in concomitanza con l’inizio della stagione delle piogge, deve essere evitata ad ogni costo”, ha aggiunto.

Nell’ultimo episodio avvenuto martedì 27 giugno, 887 rifugiati nigeriani, per la maggior parte bambini, sono stati rimpatriati con sei camion forniti dall’esercito nigeriano e dalla polizia camerunense da Kolofata, località sul confine. Tutte le persone sono state radunate alle 19:30 ora locale e costrette ad andare a Banki, in Nigeria, in condizioni disperate. L’Unhcr è estremamente preoccupato per le condizioni dei bambini mentre molte decine di rifugiati, impauriti dall’idea di essere costretti a tornare in Nigeria contro la loro volontà, sono fuggiti per nascondersi. Questo episodio fa seguito alle preoccupazioni che l’Unhcr aveva già espresso a marzo riguardo i rimpatri forzati dalle zone di confine.

Più di recente l’agenzia aveva avvertito che un grande numero di rifugiati stavano ritornando dal campo di Minawao ad altre aree impreparate ad ospitarli e in condizioni pericolose. L’ultimo episodio è accaduto il 19 giugno quando il Camerun ha dato 7 giorni di tempo ai rifugiati per rientrare in Nigeria. In Nigeria la situazione d’insicurezza impedisce ai rifugiati di tornare ai loro luoghi d’origine. Molti finiscono, quindi, con lo stabilirsi a Banki dove oltre 45 mila persone sfollate, tra cui donne e bambini, già vivono senza protezione, in condizioni precarie e di grave sovraffollamento e senza servizi di base come acqua potabile o servizi medico-sanitari. L’Unhcr ha rinnovato il suo appello alle autorità camerunensi affinché permettano a rifugiati nigeriani appena arrivati di raggiungere il campo di Minawao, dove vivono 58 mila persone più altre 33 mila nei villaggi limitrofi.

L’Unhcr rinnova quindi il suo appello al Camerun e alla Nigeria affinché non organizzino altri ritorni forzati e chiede ad entrambe le parti di convocare un summit della Commissione tripartita, che è stata stabilita dal recente accordo con l’Unhcr per facilitare misure di ritorno volontario in linea con gli standard internazionali. L’agenzia ribadisce infine l’importanza che tutti i paesi assicurino protezione internazionale a tutte le persone costrette a fuggire da insicurezza e persecuzioni nel nord della Nigeria. (Fonte Agenzia Nova)

 

 a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

 

Stop alle esportazioni di petrolio dal Kenya

 

 

Il Ministero dell’Energia del Kenya ha sospeso la prima esportazione di petrolio del Paese. Il segretario di gabinetto per l’Energia, Charles Keter, ha annunciato il blocco delle esportazioni fino, almeno, all’approvazione della legge sulle estrazioni da parte del Parlamento (prevista entro l’anno).
Lo stop arriva dopo la segnalazione di continue estrazioni illegali e atti di banditismo nella regione del Lago Turkana, nel nord del Kenya, dove le attività di esplorazione sono maggiori.  Il governo aveva fissato il 30 giugno come termine ultimo per l’esportazione del primo lotto di petrolio. Ora tutto è rinviato a data da destinarsi. (Fonte Africa Rivista)

 

 a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

In Marocco l'opposizione prova a far cadere il governo per gli accadimenti di al Hoceima

 

Il Segretario generale del partito di opposizione marocchino di Autenticità e modernità (Pam), Ilyas El Omari, starebbe tentando in queste ore di far cadere il governo di Saad-Eddine El Othmani sfruttando gli eventi di al Hoceima, nel nord del Marocco, regione teatro di forti proteste da alcuni mesi. E’ il titolo della prima pagina di oggi del quotidiano marocchino “al Sabah”. Il Pam ha chiesto ai suoi consiglieri in parlamento di proporre la creazione di una commissione d'inchiesta per indagare sui recenti fatti di al Hoceima, e per determinare le responsabilità del governo precedente, in particolare per quanto riguarda i fattori che contribuiscono a frenare la realizzazione del programma di sviluppo al Hoceima, lanciato nel 2015. Il Pam sostiene che il blocco dei progetti ha provocato le manifestazioni violente verificatesi di recente nella città. Il partito islamico di governo Giustizia e Sviluppo (Pjd) si difende puntando il dito invece sulla cattiva gestione del comune settentrionale gestito per molto tempo dal Pam. Questi ultimi intanto hanno annunciato di aver presentato un disegno di legge che modifica le disposizioni in materia di procedimenti giudiziari contro i ministri che hanno fallito nei loro compiti durante l'esercizio delle loro funzioni. (Fonte Agenzia Nova)

 

 a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

Rimandata ancora dai Paesi Bassi l'apertura dell'ambasciata a Tripoli (Libia)

 

 

Il governo dei Paesi Bassi ha annunciato che invierà a Tripoli, dopo tre anni di assenza, un rappresentante diplomatico permanente, anche se è ancora prematuro parlare di una riapertura dell’ambasciata chiusa tre anni fa. Il portavoce del ministero degli Esteri olandese, Kris Bakir, ha tenuto una conferenza stampa in occasione della visita del premier libico Fayez al Sarraj nel suo paese, spiegando il rinvio dell’apertura dell’ambasciata a Tripoli con il fatto che “richiede anche una maggiore spesa”. La decisione è stata presa dopo la riunione che Sarraj ha tenuto ieri con il ministro degli Esteri olandese, Bert Koenders. Il premier del governo di Accordo nazionale libico di Tripoli è arrivato ieri all’Aia per una visita ufficiale nei Paesi Bassi, su invito del governo locale. Lo riferisce l’ufficio stampa del Consiglio di presidenza libico di Tripoli in una nota. La visita terminerà oggi e lo ha visto discutere con i membri del governo locale “delle relazioni bilaterali tra i Paesi Bassi e la Libia e della cooperazione in diversi campi”. Ieri Sarraj ha visitato il porto di Rotterdam ed ha discusso con i suoi funzionari su come rafforzare i collegamenti commerciali con la Libia e sull’addestramento della Guardia costiera libica. (Fonte Agenzia Nova)

 

a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

 

Probabilmente è riparato negli Emirati Arabi a Abu Dhabi Saif al Islam Gheddafi

 

 

 Il secondogenito del defunto colonnello libico Muhammar Gheddafi, Saif al Islam, sarebbe arrivato nella capitale emiratina Abu Dhabi con un aereo privato dopo aver ottenuto asilo da parte del governo locale. La notizia è stata diffusa nella notte da un profilo Twitter molto noto tra i giornalisti arabi ed emiratini in particolare, “Mujtahid al Imarat”, secondo il quale “Saif al Islam si trova ora a Abu Dhabi sotto la protezione dello Stato emiratino e si tratta di una notizia confermata”. Saif al Islam, liberato nelle scorse settimane dalla brigata Abu Bakr al Zintan, sarebbe arrivato la scorsa settimana negli Emirati Arabi Uniti. I giornalisti emiratini sanno che questo account Twitter è sempre bene informato rispetto a quanto accade nei palazzi del potere di Abu Dhabi perché legato al palestinese residente ad Abu Dhabi, Mohammed Rashid, che lavora con l’ex dirigente del partito palestinese di Fatah, oggi consigliere della famiglia reale emiratina, Mohammed Dahlan. (Fonte Agenzia Nova)

 

 a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

Nello Zimbabwe ha annunciato ieri la propria candidatura alle prossime presidenziali Moyo ex-ministro del Commercio

 

 

L’ex ministro del Commercio dello Zimbabwe e vicepresidente della Banca africana di sviluppo, Nkosana Moyo, ha annunciato la propria candidatura alle elezioni presidenziali nel suo paese in programma il prossimo anno. Annunciando  la sua candidatura, Moyo – che ha vissuto diversi anni in Sudafrica dopo essersi dimesso dal governo per divergenze con il presidente Robert Mugabe – ha fatto sapere che si candiderà come indipendente sotto la bandiera dell'Alleanza per l'agenda del popolo. Moyo, citato dalla stampa locale, ha quindi precisato che non formerà alcuna alleanza con i partiti all’opposizione di Mugabe e che cercherà voti fra coloro che considerano le attuali opzioni politiche "poco attraenti". Alle elezioni correrà anche il 94enne presidente uscente Mugabe, al potere da 30 anni. (Fonte Agenzia Nova)

a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

 

Federica Mogherini (immigrazione) : pieno sostegno mio e della Commissione europea alle "richieste dell'Italia"

 

 

Pieno sostegno, "non solo mio personale ma di tutta la Commissione" europea, alle "richieste dell'Italia" in materia d'immigrazione: lo dice oggi a Bruxelles l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, commentando la richiesta formale, fatta ieri dall'Italia, di un maggiore impegno da parte degli stati membri nell'accoglienza di migranti. "C'è bisogno di più solidarietà interna nella nostra Unione – ha sottolineato il capo della diplomazia Ue – e questo sta nelle mani degli stati membri. Quindi pieno sostegno alle richieste dell'Italia, un lavoro concreto in questi giorni, costante, sia con il governo italiano sia con i miei colleghi qui a Bruxelles, per accompagnare queste richieste nel modo più positivo possibile". Mogherini tuttavia ha sottolineato che "la responsabilità politica è nelle capitali degli altri stati membri. C'è bisogno – ha detto – che oltre a riconoscere il grande lavoro che l'Italia ha fatto e sta facendo, ci sia anche il passaggio successivo, cioè quello della condivisione della responsabilità. Da parte della Commissione c'è il sostegno finanziario, la disponibilità di aumentarlo, la disponibilità a sostenere politicamente queste richieste, e ad accompagnarle in tutti i modi possibili". (Fonte Agenzia Nova)

 

 a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

Alcuni leaders africani non si affidano alle strutture sanitarie locali e preferiscono curarsi all'estero

 

 

Farsi curare in patria? No, meglio all’estero. Così devono aver pensato Muhammadu Buhari, presidente della Nigeria, Eduardo Dos Santos, presidente dell’Angola, Patrice Talon, presidente del Benin, e Robert Mugabe, presidente dello Zimbabwe. Tutti e quattro hanno preferito rivolgersi a centri medici all’estero piuttosto che a ospedali in patria. Motivi di sicurezza? Sfiducia nei sistemi sanitari nazionali? Difficile dirlo. Ma il fatto rimane: meglio, molto meglio affidarsi alle mani di medici stranieri in cliniche superspecializzate all’estero che non ai propri compatrioti.

Muhammadu Buhari, 74 anni, da tempo ha problemi di salute. Di che cosa soffra di preciso non si sa. Ciò che è certo è che per farsi curare è andato in Gran Bretagna. Partito il 19 gennaio, dopo aver avvisato il Parlamento, è tornato in patria il 7 marzo, per poi tornare nel Regno Unito il 7 maggio «per ulteriori controlli medici». L’assenza di Buhari, arrivato al potere in Nigeria nel 2015, ha destato timori e speculazioni sulla sua capacità di guidare il Paese. Soprattutto in un momento, come quello attuale, di difficoltà economica e con la rivolta dei jihadisti di Boko Haram non completamente sedata.

Se Buhari ha preferito la Gran Bretagna, l’angolano José Eduardo Dos Santos ha scelto la Spagna. Partito ai primi di maggio, solo il 29 maggio è stata confermato il suo ricovero nella penisola iberica. Prima della conferma ufficiale, molti siti Web avevano fatto speculazioni sulla sorte del presidente che governa il Paese dal 1979. Alcuni lo avevano addirittura dato per morto. Nel 2018, Dos Santos lascerà la carica, ma controllerà ancora il partito. Sempre che la salute glielo permetta.

Robert Mugabe, dall’alto dei sui 93 anni, è il più anziano capo dello Stato africano in carica del continente africano. Soffre di cataratta oculare e, secondo alcuni esponenti dell’opposizione, anche di tumore. Ma si è guardato bene dal farsi curare negli ospedali del suo Paese, che mancano di medici, infermieri, macchinari e farmaci. Mugabe ha preferito recarsi a Singapore dove riceve un’assistenza medica completa. Quest’anno ci è già stato due volte. Le cure gli serviranno per rimanere in forma, considerato il fatto che il prossimo anno sarà ancora candidato alla presidenza dal suo partito, lo Zanu-Pf.

L’ultimo leader che si è recato all’estero per motivi medici è Patrice Talon di Benin. A Parigi, il leader beninese ha subito due operazioni chirurgiche di successo una alla prostata e una al sistema digestivo. La sua assenza per quasi tre settimane, come avviene nella maggior parte dei paesi africani, ha sollevato preoccupazioni e pettegolezzi ma poi è tutto rientrato. (Fonte Africa Rivista)

 

 a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

Burundi :Kafanda(inviato speciale Onu e ex-presidente del Burkina Faso) incontra oggi Nkurunziza

 

 

L’inviato speciale delle Nazioni Unite per il Burundi ed ex presidente del Burkina Faso, Michel Kafando (foto), incontrerà oggi il presidente del Burundi Pierre Nkurunziza nell’ambito della sua visita nel paese iniziata lo scorso 27 giugno. Lo riferisce l’emittente “Rfi”, secondi cui l’inviato Onu ha già incontrato il ministro degli Esteri Alain-Aimé Nyamitwe. La visita è la prima tappa di un tour che vedrà Kafando impegnato anche in Tanzania, Uganda ed Etiopia, con l’obiettivo di prendere i primi contatti con alcuni degli attori coinvolti nella crisi in Burundi. Una crisi iniziata nell’aprile 2015, con la candidatura di Nkurunziza per un terzo mandato alla guida del paese e che, ad oggi, ha provocato più di 400 mila rifugiati e 200 mila sfollati interni.

In Tanzania, Kafando incontrerà l’ex presidente Benjamin Mkapa, facilitatore nella crisi in corso a Bujumbura, mentre in Uganda l’ex presidente del Burkina Faso terrà colloqui con il principale mediatore nella crisi, il presidente Yoweri Museveni. Il tour si concluderà con una serie di incontri presso la sede dell’Unione africana, ad Addis Abeba. “Si tratta di un primo contatto prima di entrare nel vivo della questione la settimana prossima con un nuovo tour, durante il quale l’inviato Onu incontrerà tutti gli attori coinvolti nel conflitto nel paese”, hanno fatto sapere fonti diplomatiche citate dal settimanale “Jeune Afrique”. L’obiettivo “è quello di rilanciare un dialogo al momento in stallo”. L’ex presidente del Burkina Faso è succeduto a Jamal Benomar, il cui operato è stato molto criticato dal governo del Burundi, che ne ha chiesto le dimissioni. (Fonte Agenzia Nova)

 a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)