In Brasile di questi tempi non si può più essere neutrali.Urge radicalmente farla finita con il silenzio e con l'inerzia, perché altrimenti ci faremmo tutti complici delle più elementari violazioni dei diritti umani.
Il golpe "bianco",che ha mandato a casa Dilma Rousseff mesi fa, ha aperto il cammino a proposte di legge, a gettito continuato, che tentano giorno dopo giorno (e non è detto che non ci riescano) di smantellare quelle conquiste dello stato sociale ottenute con anni e anni di lotta di organizzazioni popolari, dopo il tragico periodo della dittatura militare, che ingessò il Paese e lo rese afono dinanzi all'opinione pubblica internazionale,che intuiva ma era impossibilitata a fare.
Il peggio è che si svendono uomini e preziose risorse (a cominciare dalla terra e non soltanto) pur di difendere il grande capitale tanto quello locale che straniero.
Parola chiave è : privatizzazione. Una parola che piace molto ai potentati non solo del Brasile.Lo sappiamo e lo sanno sopratutto i poveri.
Ma non solo i poveri poverissimi. Quelli che già hanno perso tutto.E sono tantissimi. Ma tutti coloro che non riescono a farsi bastare il misero salario o il gramo stipendio con cui sostentare se stessi e la propria famiglia.
Per tacere delle repressioni messe in atto dalla polizia nei confronti di chi non ha voce per difendersi.
Quello che gli uomini e le le donne del Brasile ci chiedono, chiedono a noi, che facciamo informazione e formazione, è di non lasciarli da soli. Di non rassegnarci e impotenti starcene a guardare con le mani basse in segno di resa.
In poche parole fare "comunità" con loro (saper vedere- saper giudicare-saper agire)," incarnarsi" insomma, proprio come ci invita Papa Francesco, lì dove Egli ravvisa plateali e intollerabili ingiustizie.
a cura di Marianna Micheluzzi
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