Lo ascoltano in Niger, in Mali,in Algeria e persino in Burkina Faso.
Poco importa che le sue cassette o i suoi cd siano"fatti in casa" cioè non originali. La sua musica piace e si ascolta ed è questo quello che conta.
Parlo di Faris Amine, il musicista nostrano, un giramondo per nascita e vocazione, per quanto giovanissimo, che ha inciso a giugno di quest'anno "Missisipi to Sahara".
Un autentico talentuoso a giudizio della critica musicale ufficiale.
Nostrano perché è figlio di un italiano di Reggio Emilia, un papà impegnato nella cooperazione internazionale e di una mamma, una tuareg dell'Algeria.
Con la sua voce e la chitarra ha fatto e fa propria una tradizione musicale antichissima, quella berbera, che arriva dal deserto e l' ha assimilata, reincarnandola ai blues afro-americani degli anni 30-40.
Vive la sua musica decisamente come una "cosa seria" e non soltanto come un divertimento, che gli procura piacere. E, di recente, anche parecchie soddisfazioni.
La consacrazione a musicista "asouf" è avvenuta quando ha avuto l'opportunità di suonare assieme ai Tinariwen, i "grandi vecchi", ufficialmente riconosciuti da sempre, custodi di quell'antico genere musicale.
Tornando a "Missisipi to Sahara", i brani incisi in lingua tamasheq sono per noi (e non solo per noi) un'opportunità di riflessione sul peso drammatico avuto dai conflitti etnici nel mondo tuareg all'indomani della ribellione in Mali nel 2012.
Di Faris Amine e della sua musica "meticcia" così come la sua anima, per sua stessa ammissione quando parla di sé in confidenza con le persone amiche, sentiremo di sicuro ancora parlare a lungo.
Come recita il noto adagio ...."la classe non è acqua."
E di classe (talento musicale) Faris Amine ne ha proprio tanta.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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