
Kurt è convinto che quel ragazzo triste, seduto in lacrime all’esterno della cucina della casa “grande” di Gunder, deve sapere di sicuro più di qualcosa del caso Dolly.
E, se non è lui il responsabile del fatto delittuoso, deve conoscere probabilmente il probabile assassino.
E’ l’accoratezza, infatti, quella che insospettisce il commissario svedese.
Così,dopo aver scambiato in merito qualche parola con Gunder e con l’amico Henning, domanda la cortesia che Peter lo accompagni all’indirizzo fornitogli dal ragazzo.
La famiglia di Bart abita ai margini meridionali della fattoria in una modestissima abitazione.
Peter, lieto d’essere utile ancora una volta all’ospite del padrone, lo accompagna di buon grado, lo introduce e presenta agli abitanti della casa.
Con la mediazione di Peter, che conosce lo swahili, Kurt può porre alcune domande all’anziano uomo, il padre di Bart.
La conversazione procede più o meno spedita, sia pure inframmezzata da reticenze, e Kurt, intanto si rafforza sempre di più nell’idea che quella gente(anche se è solo il padre a parlare) deve sapere molto di più di quanto non ha detto o dice adesso.
La famiglia è composta di ben sette figli tra maschi e femmine di cui il maggiore, Joseph, un ragazzo prestante nel fisico e grande lavoratore nei campi e nelle stalle, non può non aver conosciuto Dolly e, magari, aver pensato, a suo tempo, che quella bella fanciulla avrebbe potuto essere sua sposa presto o tardi.
Joseph al momento è al lavoro ma le congetture di Kurt nascono dalla visione di una foto sulla parete scalcinata della casa, dove il primogenito, il fratello maggiore di Bart, appare con un sorriso spavaldo di chi sa il fatto suo.
In questo caso sicuramente quello di piacere alle donne per i suoi attributi maschili.
La foto è anche abbastanza recente e di sicuro è stata scattata in occasione di qualche festa di villaggio da un fotografo ambulante. Non certo proprio un mago della fotografia.
Di questi ce ne sono tanti in occasioni del genere, che lo fanno, fotografi improvvisati, per raggranellare un po’ di denaro.
Nella via del ritorno lo svedese non può non ipotizzare che Joseph, da innamorato respinto, potrebbe aver voluto usare violenza su Dolly.
E, pur senza intenzione di farle del male, la situazione, in seguito al rifiuto deciso della ragazza, sia precipitata e l’abbia condannata a morte.
Il problema è quello di riuscire a dimostrarlo. Cioè quello di avere prove inconfutabili.
La tristezza e il pianto di Bart lui se li spiega con l’affezione che il fratello minore di Joseph provava per Dolly che, come tutti dicevano, era buona, gentile e generosa.
Una volta in casa, Kurt informa subito Henning,che indugia nel patio nella lettura attenta del giornale, una vecchia copia di uno sgualcito quotidiano locale, dell’esito della visita e dei suoi sospetti.
E lo scrittore li trova piuttosto fondati.
Una bella e giovane ragazza, per giunta ben educata, non poteva non essere un bocconcino appetitoso per i maschi della fattoria.
Giovani meno giovani che fossero.
Su questo i due si trovano d’accordo.
Non resta, allora, che seguire una qualche pista agevole per far confessare Joseph o, chi per lui, sa di sapere.
Naturalmente bisogna fare i conti con l’omertà del contesto, per cui niente sarà facile.
Una brusca frenata sul terreno annuncia nel mentre il sopraggiungere della polizia locale e, addirittura, nella persona del capo.
L’uomo cerca il signor Gunder e dice di avere ottime notizie per lui.
Ma il padrone di casa è fuori per affari, così riferisce mama Betty che ha già ripreso servizio. Perciò non resta che lasciare l’informazione al commissario svedese, parimenti interessato.
Seduti nella sala della musica, il capo della polizia informa sbrigativamente Kurt che l’assassino di Dolly è stato individuato.
<<Si tratta-dice- di un vagabondo, di un alcolizzato e in più ladruncolo, che adesso si trova in
camera di sicurezza, nella caserma, in città.>>
<< Se il signor Gunder avvicinerà cortesemente a Mbeya - aggiunge- glielo mostreremo.>>
<<Intanto stiamo procedendo- prosegue- a verificare le prove della sua colpevolezza>>
L’uomo , è quello che cerca di far capire il capo della polizia, sarebbe un reo-confesso.
Kurt abbozza, senza far trasparire la sua valutazione in merito e lo congeda, promettendogli di riferire il tutto scrupolosamente al padrone di casa, al suo rientro.
E, dentro di sé, se la ride per l’ingenuità della tesi.
Un vagabondo, per giunta alcolizzato, come sarebbe potuto arrivare fino alla fattoria, a piedi, dalla città?
Per rubare cibo? Per sottrarre denaro ? Per violentare una giovane?
Ma se, a detta dello stesso capo della polizia , era uno straccio d’uomo ?
Per Kurt si tratta di un furbastro, che ha confessato, magari costretto sotto percosse e minacce, pensando che in galera avrebbe avuto quasi certamente un tetto sulla testa.
Anche se poi le carceri africane sono autentici gironi infernali e, se non hai chi ti porta da mangiare, è molto peggio che vagabondare.
Messe da parte queste supposizioni il nostro aggancia nuovamente Henning e si decide a chiedere finalmente notizie di Zoe, l’infermiera tedesca conosciuta a Dar es Salaam.
Henning, stufo di una lettura eccessivamente elementare (cronaca del luogo e per giunta già superata) entra volentieri in conversazione con l’amico.
Anzi i due si avviano a piedi per parlare in tutta tranquillità lungo uno dei sentieri che porta ai bananeti.
(continua…)
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
Ultimi commenti