L’esercito sud-sudanese afferma di controllare la città di Malakal, capoluogo della regione petrolifera dell’Alto Nilo ed epicentro degli scontri con le milizie ribelli dell’ex vicepresidente Riek Machar. L’offensiva dei ribelli sulla città, cominciata a metà maggio, era la risposta ad un’operazione lanciata a fine aprile dalle forze armate del presidente Salva Kiir.
Il controllo dell’Alto Nilo è di importanza strategica : i pozzi petroliferi della zona sono tuttora in attività e le estrazioni sono essenziali per mantenere in vista un’economia nazionale sull’orlo del baratro. Malkal – teatro dei combattimenti più feroci dall’inizio del conflitto civile nel dicembre 2013, è già passata di mano in mano più volte ed è stata completamente distrutta da precedenti bombardamenti.
A causa dei violenti scontri, la situazione umanitaria è gravemente compromessa e dall’inizio del conflitto – secondo stime aggiornate dell’Onu – circa 120.000 persone hanno cercato rifugio nei campi per sfollati dei caschi blu dell’Unmiss, mentre il numero totale degli sfollati interni raggiunge i due milioni.
Inoltre venerdì, l’Alto commissario per i diritti umani Zeid Ra’ad Al Hussein ha denunciato il rifiuto, da parte delle autorità, di far accedere gli osservatori in alcune zone dello stato di Unity per verificare e indagare rapporti di esecuzioni sommarie, uccisioni di massa, stupri e distruzione di interi villaggi. Da più parti – l’ultimo in ordine di tempo è un rapporto di Amnesty International – le truppe di Juba sono accusate di violazioni dei diritti umani nel corso del conflitto.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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