Un libro da leggere è senz’altro questo di Emanuela Zuccalà,”Donne che vorresti conoscere”,edito lo scorso anno dalla piccola casa editrice “Infinito”.
E lo dico perché si tratta di una scrittura al femminile(diretta..accattivante) e perché è una carrellata interessante di figure di donne coraggiose (ventisei in tutto), che hanno tutte e ciascuna qualcosa da insegnare a chi è disponibile a mettersi in ascolto delle loro storie.
Coraggiose significa nient’altro che, dinanzi alla gravità di certe situazioni e contesti, si sono rimboccate le maniche, hanno fatto e continuano ancora oggi a fare.
C’è ad esempio Maria Antonietta, che è una missionaria salesiana in Benin, un’insegnante piemontese in pensione, che ha cambiato vita e che nella sua casa d’accoglienza, adesso si occupa di centinaia di bambine vendute come schiave.
E così di seguito tante altre narrazioni esemplari, perché il Bene silenzioso, quello che non si strombazza ai quattro venti, è proprio quello il vero Bene. Quello che poi contagia e produce un effetto moltiplicatore.
Leggendo queste pagine mi è accaduto, spinta dall’attualità di certi accadimenti, che il mio pensiero, pur apprezzando e parecchio queste storie, mi portasse in un altro altrove.
Un altrove che resta sempre la “mia”Africa ma in luoghi in cui protagoniste e vittime allo stesso tempo sono state e sono quelle donne e ragazze dei villaggi rurali di paesi come Liberia, Sierra Leone o Guinea Conakry (e non solo questi), dove l’Ebola, la morte “rossa”, ha falcidiato,che non è molto, e in un breve lasso di tempo(e purtroppo continua a farlo pure se la cosa sui nostri media ormai non fa più notizia), migliaia di vite umane. Donne incluse.
Donne costrette da una cultura ancestrale ma anche dalla scarsità dei mezzi economici e delle strutture,che laggiù sono quasi inesistenti, a occuparsi di necessità dei familiari e quindi destinate a soccombere anch’esse, per contagio diretto, alla malattia.
Di loro si tace. Non compaiono. Non se ne parla. Non esistono. Né prima, né dopo.
Ha evidenziato la cosa, mesi addietro, Janet Fleischman, una studiosa e ricercatrice del Centro americano per gli studi strategici e internazionali.
La Fleischman ha parlato nella circostanza di qualcosa come il 55 e il 60 per cento di vittime al femminile nei tre Paesi maggiormente colpiti dall’Ebola. E , forse, in alcune realtà, la Fleischman azzarda che il numero è ancora più alto.
Infatti, accanto alle normali cure da prestare a un malato, c’è pure l’usanza che sono le donne-ragazze ad occuparsi del rito della sepoltura del defunto.
Senza tacere di tutta una serie di effetti collaterali legati all’epidemia e che sono i parti in casa, con elevati rischi per madre e bambino, la non frequenza della scuola da parte delle ragazze e, quindi, tutta una serie di matrimoni precoci,che non possono che peggiorare la condizione femminile della donna in Africa.
Dinanzi a questo tipo di notizie una riflessione da parte nostra, cioè di noi occidentali,è d’obbligo. E, dopo la riflessione, deve di necessità esserci l’agire.
Leggere è uno stimolo per cambiare. Per cambiarci. Per cambiare le cose, sempre per quel poco o molto che ci è possibile. Non si domandano eroismi. Ma, se si resta alla finestra, il tutto finisce con l’essere solo un passatempo piacevole e di certo poco proficuo.
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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