Ridurre la produzione per frenare il crollo del prezzo: il ministro dell’Energia dell’Algeria, Youcef Yousfi, lo ha chiesto all’Opec, l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, di cui il suo paese è membro.
“L’Opec deve intervenire per correggere gli squilibri procedendo a un taglio della sua produzione per far risalire il prezzo e difendere gli introiti dei paesi membri” ha detto Yousfi.
L’Algeria si garantisce in media il 95% degli introiti con le esportazioni di petrolio e gas naturale.
L’Arabia Saudita – non unica – aveva già avvertito la settimana scorsa che l’Opec non avrebbe contenuto la produzione, neanche se il costo del greggio fosse sceso a 20 dollari al barile.
Da giugno, è passato da 155 a 55 dollari, grazie all’effetto congiunto dell’abbondanza dell’offerta, del rafforzamento del dollaro e della scarsa domanda in un contesto globale di rallentamento economico.
In Algeria, dove la tassazione sul petrolio contribuisce per il 60% al bilancio dello Stato, il crollo del prezzo del greggio ha costretto il governo a prendere una serie di misure di austerità, fra cui il congelamento delle assunzioni nel settore pubblico.
Quasi certamente è pensabile una risalita dei prezzi al barile ma nei prossimi due anni.
Assolutamente non per adesso.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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