Tra pochi giorni avremo modo d’incontrare NoViolet Bulawayo al Festival di Mantova, il consueto
appuntamento settembrino con i libri e con i loro autori.
“Abbiamo bisogno di nomi nuovi” è il libro d’esordio della giovane scrittrice, originaria dello
Zimbabwe, pubblicato in Italia da Bompiani, che difficilmente dimenticheremo anche a lettura ultimata.
E , come si dice, il “buongiorno”è quello che si vede dal mattino. Ne siamo più che certi.
E’ una storia, questa della Bulawayo, di migrazione in tempi di migrazioni.
E le migrazioni, in un certo senso, sono anche le nostre mobilità cui, per lavoro ci costringono, oggi, costringono cioè anche noi, i tempi moderni.
Ecco perché questa storia, in parte autobiografica, la ricorderemo a lungo.
Certe sensazioni, certe riflessioni, certe vie di fuga dinanzi a una realtà che non è quella che ci aspettavamo o ci aspettiamo, possono essere per noi, mutate le circostanze, le stesse dell’autrice del libro.
La protagonista, di nome Darling, come la scrittrice, dopo un’infanzia e una prima adolescenza trascorsa in Zimbabwe, con un’esistenza analoga a quella di tanti suoi coetanei, tutta en plein air, con una grande libertà e con parecchi azzardi, si trasferisce presso una zia nel Michigan (Usa) nella speranza di un cambiamento di vita in meglio, dopo aver favoleggiato da sempre, per lunghi anni, su questo mitico Paese lontano, di cui sentiva narrare proprio come di un Eden.
Ma il Paradiso terrestre non esiste da nessuna parte.
Ecco ,allora, la sofferenza dell’integrazione, che è unita all’adattamento a un nuovo ambiente, a un clima differente e molto difficile e a una forte nostalgia, mai sopita, per la propria terra natale.
Senza contare le richieste di chi è rimasto a casa e considera lei una privilegiata per il solo fatto d’essere in America.
Da qui, appunto, per la giovane donna ormai disincantata, la necessità per sopravvivere d’inventarsi una lingua nuova, capace di esprimere questo genere di disagio.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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