Dopo la morte di Gheddafi (sono trascorsi ormai due anni) e dopo che la Libia, ha vissuto ben 42 anni di potere politico intransigente e, quindi , assoluto, esercitato dal rais e dai suoi viciniori, Il Paese permane in preda al caos così come ai tempi della recentissima guerra civile.
Lo stesso caos ( leggermente ridotto) dei giorni in cui Gheddafi e i suoi familiari e simpatizzanti erano divenuti plateale oggetto di caccia.
Una caccia all’uomo spietata e da parte dei non pochi nemici dichiarati o meno.
Le milizie armate, fuori controllo, attualmente spadroneggiano da Tripoli a Bengasi e rendono il Paese uno dei più pericolosi al mondo.
Quasi impossibile, allora, per gli stranieri transitare in tranquillità e con tutte le ricadute che ciò comporta sul piano dell’economia interna.
Il turismo era ed è, comunque, una voce importante .
Inoltre la violenza è cresciuta in particolare in seguito al blitz del 5 ottobre scorso, attuata da parte di un commando americano e che ha portato alla cattura di Al Libi, ritenuto il capo di Al Qaeda in Libia.
Insomma, a dirla tutta e molto chiaramente, la situazione è molto peggiorata dal punto di vista delle divisioni politiche e, quindi, anche della sicurezza delle persone.
E non poche sono le responsabilità della comunità internazionale tutta, che ha abbandonato a se stessa la Libia, dopo la caduta di Gheddafi, e non ha mostrato di possedere alcun piano preciso per la gestione dei giorni, mesi, anni, successivi alla fine di una dittatura ritenuta, unanimemente, ingombrante dalla stessa.
Infatti, codicillo di questo complesso stato di cose (leggi caos) è che anche la produzione di petrolio e di gas naturale libico, nel continente africano, non fa più registrare più i noti primati di un tempo.
Oggi, il maggiore esportatore africano di petrolio risulta essere la Nigeria.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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