Dal 29 agosto al 1 settembre si terrà nella cittadina di Bressanone, in Alto Adige, il Congresso internazionale di Teologia cattolica, il cui tema centrale sarà : Dio, il linguaggio religioso, i linguaggi del mondo.
Ne dava notizia e ne argomentava in merito, su il Sole24Ore di ieri, Bruno Forte, teologo di chiara fama e attuale arcivescovo emerito della diocesi di Chieti-Vasto.
Forte, napoletano colto e dialetticamente raffinato come pochi, che conosciamo da sempre, per averlo seguito nella sua attività di studioso, attraverso conferenze, giornate di studio e pubblicazioni, mette subito, e occorre dirlo giustamente, l’accento sulla compresenza inevitabile ormai nella nostra Europa di più confessioni religiose con cui confrontarsi e convivere nella quotidianità. E questo per noi, i nostri figli, i nostri nipoti. Il tutto dovuto ai continui e ripetuti movimenti migratori di persone, di differente sesso ed età, in provenienza da altre nazioni o, addirittura, come ben sappiamo (e sono i più) da altri continenti.
Ed è qui il problema da porre in analisi in cerca di una possibile agevole soluzione (ciò che faranno senza dubbio gli studiosi partecipanti al congresso di Bressanone) specie se non si vuole affrontare, e molto a breve, un’ennesima crisi, accanto a quelle già in corso, come la politica, la finanziaria, l’economica che, da sole già bastanti, non consentono sonni tranquilli ai più.
E cioè sarebbe fondamentale provare a contenere una crisi di valori di umana convivenza se si tiene conto, accanto al sopra detto, per di più, di tantissime posizioni agnostiche, che ultimamente si sono sempre più diffuse nel nostro continente e, quindi, anche nel nostro Paese.
Inevitabilmente poi moltiplicate, a dirla tutta, dalla caduta delle ideologie, mutatesi in ideologismi di scarsissimo peso.
Il teologo Forte auspica, nei singoli contesti,nonostante le scontate differenze, la creazione di più presupposti adeguati per avviare un dialogo tra credenti e non credenti in Dio.
E lo fa con un’articolata e ricca esposizione di contenuti miranti alla finalità prioritaria che è l‘abbattimento di ogni possibile muro in fieri.
Un Dio, non necessariamente cristiano, ma Creatore di tutte le cose. Umanità compresa, sopratutto.
Ecco a Chi guardare. Ecco da Chi partire.
Per il nostro, credenti o non credenti, la questione di Dio è ineludibile a meno che , egli aggiunge, non si decida di rinunciare a pensare.
Che la fede sia un rischio ce lo ricorda Pascal ,con la famosa scommessa. Ma Forte non manca di portare numerosi altri esempi , che vanno dal danese Kierkegaard (quello de “Il diario di un seduttore”) al grande mistico del Siglo de oro spagnolo, che è San Giovanni della Croce, per il quale la tenebra della fede è addirittura luminosa. E cita anche una poetessa italiana da tempo dimenticata, che è Ada Negri.
Credenti e non credenti ,egli dice, s’incontrano comunque (a meno che non parliamo di non credenti superficiali, con il cervello dato all’ammasso) perché la fede in Dio non è mai una risposta tranquilla ai nostri interrogativi di uomini e donne.
Tutto sta (e questo colpisce particolarmente nell’esposizione del teologo-vescovo ) a saperLo seguire (Dio) sulla via del dono (dono di sé) e dell’abbandono fiducioso, accettando di amarLo dove e come Lui vorrà.
E attenzione :tenere sempre a mente, insomma, il “dove “ e il”come”.
Poiché ciò vale, nostro malgrado, per tutti (il senso della vita non differisce per alcuno), ecco che il punto d’incontro è proprio qui.
Nell’incontro, in questo genere d’incontro, la creazione di un clima di autentica pace diviene possibile.
È con esso, pertanto, l’abbattimento di ogni fumosa barriera, che impedisce di riconoscere nell’altro, quale che sia il colore della pelle, la sua lingua o la sua cultura, un fratello o una sorella.
E si dà un taglio, finalmente, a quella fede statica, abitudinaria, fatta d’intolleranza. Si accoglie, si accetta, si condivide, si ama il proprio “prossimo” proprio nella sua diversità.
Il vero nodo da sciogliere, dice Forte, non è probabilmente tra credenti e non credenti ma tra pensanti e non pensanti.
Un’affermazione terribile, a ben rifletterci.
Ecco perché il mondo va male, ci bacchetta il pensatore Forte, perché noi abbiamo smesso di pensare. Per la politica (la crisi infinita e i tentativi di soluzioni rabberciate, destinate allo scacco) è la stessa cosa.
E come per la fede così per la politica non si può fare finta che siano un “non problema”. Pena il baratro sociale e la caduta esistenziale dell’intera umanità.
Il trionfo della disumanità.
Non ci prendiamo, allora, per il naso da soli è da concludere.
Cerchiamo di lavorare tutti e tutti insieme per il dialogo. La pace, in questo modo, ha parecchie probabilità di esserci.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
Ultimi commenti