Non c’è pace a Mogadiscio. E a creare un clima di terrore sono, ancora una volta, i soliti ribelli di Al Shabaab che , per quel che è noto, erano già stati allontanati , nel 2011, dalla capitale somala.
L’esplosione di un’autobomba ha causato, sabato scorso, sempre nei pressi dell’aeroporto, almeno tre vittime tra gli uomini della missione Amison e ha ferito cinque militari del ricostituito esercito somalo.
Intorno all’esattezza del numero dei morti e dei feriti ci sono, ovviamente, parecchie incertezze a causa di fonti, non sempre attendibili al cento per cento.
E’ quasi sicuro, comunque, che nell’attentato uno dei ribelli alla guida dell’auto è deceduto, sul colpo, nel corso dell’esplosione.
La notizia merita rilievo nella misura in cui l’attuale Governo, impegnato nella totale ricostruzione del Paese e delle sue provate istituzioni, auspicherebbe aiuti per maggiori garanzie di pace interna, allo scopo di poter attrarre essenzialmente i necessari investimenti dall’estero e creare sviluppo.
E questo, dopo più di vent’anni di guerra civile e di strapotere, esercitato da differenti, avidi e spietati, “signori della guerra”, che hanno fatto troppo a lungo il bello e il cattivo tempo.
Senza pace il progetto di “ricostruzione” rischia ,quasi sicuramente, di bloccarsi e la Somalia d’evidenziare, platealmente, tutta la sua fragilità. E , di conseguenza, di allontanare i possibili e tanto attesi investitori.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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