Nella giornata di oggi e di domani, ad Abuja, si discute, nel vertice UA,dell’intero iter degli impegni pregressi e di quelli futuri per risolvere con metodo, nel continente, il problema del come arginare, e possibilmente sconfiggere, patologie quali l’aids, la malaria e la tubercolosi che in Africa uccidono ancora annualmente centinaia di persone.
Per gli impegni passati, qualcosa certo è stato fatto, a partire da dodici anni a questa parte, cioè dalla data delle decisioni prese nel precedente summit.
E’ chiaro tuttavia che, alla luce dei fatti e nonostante una qualche positività innegabile di risultati (leggi RapportoUA),quanto allora fu stabilito assolutamente non basta.
In quella sede,infatti, si stabilì il versamento del 15% delle entrate di ogni Paese per il fabbisogno riguardante la sanità pubblica.
Ma non tutti,come era prevedibile, hanno messo in pratica ciò che fu deciso.
Oggi occorre puntare su di un incremento dell’assistenza sanitaria, che sia intelligentemente mirata da parte degli Stati e che riguardi inderogabilmente un maggiore e più congruo numero d’investimenti pubblici. Cosa non semplice.
Secondo l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) e altre agenzie umanitarie, specie nei territori a sud del Sahara, il numero dei decessi per malaria è diminuito, comunque, di un terzo negli ultimi anni così come, in sette Paesi africani , il numero dei contagi di hiv si è dimezzato nello spazio temporale di tre soli anni.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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