La notizia”leggera” che può avere incuriosito gli utenti del web, quest’oggi, è forse quella che in Guinea Conakry è nato da pochissimo un sito internet,messo in piedi esclusivamente da alcune giovani giornaliste guineane, che si occupano di politica, economia e società, per parlarne ed informare in questo modo, comodamente e in casa propria, altre donne come loro.
Diciamo che si tratta di una scelta “di genere”, un sito “rosa” e la cosa in sé non è proprio male, considerando, nello specifico, che la donna africana, dovunque oramai, presa coscienza di sé e dei propri diritti di persona, desidera conoscere, accedere agli studi, costruirsi un avvenire proprio come avviene per l’uomo, avere cioè un futuro “suo” e certe sicurezze.
L’Africa tuttavia resta una realtà complessa. Più ci si avvicina ad essa con la dovuta serietà e più le cose, a dire il vero, si complicano.
Il divario storico ha un suo peso.
Perché , in un certo senso, per noi bianchi e di cultura occidentale, parlare di Africa è quasi quasi un voler forzare l’entrata in un mondo a “parte” , a meno che non si abbia l’umiltà di farlo con la dovuta discrezione, quasi in punta di piedi e con tanto rispetto del nostro interlocutore.
Le generalizzazioni non servono a nessuno. Convinciamocene. Sottraggono , non aggiungono. E offrono sempre una visione distorta del reale.
Perciò, in definitiva,perché l’impresa abbia l’esito per noi sperato, occorre approcciarsi con molta serietà a quest’Africa dalle mille lingue , dalle mille culture differenti e dalle mille tradizioni. Non sempre, è vero, del tutto comprensibili ma che comunque insegnano.
Insegnano anche a noi. Siatene pure certi.
In questi giorni, giacché io amo sempre conoscere in presa diretta, sto leggendo, come ho già riferito altrove, la biografia di Leymah Gbowee, una liberiana, nota anche nel nostro Paese, per aver meritato il Nobel per la Pace, insieme ad altre due donne impegnate quanto lei, perché con il suo sforzo è riuscita,come recita il sottotitolo, a liberare , il suo paese, la Liberia, dai postumi di una guerra terribile
E in Africa, credetemi, tutte le guerre sono terribili e senza sconti. Congo, Rwanda , anche il Mali dei nostri giorni e di queste ore : la differenza sta solo nel numero dei morti ammazzati e della ferocia praticata.
Avanzando nella lettura quello che mi ha colpito di lei, di Leymah, ma soprattutto di tutte le altre donne africane, che compaiono nella storia e che le ruotano intorno, è innanzitutto il coraggio, la forza d’animo, l’intraprendenza.
Personalità che non si arrendono. Mai paghe del traguardo raggiunto.
Aspetti dell’esistenza che noi abbiamo sicuramente dimenticato ma che forse hanno vissuto e messo in atto, più di noi, le nostre mamme e le nostre nonne. In Europa, nel secolo “breve”.
Quello dei due terribili conflitti mondiali.
Ebbene, nel privato di Leymah, c’è stata anche violenza, violenza privata, da parte di un uomo, un compagno, il padre di due suoi figli, nonostante il quale e nonostante le difficili circostanze, la donna reagisce. E reagisce molto bene. E diviene quella che noi oggi conosciamo. Senza piangersi addosso. Mai.
La trappola, come Leymah, definisce il suo incontro con Daniel, un ghanese incontrato in Ghana, in un campo per rifugiati, appunto durante la guerra liberiana, scatta quando lei,molto giovane, in una Monrovia spettrale, distrutta dalla guerra, non ha forza sufficiente per rendersi conto di cosa le possa cadere, accettando questa relazione e ,soprattutto, non comprende a che cosa sta andando incontro. Lei che amava l’indipendenza femminile e sognava soltanto la propria realizzazione professionale attraverso lo studio.
Dopo il corteggiamento, i ricchi doni di cui viene colmata, perché Daniel è uno dei pochi fortunati che in quel contesto lavora e ha molto denaro, seguono violenze, stupri domestici, umiliazioni, isolamento dal nucleo familiare d’origine di Leymah, tradimenti sfacciati, solitudine esistenziale.
E la via di scampo? La salvezza?
La salvezza, nonostante non abbia denaro a sufficienza per iscriversi a scuola e debba ricorrere a suo padre, lei orgogliosa,, viene a Leymah dalla volontà di frequentare un corso per assistenti sociali,istituito in città dall’Unicef, per aiutare le vittime sopravvissute al conflitto.
Nella frequenza delle lezioni e durante il tirocinio con donne come lei, duramente provate e per i più disparati motivi, Leymah riesce per gradi a leggere molto meglio il suo privato e a capire il da farsi necessario e indispensabile per sé e per i suoi figli, che ama sopra ogni cosa. Nonostante essi siano i figli di Daniel, il violento. Il” macho”. Il “compagno” padrone.
“Grande sia il nostro potere” è, allora, un libro che va assolutamente letto.
Le donne, noi donne, dobbiamo leggerlo.
Africane e non africane.
Questi pochi cenni vogliono solo essere un invito alla lettura.
Deposto il mouse, ogni tanto è importante anche aprire un libro.
Ritornando al sito delle giornaliste guineiane, il molto positivo è appunto una galleria di donne d’Africa famose, che viene proposta periodicamente alle internaute, e poi anche delle proposte giornaliere di notizie” leggere”, che suggeriscono ricette di cucina, musica, cinema, tv, bellezza.
L’importante, come spiega la direttrice editoriale ,Aisha Kader, è però che le donne, grazie a questo sito, possano dialogare tra loro, scambiarsi pareri, confrontarsi e, se è il caso, denunciare anche quello che non va nella quotidianità pubblica e privata.
Per poter individuare eventuali e praticabili strategie di cambiamento.
Per continuare a crescere su se stesse e sempre in meglio all’interno della propria realtà.
Senza andare alla ricerca di inutili quanto infruttuose vie di fuga.
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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