L’Angola ha giustamente tutto il diritto di espellere,in base alle leggi che il Paese si è dato, i lavoratori migranti irregolari.
Ma questo non le dà diritto di negare loro un trattamento umano. E cioè quello di non praticare per nessuna ragione al mondo torture, come invece spesso avviene, pestaggi o violenze sessuali.
Quello delle frequenti e continuative violenze sui migranti in Angola è emerso in questi ultimi giorni proprio dalla lettura di un ennesimo Rapporto, appena pubblicato, dalla ong internazionale Human Rights Watch (HRW).
E il monito è appunto proveniente dai suoi operatori, che spesso sono spettatori impossibilitati ad agire dinanzi a situazioni fortemente disumane.
Anche perché le cosiddette forze di sicurezza, ricattando, godono di enorme protezione da parte della popolazione indigena.
In particolare l’accanimento di questi “bruti” è rivolto nei confronti della popolazione congolese.
Nei confronti degli uomini ,che arrivano in Angola con la speranza di poter trovare uno straccio di lavoro magari nelle miniere locali o comunque in qualcosa di altro, che consenta loro una sopravvivenza al limite del dignitoso.
Ma sono soprattutto le donne, le congolesi, le vittime di stupri ripetuti e praticati beffardamente con il massimo del disprezzo.
Anzi, nelle fasi della “detenzione” in accampamenti di fortuna e in attesa di lasciare l’Angola, non solo si praticano violenze d’ogni genere su donne e bambini, madri e figli indifferentemente, che sono obbligati reciprocamente ad assistere ma si è arrivati ad organizzare, in questi stessi luoghi, dei veri e propri bordelli a cielo aperto con relativo sfruttamento sessuale della donna.
A pagamento.
Che fare? La comunità internazionale può continuare a fingere di non sapere?
Una qualche risposta, nei luoghi del potere, quelli deputati al'uopo, sarebbe d’obbligo.
A meno che il potere non sia corrotto o corruttibile anch'esso.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
In basso l'immagine di una donna congolese che ha subito violenza
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