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Apriamo la nuova settimana con una notizia molto positiva.
In Niger, uno dei Paesi più poveri ( a causa della sua posizione geografica)e tormentati(per via di un governo, quello attuale, nato da un golpe militare) dell'Africa subsahariana, accanto alla centrale università di Niamey, ne sono sorte ben altre tre, che hanno dato il via, quest'anno, al primo anno di vita accademico.
Nel settore dell'istruzione superiore si tratta di una vera e propria svolta anche perchè si dovrebbe presto, con le elezioni di marzo, avviare il Niger forse finalmente sulla via della democrazia.
Le tre nuove università sono sorte rispettivamente al nord, al centro e al sud del Paese.
E si tratta di università autonome rispetto a quella di Niamey.
Le città interessate sono: Maradi a sud, Zinder al centro e Tahoua a nord.
Le prospettive sono ricche di speranza, e questo lo conferma anche la diaspora nigerina quando fa sentire la sua voce, perché in questo modo s'interrompe il monopolio dell'istituzione centrale, quella della capitale, e i giovani tutti sono messi in condizione di usufruire di adeguate conoscenze culturali.
Si consideri che il Niger ha un numero elevatissimo di popolazione giovanile, che deve non solo costruirsi un avvenire per sé ma fare uscire il Paese dal tunnel del sottosviluppo in senso lato.
A partire sopratutto dal mettere fine a quella che oggi è una dittatura di stampo militare, che non incide certo, dando buoni frutti, sulla crescita socio-economica della popolazione locale.
L'obiettivo dunque è molto ambizioso.
Le nuove università intendono perciò collaborare con tutti gli attori sociali del Niger ed, in particolare,con le industrie presenti sul territorio.
Le facoltà in questione, presenti nelle nuove università , hanno sia un taglio tecnologico, com'è giusto che sia, che un taglio umanistico- letterario.
Insomma ce n'è per tutti i gusti e tutte le possibili inclinazioni.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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Che cos'è l'ulanzi?
Girando in rete tra i blog, ho trovato in quello di p.Remo Villa, missionario della Consolata, parroco nella missione di Makambako, in Tanzania, un'altra piacevolezza tutta africana, di cui voglio mettere a parte gli amici di JAMBO AFRICA.
Si tratta di una bevanda,che si ricava dalla linfa della canna di bambù ed è tipica delle regioni di Iringa, Mbeya e Songea.
Tutte zone d'altipiani.
Questa particolare canna di bambù produce infatti, dopo essere stata tagliata nel fusto obliquamente, quando ovviamente la pianta è ancora giovane, un liquido dolciastro, che raccolto in un contenitore,ricavato da un altro bambù (il "mbeta"), viene poi versato in capienti recipienti di plastica e venduto.
L'ulanzi consente a chi lo raccoglie di guadagnare qualche soldo per provvedere ai bisogni della famiglia, perchè è richiestissimo dagli uomini, precisa p.Remo, sopratutto nella stagione delle piogge, che in quelle zone cade periodicamente da novembre a maggio.
Le piante sono molto ricche del prezioso liquido, specie se nate e cresciute ad una discreta altitudine.
Più freddo c'è e meglio è per la loro dimora.
Della raccolta, che avviene dalla stessa pianta tre volte al giorno, mattina, mezzogiorno e pomeriggio inoltrato, se ne occupano, come sempre in Africa, in prevalenza le donne.
Donne che hanno, per altro, anche il carico dell'accudimento della prole e dei lavori domestici.
La gradazione di alcool della bevanda varia a seconda che si tratti di quella raccolta in mattinata, più dolciastra e meno alcolica oppure di quella ottenuta dalla pianta, in serata ,dopo che i raggi del sole rovente l'hanno ampiamente accarezzata per tutto il giorno.
La cosa buffa è che, secondo una leggenda che si narra tra gli anziani, l'ulanzi è stato scoperto da topolini alla ricerca di cibo.
Essi ,in mancanza di quest'ultimo, si fermarono casualmente vicino ad un bambù e presero a bere il liquido dolciastro, che ne scaturiva dal suo interno.
Ripetettero più volte nei giorni a venire l'operazione fino a quando gli abitanti della zona , piuttosto insospettiti,si resero conto di ciò che stava avvenendo.
Da quel momento in avanti ha inizio l'uso consueto e poi la commercializzazione dell'ulanzi.
L'ulanzi viene offerto senz'altro agli ospiti, nelle grandi occasioni come i matrimoni e, sopratutto, quando si devono dirimere delle liti, superare dei contenziosi, per riportare la pace.
Benedetto allora...sia l'ulanzi,testimone di pace!
Se un giorno dovessimo passare da Makambako ("paese che vai, usanza che trovi"), amici miei, non facciamocelo mancare.
La pace di questi tempi è importantissima ma l'Africa, se vogliamo conoscerla per davvero, oltre che vista, udito e olfatto, è essenzialmente anche gusto.
Cin Cin, allora, gioiosamente e con l'ulanzi.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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Un giorno un gatto propone ad un gallo di andare a divertirsi un po' insieme.
Ma il gallo prontamente gli risponde:- Aspetta, amico, non vedi che sto grattando la terra per tirare fuori qualcosa da mettermi nello stomaco?
Allora il gatto parte da solo ma ritorna il giorno dopo.
Trovando il gallo nuovamente a grattare in terra, gli ripropone la stessa domanda: -Amico, su andiamo a divertirci ?
E il gallo risponde:- D'accordo, andiamo pure.
Una volta lungo il cammino : saltano, si rincorrono, giocherellano contenti.
Ad un tratto però il gatto domanda al gallo: -Amico, quelle corna lì che hai sulla testa, veramente mi fanno paura. Di che si tratta ? Cosa sono ?
E il gallo, molto ingenuamente , rassicura l'amico.
E poi aggiunge: - Non è niente. Non aver paura, non sono mica corna; vedi che è qualcosa di molle.Vieni più vicino, tocca, tocca pure, è solo carne. Non vedi?
Il gatto cautamente si avvicina, annusa la cresta rossa del gallo ed esclama: - E' vero, è tenera, è proprio carne!
L'indomani il gatto torna a cercare il gallo.
- Amico, andiamo a divertirci?
Il gallo smette di grattare, si scuote la polvere di dosso e parte allegramente in compagnia del gatto.
Dopo qualche scherzetto, non è trascorso neanche molto tempo che i due si sono allontanati dal villaggio, ecco il gatto gettarsi ferocemente sulla cresta del gallo.
E in men che si dica trancia di netto la testa al suo amico e se la mangia saporitamente.
Leccandosi anche i baffi.
La FAVOLA insegna che, proprio come diceva il saggio ESOPO, non bisogna mai svelare i propri punti deboli agli altri, fossero anche sé-dicenti amici. Diversamente si rischia di fare la fine del "nostro" gallo.
E questa storia ovviamente vale non solo per l'Africa ma per ogni angolo del mondo conosciuto.
Essa é dedicata al piccolo Diego e a tutti quei...grandi e piccini, che ancora amano ascoltare la parola "parlata".
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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A raccontarci di Ikonda e del suo moderno ospedale è una giovane cardiologa, Anna Gennari, sull'ultimo numero di Missioni Consolata, la rivista mensile dei Missionari della Consolata di Torino, la quale, partendo dall'Italia, ha scelto di prestarvi servizio gratuitamente per un certo periodo com'è prassi , ormai consolidata, tra i sanitari vicini al mondo missionario, da molti anni a questa parte.
Una prassi che vige da quando l'ospedale è nato, grazie sopratutto alla generosità della città di Torino e della sua gente.
Infatti, lì dove oggi esso sorge,prima degli anni '60, non c'era assolutamente niente.
Il classico paesaggio africano affascinante ma disabitato.
Ospiti di passaggio alcuni esemplari della caratteristica fauna locale.
La cittadina di Ikonda si trova per altro in una zona povera del Paese a 2000 metri slm, un altipiano, come un po' tutte le città del Tanzania, ad eccezione di Dar-es-Salaam e vive in prevalenza di agricoltura di sussistenza.
L'ospedale in questione, che oggi rappresenta un punto di riferimento importantissimo, non solo per Ikonda ma anche e in particolare per i villaggi limitrofi, è stato inaugurato nel 1965.
E, come già detto, dal progetto alla realizzazione, mattone per mattone, è stato costruito e finanziato esclusivamente ad opera di benefattori.
Scusate se è poco.
Oggi vanta diverse specialità dalla ginecologia alla cardiologia, un reparto per gli ammalati di Aids, un laboratorio di analisi ed uno per la diagnosi attraverso immagini (radiografie ed ecografie), nonché una ottima sala operatoria.
All'esterno della struttura principale, racconta la dottoressa Gennari, c'è una casa d'accoglienza per le gestanti, che arrivano da lontano, un asilo per i bambini e un luogo dove si possono fermare i parenti dei malati, i quali sono tenuti, come dappertutto in Africa, a prepare il cibo per i loro congiunti ricoverati.
La vita quotidiana,precisa la dottoressa neo-arrivata, si svolge a Ikonda con un certo ordine e con tutta la calma necessaria possibile (i famosi "tempi" africani) pur essendo numerosissima la richiesta di prestazioni mediche e, il più delle volte, con pazienti che arrivano in gravi condizioni,di cui però non si conosce nulla purtroppo del pregresso.
Il bello della storia è tuttavia, a parer mio,che ormai sono arrivati ad Ikonda anche dei giovani medici tanzaniani.
Ciò significa che, pole pole (piano-piano), il cammino dell'Africa verso la propria autosufficienza comincia ad essere realtà.
E il "bianco" presto lascerà definitivamente (e com'è giusto che sia) spazio al suo fratello di colore.
Così come la Chiesa di Roma dovrà farlo nei confronti di una Chiesa locale, che è già maggiorenne dai tempi del Vaticano II.
Se la salute,proprio perché rientra negli Obiettivi ONU del Millennio e non solo, è un diritto umano fondamentale ,fortemente trascurato speciè lì dove c'è povertà, questo genere di opere vanno incoraggiate così come la diffusione della "buona novella" ma...
Ma il paternalismo è finito.
E' doveroso dare e "saper dare" con discrezione a chi ne ha sul serio bisogno, per insegnare ed imparare al tempo stesso.
Solo nel mutuo scambio di esperienze e valori , infatti, si può crescere bene insieme, come sta accadendo ad Ikonda, facendo attenzione però a non fare mai pendere la bilancia troppo da una parte o dall'altra.
Misura ed equilibrio è lo stile necessario in tutte le cose.
Anche in Africa.
Auguri, Anna ! Buona fortuna, gente di Ikonda !
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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Per cena eccovi questa sera una deliziosa purea etiopica.
Giusto per vincere la monotonia e portare un po' d'Africa in tavola....
Mi e vi occorrono una cipolla tritata, due spicchi d'aglio a pezzettini, 250 grammi di piselli, 1/2 curcuma(lo si trova nei negozi d'orto-frutta d'importazione ed è un vegetale dalle proprietà salutistiche davvero miracoloso),tre cucchiai di peperoncino verde anch'esso tritato, 250 ml. d'acqua e infine un cucchiaio di olio di semi.
Si fanno bollire i piselli per mezz'ora circa, si scolano e si schiacciano fino a ridurli a purea con un normale passa-tutto.
In un tegame si fanno soffriggere a parte cipolla e aglio, ai quali si unisce la purea con gli aromi e le spezie.
Si mescola bene il tutto e, se il composto dovesse risultare troppo denso, è bene aggiungere dell'acqua tiepida.
Si fa cucinare per altri 4 minuti e si serve, subito dopo, ben caldo.
Il tocco esotico ovviamente(lo avrete capito) è dato dal curcuma e dal pepe verde.
Ottimo da solo per una cena veloce nelle serate fredde o anche da servire come contorno di carni cotte alla brace, come agnello o porcetto, anche a pranzo.
Provateci.......io l'ho fatto.
E il risultato è stato eccellente con annesso plauso dei convitati.
Allora subito di filato in cucina e buon appetito , amici.
Per la semplicità della ricetta si possono mettere alla prova (io direi) anche i signori maschietti .
Noi di Jambo Africa siamo contro il pregiudizio di genere!
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
Scritto alle 20:05 | Permalink | Commenti (0) | TrackBack (0)
Molti di voi ricorderanno il successo di pubblico e di critica di un libro come"Mamadou va a morire" dell' anno 2007.
Ebbene Gabriele Del Grande , giovanissimo autore, classe '82, nato a Lucca e laureatosi a Bologna in Studi Orientali, ci riprova quest'anno a replicarlo con "Il mare di mezzo ", edito da una piccola ma interessante editrice romana ossia"L'infinito".
Titolo quest'ultimo simpatico e provocatorio ad un tempo.
Ritornando al libro di Del Grande, si tratta di un reportage, di un viaggio appunto alla ricerca della verità dall'altra parte del Mediterraneo con lo scopo di comprendere sul serio sia le ragioni di chi parte per raggiungere l'Europa che quelle di chi resta con tutto il bagaglio di rammarico e di sofferenze , che la situazione comporta.
Che siano padri , madri e/o spose.
I soggetti-protagonisti del libro sono ovviamente dei giovani come Gabriele, appartengono cioé a quella generazione di mezzo, né giovanissimi, né troppo anziani.
Sono gli africani che incontriamo talora nelle strade affollatissime e caotiche delle nostre grandi città.
Persone che spesso guardiamo ma non vediamo.
Leggere "Il mare di mezzo " in questi giorni "difficili", a mio parere, fa bene.
Fa bene un po' a tutti.
Ecco il motivo della proposta.
Un modo , come si dice, per avere le idee un po' più chiare, trattandosi, tra l'altro, di un volumetto agile, scritto in stile piano ma non banale.
La cosa più interessante però di una personalità come quella di Gabriele, il nostro autore, è la maturità di visione delle cose che mostra di possedere, nonostante l'età, circa il ruolo che la stampa in Italia dovrebbe avere oggi nell'affrontare le "difficili" tematiche Nord-Sud del mondo e che invece assolutamente non ha.
Infatti Del Grande, intervistato da una rivista di settore, precisa che molte delle notizie che i nostri giornali propongono non hanno una chiave di lettura, perché è il giornalismo attuale che non valorizza più il lavoro d'inchiesta e di approfondimento.
Una volta si diceva, agggiungo io, che una articolo di giornale poteva valere un saggio.
Oggi questo è impensabile.Tranne in rarissime eccezioni.
In questo Gabriele ha visto giustissimo.
Del Grande valuta comunque la nostra stampa, la stampa italiana(compresa quella di settore), in positivo rispetto a quella di altri Paesi, di cui ha avuto modo di fare esperienza.
Anche perché tutti i libri di Gabriele Del Grande sono nati da permanenze nei luoghi di cui narra.
Accanto alla lettura di libri settoriali o meno per la comprensione dei problemi, il nostro valorizza, come tutte le persone al passo con i nostri tempi, l'utilizzo intelligente di internet per l'informazione.
Ed in questo ha pienamente ragione.
Gabriele sulla rete ha anche un blog notevole dal titolo "Fortress Europe", che merita d'essere visitato.
Per concludere il nostro giovane autore, attraverso l'impegno che mette in ciò che fa, ci fa riflettere tutti, giovani e meno giovani, sull'enorme importanza della SCRITTURA,capace di sovvertire, di dare consistenza a persone, situazioni e cose di cui purtroppo la POLITICA oggi ha fatto "reset".
E a me pare proprio un bel "testimone" del nostro tempo.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
Scritto alle 08:44 | Permalink | Commenti (0) | TrackBack (0)
La giornata di ieri, 23 febbraio, ha visto la gente scendere in piazza a Douala, città del Cameroun, ufficialmente per celebrare la "memoria" delle vittime di una rivolta giovanile del febbraio 2008, una folla di giovani ma anche di persone mature, che non vogliono più la rielezione di Paul Biya a presidente della repubblica e la sua cricca insediata nei posti chiave del Paese.
Una presidenza, quella di Biya, elefantiaca(è al potere da ben 29 anni) ma sopratutto in odore di corruzione.
E, infatti ,è già nell'aria il clima elettorale anche se le date per lo svolgimento delle legislative e presidenziali sono ancora distanti.
Naturalmente , a proposito delle 40 vittime del febbraio 2008 (tutti giovani per altro), le autorità amministrative di Douala,temendo disordini, avevano in precedenza espresso assoluto divieto di raduno.
Ieri, infatti, i negozi cittadini, nel timore di essere danneggiati, erano comunque in prevalenza chiusi.
Ma la macchina della propaganda elettorale , in vista della rielezione del "dinosauro", promette mari e monti.
E non potrebbe essere diversamente. Tutto il mondo è paese.
Le notizie, infatti, che arrivano in Europa dal Cameroun parlano addirittura dell'assunzione di 25 mila giovani diplomati nella pubblica amministrazione.
Nonché è di dominio pubblico la notizia della riapertura dei grandi cantieri nel settore minerario.Ossia lavoro e paga certa per le famiglie bisognose.
In Cameroun ci sono buone miniere di cobalto, bauxite e diamanti.
Ma di contro a tutto ciò, la Commissione Nazionale contro la Corruzione ha reso noto un ammanco di almeno 2,8 miliardi di euro dalle casse dello Stato del Cameroun e ciò riferito al solo periodo compreso tra il 1998 e il 2004.
Allegra finanza, insomma ,per i soli sei anni presi in esame.
Ma un'opinione pubblica ben informata non ha mai avuto dubbi in merito, rapporto della Commissione a parte.
Le perdite, stima il rapporto della Commissione nazionale contro la corruzione ,sono intorno ai 457 milioni di euro all'anno.
E di questi almeno 152 ,ogni anno, sarebbero dovuti alla deforestazione illegale. Ovvero vendita di legname pregiato.
A sottolinearne la veridicità la Commissione riporta i dati di numerose associazioni, tra cui anche Greenpeace.
Non dimentichiamo però che esiste anche una diaspora camerunense organizzata, in giro per il mondo, che sicuramente non dimenticherà di far sentiremolto presto la propria voce contro l'ennesimo "padre padrone" d'Africa.
(ndr) in basso un'istantanea della città di Douala, definita dalle autorità amministrative locali una città"ribelle".Si notino le fogne a cielo aperto e le strade cosiddette "bianche" ossia senza l'ombra di un purché minimo manto di asfalto.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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Il Presidente del Sudafrica, Jacob Zuma, che si sta impegnando negli ultimi tempi affinché la pace sociale regni il più possibile nel suo Paese(spenti i riflettori dei Mondiali di Calcio i mille problemi legati alla povertà sono emersi a cascata senza farsi troppo attendere),ha annunciato la creazione di un fondo pubblico per combattere la piaga della disoccupazione.
L'annuncio del provvedimento, per altro a breve come arco temporale dal punto di vista dell'attuazione, è stato dato in Parlamento insieme ad un altro, che valuterà l'opportunità di dare agli studenti delle scuole superiori ,indigenti ma meritevoli,la possibilità di proseguire gli studi nelle università con totale o parziale esenzione dalle tasse.
Ritornando al problema "disoccupazione", ad avviso di Zuma il più grave, perché genera criminalità diffusa nel Paese, nello spazio di tempo da tre a dieci anni si dovrebbe arginare il fenomeno, e anche piuttosto bene, con la creazione di nuovi posti di lavoro.
Il fondo avrà una dotazione di nove miliardi di rand, l'equivalente di circa un miliardo di euro.
Al di là del differente ovvio tenore di vita dei cittadini sudafricani rispetto a quelli europei, come si può agevolmente vedere, tra rand ed euro c'è un enorme divario, che in materia economico-finanziaria la dice tutta a proposito di Africa e di Europa.
E il Sudafrica, sia ben chiaro, nel continente africano è da sempre "primo mondo" rispetto agli altri Stati.
Naturalmente Zuma, per risollevare la situazione interna del Sudafrica, ha chiesto anche il contributo finanziario delle aziende private operanti nel Paese.
L'obiettivo è portare il tasso di disoccupazione -egli sostiene- al 15% contro l'attuale percentuale del 24%.
Percentuale alla quale, se aggiungiamo quei disoccupati che da tempo hanno rinunciato a trovare un lavoro, arriva subito al 36%.
Speriamo bene per il Sudafrica e i sudafricani e.....che non si tratti del solito" populismo" alla Zuma, cui siamo, ahimé, da tempo purtroppo abituati.
A cura di Mariannna Micheluzzi (Ukundimana)
Scritto alle 08:29 | Permalink | Commenti (7) | TrackBack (0)
Positivo e /o negativo, a seconda della lettura che vogliamo darne, a proposito del bilancio dei lavori del Forum Sociale Mondiale di Dakar, conclusosi non da molto, una cosa è certa ed è che c'è stata una grandissima attenzione nei confronti dell'Africa.
Forse quest'anno come non mai. E non è difficile neanche immaginarne il perché.
I non meno di 20mila partecipanti hanno fatto tutti ovviamente il "tifo" per un "altro mondo possibile".
E come dare loro torto, guardando giornalmente, attraverso i media e internet ,cosa si verifica nel "nostro" mondo?
E per l'Africa poi la dose di sofferenza, rispetto agli altri continenti, è quasi sempre un tantino maggiorata.
A parte quello che è accaduto e continua ad accadere nell'Africa del Maghreb, un esempio per tutti è quello della guerra "infinita" sempre in corso nella Repubblica Democratica del Congo e Paesi viciniori.
Con morti, ferimenti, malattie e violenze d'ogni genere, che si verificano puntuali, ogni giorno ,nell'indifferenza generale degli abitanti appunto del pianeta -mondo.
Questo mondo. Il nostro mondo. Opulento o meno che sia. Un mondo comunque molto distratto.Troppo.
In quasi tutti i gruppi di lavoro del Forum la centralità per l'Africa ha riguardato sopratutto i modelli di sviluppo attualmente dominanti.
E da parte africana le responsabilità di un cattivo sviluppo(vedi ad esempio dittature e corruzione) è stato dibattuto che non sarebbero da imputare esclusivamente ai soli Governi del Continente nero, i quali devono provvedere, sempre e comunque, al benessere, alla salute e all'educazione delle loro popolazioni.
Grandi responsabilità - è stato più volte sottolineato - sono dovute piuttosto ad interventi esterni non positivi.
E soltanto i Paesi d'Africa più ricchi di minerali pregiati, guarda caso, sono quelli oggetto di questo genere d'interesse.
La richiesta collettiva pertanto è stata quella, in vista del prossimo appuntamento del Forum, che si terrà a Marsiglia il prossimo anno, di prestare maggiore attenzione al benessere delle popolazioni.In particolare a quello delle popolazioni africane.
E infine si è anche parlato e tanto di quel bene prezioso che è l'acqua.
E si è stilato, sempre collettivamente, un documento che richiama la dichiarazione delle Nazioni Unite del luglio 2010, in cui l'accesso all'acqua è definito diritto umano fondamentale per tutti.
Un diritto che però, nei Paesi in via di Sviluppo è costantemente violato.
E, infine, ma assolutissimamente prioritario, l'assemblea del Forum ha riconosciuto il ruolo della diaspora africana nella rinascita del Continente, richiedendo l'applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite per il rispetto dei diritti dei lavoratori migranti.
L'importante per l'Africa e gli africani sarà, al di là dei convegni, dei summit, delle montagne di scartoffie e dei documenti vari , poter passare, in situazione, dalle parole ai fatti.
La cosa è urgente e non più tramandabile.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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