"La nera barba pende sopra il petto./Il volto non è il volto dei pittori./ E' un volto duro, ebreo./Non lo vedo/ ma insisterò a cercarlo/ fino al giorno/ dei miei ultimi passi sulla terra".
Così scriveva, anni addietro, Jorge Louis Borges, il grande scrittore argentino.
E così ciascuno di noi, credente o meno, può dire di sé nell'impegno di quella ricerca di "senso" che è per tutti l'esistenza dell'uomo.
Oggi, 23 ottobre, è la vigilia della Giornata Missionaria Mondiale, ricorrenza che in ogni angolo del pianeta, lì dove c'è un gruppo di credenti e battezzati della Chiesa Cattolica, si festeggia con una Veglia Missionaria, perché non possiamo non farci interrogare dalla bellezza della Parola e concorrere a testimoniarla per le vie del mondo a coloro che ancora non l'hanno conosciuta.
Ebbene, questa sera, nel Duomo di Torino,in occasione della Veglia Missionaria cittadina "Spezzare il Pane per tutti i Popoli", organizzata dal Centro Missionario Diocesano in collaborazione con l'Istituto delle suore missionarie della Consolata, l'arcivescovo Severino Poletto, che a breve lascerà il suo incarico in città, consegnerà il "mandato "missionario a padre Francesco Bernardi, missionario della Consolata,in partenza per la missione del Tanzania.
Padre Bernardi è un amico. E' l'amico di tanti torinesi e no.
Una persona e un missionario, che ovunque ha prestato la sua opera(anni addietro era già stato in Tanzania) si è fatto amare ed apprezzare per le sue doti umane e professionali.
E' un veneto della provincia di Treviso, nato in un piccolo paese dal nome buffo, Falzé di Trevignano. Terra comunque ricca di missionarietà e di gente, uomini e donne, disposti , senza eccessiva retorica, ma con molta concretezza, a spendersi.
Il Veneto, per chi non lo sapesse, è , anche oggi,terra di missionari.
E, se se ne facesse l'elenco(e non è il caso almeno in questa sede),esso sarebbe di certo infinitamente lungo.
Ordinato sacerdote nel 1970, padre Bernardi, dopo aver approfondito per un certo periodo la conoscenza della lingua inglese in GranBretagna, parte appunto per il Tanzania.
Un'esperienza che lo coinvolge moltissimo sul piano umano ma anche e sopratutto culturale, in senso strettamente politico.
La Tanzania di quegli anni è, infatti, la terra dell'Ujamà, di Nyerere.
Viene però subito richiamato in Italia nel 1978,anche per ragioni familiari, dove si laurea poi in Scienze Politiche presso l'Università di Torino ed inizia la collaborazione alla rivista mensile dei missionari della Consolata,"Missioni Consolata".
Ne diverrà direttore nel 1983 e la porterà avanti , come direzione fino e oltre il 2000, affiancato da ottimi redattori come i padri Benedetto Bellesi, Gigi Anataloni,Giacomo Mazzotti e tanti altri.
Nonchè altrettanto validi laici, cui è stato capace di comunicare la "febbre" missionaria.
La Missione, fatta attraverso il periodico dell'Istituto , certamente era un'altra forma di missione, non più sul campo, ma l'annuncio di salvezza e l'importanza della testimonianza cristiana da quelle pagine hanno sempre fatto breccia nei cuori dei lettori, che apprezzavavano gli scritti proposti ed agivano di conseguenza.
E qualcuno, giovanissimo, ha scelto anche , grazie alle assidue letture di "Missioni Consolata" d'essere missionario ad gentes. E oggi è operante in Mozambico.
Il missionario deve avere con sé il biglietto di andata e ritorno-ha precisato qualcuno di recente.
E noi siamo d'accordo.
Padre Bernardi andrà in Tanzania ed espleterà la "sua" missione finché sarà necessario. Magari alcuni laici, missionari in virtù del battesimo, lo raggiungeranno e/o lo collaboreranno dall'Italia, ma poi il rientro in patria è ancora più importante dell'andata.
Perché?
Perché la vera missione attualmente è qui da noi, dove tantissimi sono i migranti ormai,tanzaniani e no. Ed è nostro dovere saperli accogliere al meglio conoscendo, forse grazie anche alla mediazione del mondo missionario, che ci informa sulle più disparate realtà dei lontani...dal Congo al Sudan, dal Brasile alla Tailandia, dalla Corea del Sud alla Mongolia, i loro autentici bisogni e le giuste modalità d'approccio.
Prescindendo, se vogliamo, da un un discorso strettamente confessionale.
I migranti , infatti , oggi fanno parte, a dirla tutta, a pieno titolo delle nostre città.
Le colorano, le contaminano positivamente con le proprie culture, i propri usi e le proprie lingue.
Perché è molto chiaro che è l'ECUMENE il futuro del nostro Pianeta....una certa qual ricomposizione di quella "TORRE di BABELE".
E la cosa ci piace.
Moltissimo.
A cura di Marianna Micheluzzi (UKUNDIMANA)
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