Quello che stiamo per scrivere non è niente di nuovo.
Mi riferisco alla fabbricazione e alla commercializzazione delle armi italiane, esportate nel mondo con la "complicità" anche di molti nostri Istituti di credito prestigiosi e perciò insospettabili.
Qualcuno forse si ricorderà della campagna dei Comboniani di Nigrizia dal titolo "Banche armate".
Nel solo 2009, lo scorso anno, l'Italia, dati alla mano, ha esportato, rispetto all'anno precedente, il 61% in più di armi con un un incasso di circa 5 miliardi di euro.
Nel 2008, per dare un'idea del crescendo d'affari, l'aumento di produzione era stato del 26% e l'anno prima ancora dell'8%.
Pertanto possiamo tranquillamente dire che le industrie di materiale bellico non avvertono di certo la crisi generalizzata.Anzi.
Piuttosto è la"fame" nel mondo, che è di armi sempre più sofisticate.
Chi non ricorda il noto film di alcuni anni fa con il grande Alberto Sordi, mercante di morte in giro per l'Africa, a contrattare e vendere armi, per poi garantire alla propria famiglia, in Italia, in cambio della benché minima "riconoscenza", benessere e ricchezza ultramisura?
Fra i clienti privilegiati dell'Italia, dalle statistiche si evince che ci sono l'Arabia Saudita, la Germania e gli USA.
Quote significative riguardano però anche il Qatar,(4,7%),l'India(3,6%) e gli Emirati Arabi Uniti(2,6%).
L'industria italiana più impegnata è l'Alenia Aeronautica, che esporta per oltre un miliardo e mezzo, partecipando al consorzio, che produce gli aerei Eurofighter, particolarmente appetiti dall'Arabia Saudita.
Seguono dietro l'Augustawestland, che produce elicotteri ,con 985 milioni di euro di fatturato da esportazione e l'Avio, che arriva a 811 milioni e, per ultima, la Fincantieri con 271 milioni.
Questi i nomi più in vista ma non bisogna dimenticare, ad esempio, la Beretta di Brescia,che ha investito e investe il mondo con ogni tipo d'armi ,dalle leggere e non,fino alle mine anti-uomo.
Il commercio di materiale bellico è comunque in Italia regolato da norme precise e restrittive, che prevedono l'autorizzazione del Governo per ogni "affare" portato a termine.
Detto questo mi sembra chiaro che i "Governi" hanno comunque in materia delle grosse responsabilità.
E con i "Governi" le grosse banche del nostro Paese.
C'è poi(e non stiamo scoprendo l'acqua calda) tutto un grosso giro di vendita di armi, ai Paesi in via di Sviluppo (qui c'interessa in particolare l'Africa),che alimenta guerre e guerriglie e che avviene clandestinamente.
Talora anche servendosi di container, che dovrebbero trasportare aiuti umanitari al Terzo mondo.
La giornalista televisiva italiana Ilaria Alpi e il suo operatore sono morti, in Somalia,anni addietro, anche quasi certamente per questo e per lo scandalo, che ne sarebbe conseguito, in quanto fatti, fattacci e complicità, che sarebbero emersi,era meglio rimanessero occultati.
E noi?
Noi che sappiamo....che possiamo e dobbiamo fare?
Intanto evitare, per quel che ci è possibile,di stipulare contratti con Istituti di credito, che sovvenzionano i mercanti di morte.
Non è semplicissimo ma è fattibile.
Esistono gli elenchi.
E poi parlare agli altri.Aprire gli occhi a chi non sa.
Tante guerre in Africa potrebbero non esserci se tanti affaristi nel mondo, in Europa, anche in Italia, cambiassero il loro genere d'affari.
Questo lo dico per prevenire chi, eventualmente, mi venisse a parlare di "lavoro", che potrebbe venire meno, in un momento della nostra economia particolarmente delicato.
E, senza guerre talora "assurde", niente morte gratuita e fame.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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