Jambo Africa

Milano (Italia)/ Una banca per la diaspora africana

E' capitato a parecchi di noi di assistere negli uffici postali alle mille ed una difficoltà, che incontrano gli immigrati africani, quando devono inviare a casa i propri denari.

Quelli che, tecnicamente, prendono il nome di rimesse.

Interminabili code agli sportelli e notevoli incomprensioni con il personale addetto costituiscono le scene più comuni e più frequenti da osservare.

Chi tra gli immigrati non usufruisce ,per motivi suoi ,di questo genere di servizio, per altro anche molto costoso, ricorre talora a percorsi  non proprio ortodossi.

 E questo con il rischio che il denaro può anche non giungere a destinazione.

Circa dieci anni fa(la presenza degli immigrati, anche se non così numerosa come oggi, era già una realtà in Italia) un giovane medico camerunense,Francis Sietchiping, diplomatosi alla SDA, la Scuola di direzione aziendale della Bocconi, la prestigiosa università milanese, comincia a lavorare intorno ad un progetto, che avrebbe dovuto evitare difficoltà e rischi agli africani , quelli presenti nel nostro Paese per ragioni di studio o di lavoro.

Sietchiping dà vita così ,con altri  collaboratori ugualmente interessati,ad una cooperativa di consulenza manageriale, di cui  facevano e fanno parte africani ed italiani.

Nasce così il Consulting Group Scarl(MCG).

Il prossimo anno, se tutto filerà secondo previsioni,a Milano dovremmo avere il battesimo della prima banca etica degli africani e per gli africani.

Gli obiettivi ,semplicissimi, dovrebbero migliorare in senso lato la qualità della vita degli africani residenti in Italia.Essi sono quello di offrire servizi finanziari o bancari come se gli utenti operassero nei loro Paesi di provenienza;velocizzare ed agevolare quindi l'operazione "rimesse";promuovere  infine e sopratutto, con investimenti intelligenti, micro- progetti in Africa.

Denominazione della banca è  UNICONTINENTAL BANK,una banca comunque già presente in altri capitali europee  e sempre con le stesse finalità.

L'aspetto più interessante di tutta l'operazione della UNICONTINENTAL  BANK è non far utilizzare più le rimesse, in patria, per l'acquisto esclusivo di beni di consumo come avviene oggi.

Le rimesse di ogni correntista( è stato creato per questo un conto corrente "speciale" dal nome "Account 122")potranno anche essere investite in progetti e servizi di carattere etico-sociale.

Progetti e servizi,che andranno  sicuramente ,  nel tempo, a vantaggio  delle collettività locali.

Comincia così anche per l'Africa e gli africani , in Italia come già in Europa,il tempo del risparmio "intelligente".

                 A cura di Marianna Micheluzzi(Ukundimana)

La "Poesia" che insegna ad amare l'Africa(Elisa Kidané)

Tanti anni fa ricordo che  cominciai ad amare l'Africa non dalle pagine del mio atlante scolastico o attraverso le illustrazioni di alcuni libri, che circolavano in casa.O almeno non solo da esse.Quanto piuttosto attraverso la "poesia".

Si trattava di libretti , solitamente poco pretenziosi, che qualche amica di straforo talora mi prestava e che, a sera tardi, nella mia camera io  leggevo prima d'addormentarmi.

E prima d'abbandonarmi al sonno, ad occhi chiusi, come è normale per un'adolescente,invece d'immaginare trame amorose da "romanzo rosa"(Delly e Liala all'epoca andavano per la maggiore) davo ali alla mia fantasia e mi trasferivo in paesi lontani.

In Africa. Quella che, a poco a poco, cominciò a divenire la mia Africa.

Leggere le poesie di Elisa Kidanè, oggi ,mi riporta a quel clima andato.Attualmente  però la cosa avviene con  un'accresciuta  consapevolezza , che nasce dalla conoscenza dei veri drammatici problemi dell'Africa.

Non più insomma l'Africa dell'evasione adolescenziale ma quella che cerca da sempre giustizia, solidarietà e pace e che ancora  purtroppo non ha raggiunto a pieno.

Nel corso dell'ultimo Sinodo dei vescovi africani ,tenutosi a Roma,un vescovo nigeriano, monsignor Avenya, ha detto:"Gli africani continueranno a venire in Europa con tutti i mezzi, anche al prezzo di morire nel deserto  o per mare, finchè non sarà ristabilito quell'equilibrio tra le due parti, di cui è responsabile l'Occidente".

Ecco cosa pensano e sentono  gli africani.

Inutile nascondersi dietro un dito....

Poichè  io non sono una poetessa, è giusto che lasci spazio ora ai versi di Elisa che, pur nella complessità dei mille nodi da sciogliere per lenire le piaghe di un Continente "ferito", riesce a comunicare "gioia".

Il  suo segreto? Arte e Fede.

Fede sopratutto nei cambiamenti.

LE TUE NOTTI (Elisa Kidené-da "Ho visto la speranza danzare").

Africa/le tue notti/profonde e struggenti/i tuoi cieli/esplodono/stelle/ che silenziose/ ci ricoprono/ e leniscono/i nostri dolori/ e noi/dimentichiamo/ le guerre/e noi sogniamo/savane estese/foreste amiche/che attenuano / il calore/ e ci provvedono cibo/.

Africa/ non sono i tramonti/ nè le cascate/ né le nuove città;/sono le tue notti/profonde e/ struggenti/ i tuoi cieli che/ esplodono/ stelle/ ciò che ci dà la/ forza/ di accogliere/ l'aurora/ e affidandoci /a Dio/ riprendere ogni/ giorno/ con coraggio /Il cammino/ sotto il sole/ cocente.

Il mio augurio è che altri giovani, i giovani d'oggi, leggendo" Poesia" e anche  poesia d'Africa, s'innammorino di un "sogno" e s'impegnino a farlo divenire realtà.

E' possibile.

   A cura di Marianna Micheluzzi(Ukundimana)

Elisa Kidané / Una donna,una suora, l'Africa,la sua poesia.

E' da molto che avevo voglia di scrivere di Elisa Kidané, suor Elisa, missionaria comboniana,giornalista e poetessa.Sopratutto però  donna africana(Elisa è nata in Eritrea),terra che non ha mai dimenticato,  e che per essa  anche da lontano,  e sicuramente con profonda nostalgia,si batte ogni giorno.

Gli strumenti della sua lotta sono una fede intelligente e la bellezza della"POESIA".

Nei suoi testi(diverse sono le raccolte di poesie pubblicate di Elisa) non c'è sfoggio d'intellettualismi: la sua è una poesia che parla direttamente al cuore.

Parla di cosa significa essere oggi immigrato, magari immigrato clandestino.  Racconta con semplicità cosa voglia dire affrontare il mare aperto, consapevoli anche di un eventuale e possibile naufragio. Ci dice dell'accettazione della morte dei compagni di viaggio. Comunica il dramma della diversità in un mondo che,nei fatti, non accetta affatto poi l'emarginato, il povero, il sofferente.

E sempre con la luce della speranza.La speranza che le cose possano cambiare.Perchè l'umanità non è mai sola.Anche quando tutto farebbe pensare il contrario.

Elisa Kidané è stata ultimamente anche "uditrice" all'ultimo  Sinodo dei vescovi africani a Roma.

Abbiamo detto che è  giornalista.Sono le sue riflessioni di comunicatrice sui "media", che  infatti mi hanno  colpito.

Parlando di questo evento importante per l'Africa,Elisa, con sano realismo, dice che certamente non sarà un Sinodo,per quanto esso abbia battuto il chiodo dell'inculturazione della fede, dall'oggi al domani, a cambiare il corso della Storia in Africa. Tuttavia, affrontando le problematiche del "pianeta donna",ella è convinta che i tempi sono maturi perchè alla donna sia dato un chiaro riconoscimento , sopratutto del proprio ruolo, all'interno della Chiesa. Anche della Chiesa africana ovviamente.

Elisa vede prossima la donna, la donna africana, religiosa o laica che sia, impegnata attivamente in progetti di sviluppo, in formazione e quanto altro necessita. Come l'uomo.Né più, né meno.

Le donne in Africa ,ma non solo,-ricorda Elisa- hanno da sempre lottato contro leggi avverse, contro tabù, contro mentalità misogine.

Riferendosi in particolare proprio alle religiose dice schiettamente:"Le sacrestie iniziano a starci troppo strette".

Riflettiamoci.

Dell'Africa, della sua Africa, sottolinea il grande ruolo che viene assegnato ancora lì ai valori familiari ,rispetto a quel che accade da noi nel  Nord del mondo.

Anche questa è una ricchezza per tutti  e da non sottovalutare.

Un dono dell'Africa.

Per chi volesse conoscere Elisa e sopratutto la sua poesia,la sua ultima raccolta  ha per titolo :"Parole clandestine". E'un'edizione delle Suore Missionarie Comboniane.Ha il costo di due nostre colazioni al bar, che esse utilizzeranno come ricavato  per una borsa di studio ad una ragazza africana, che volesse studiare medicina.

E Dio sa se in Africa c'è bisogno di medici.....

Ecco la POESIA, dunque, al servizio di una giusta causa.

Grazie,Elisa.

     

Togo / Vacanze intelligenti con Ajeed-Togo

Chi tra i giovani e i meno giovani, avesse una discreta conoscenza del francese,amasse l'Africa ed avesse voglia  di rendersi utile, può fare un "pensierino" sulla proposta da me indicata nel titolo di questo post.

Sto parlando dei corsi estivi che l'ONG (Organizzazione non governativa) togolese,AJEED-TOGO, predispone per volontari europei ,da giugno a settembre, nei villaggi rurali del piccolo Paese africano.

Si tratta di lavorare nel campo dell'alfabetizzazione primaria, dell'agricoltura(ilTogo, in Africa occidentale , è un paese ad economia prevalentemente agricola), di formare, giovani e meno giovani ,nel settore dell'educazione sanitaria e naturalmente in quello dell'educazione ambientale.

A proposito di educazione ambientale, ad esempio, in quasi tutti i Paesi africani(e quindi anche in Togo) è importantissimo di questi tempi il rimboschimento(i volontari sono chiamati  appunto a questo) a causa dei mutamenti climatici in atto.

 Mutamenti che in Africa stanno già avvenendo e con effetti di certo molto più drammatici che  non nel resto del mondo.

Anche l'AIDS è da tenere sotto controllo, perchè il Togo ha veramente , in media, una popolazione giovanissima, la cui salute, accanto all'istruzione, è il bene più prezioso.

Coordinatore del programma dei corsi è l'amico EDEM. Un a persona simpatica e accogliente, come lo sono tutti  i togolesi, studente d'informatica al momento e con tanti sogni nel cassetto.

 Ma il sito per saperne di più è: www.ajeedtogo.org

Consultatelo e avrete tutte le indicazioni necessarie.

Le "grandi cose" talora cominciano proprio dalle piccole.

Magari da un"click".....

 E...  buon viaggio!

   A cura di Marianna Micheluzzi(UKUNDIMANA)

Malnutrizione in aumento:accade nell'Egitto di Mubarak

Mentre il ministro egiziano del Commercio e dell'Industria,Rachid Mohamed Rachid, si è impegnato a stanziare per il Paese  la cifra di 9,5 milioni di euro per lo sviluppo delle infrastrutture di 12 zone industriali, facendo salire complessivamente la spesa del suo ministero ,relativamente al progetto, a 166 milioni di euro in totale,cresce in Egitto la percentuale dei bambini ,che soffrono di malnutrizione.

Certamente ponti, strade e capannoni industriali sono visibili e danno lustro in qualche modo al regime di turno.Qualche migliaia di bambini denutriti sono, invece, solo un fatto privato.Oltre magari ad essere invisibili.

Proprio come le notizie di donne lapidate dai fondamentalisti islamici , che in Occidente interessano, poco o nulla, l'opinione pubblica.Senza talora suscitare neanche il minimo moto di stizza.

Il peggioramento della situazione alimentare infantile In Egitto è evidenziato a chiare lettere dall'"Inchiesta sulla demografia e la salute" del 2008, un Rapporto pubblicato dallo stesso ministero della Salute .

Secondo il Rapporto l'aumento della denutrizione dal 2000 ad oggi ha  purtroppo provocato effetti visibilissimi.

In particolare c'è  un aumento dei bambini al di sotto dei cinque anni, che manifestano ritardi nella crescita.

E questo,tradotto in parole semplici, significa povertà " nera".A me personalmente fa venire subito in mente alcune  immagini  della nostra Italia dei secoli scorsi,prima ancora dell'industrializzazione o del cosiddetto"miracolo economico", specie nel meridione .E poi nelle isole.

Ma tornando al Rapporto del ministero della Salute egiziano e alle cifre è scritto che: se nel 2000 i piccoli con disturbi della crescita erano il 23% dei bambini al di sotto dei cinque anni, nel 2008 sono saliti al 29%, con la particolarità di una notevole casistica di ritardi mentali.

Si può non fare una  qualche piccola  riflessione? Anche in considerazione,io direi, dei nostri attuali buoni rapporti ,a livello politico-economico ,con l'Egitto di Mubarak.

Sto pensando al flusso turistico, notevole ,dall'Italia verso l'Egitto.Quest'ultimo qualcosa significherà in termini di soldoni...

Vanno bene gli sforzi dell'Egitto per realizzare uno sviluppo industriale, lì dove non c'è , perchè  ciò significa sopratutto lavoro e quindi casa, scuola,salute per molti.

Un'emergenza come la malnutrizione però, che è comunque di vecchia data ed oggi è in aumento, va tenuta sotto controllo.

Perchè?

Perché è importante ,per ogni Paese al mondo, e costituisce una priorità assoluta, avere essenzialmente cittadini sani.Non bastano le luci abbaglianti del Cairo , gli svettanti grattacieli, il lusso dei grandi alberghi, per illuderci che tutto va bene laggiù...

i bambini di oggi saranno gli uomini di domani.Una "governance" seria deve tenerne conto.Anche quando non è facile.

                   A cura di marianna Micheluzzi(Ukundimana)

Faux Cap(Madagascar) /Persone ed ecosistema oggi fortemente a rischio

Lo scorso agosto il naufragio di una nave turca nei pressi di Faux Cap, in Madagascar, ha prodotto a quanto pare,secondo il WWF International, danni ingenti tanto all'ecosistema del luogo quanto alle persone,che vivono nei territori  in prossimità di quelle coste.

Il WWWF International ha ,infatti ,effettuato di recente uno studio sulle conseguenze del naufragio della"Gulser Anna", la nave turca affondata con il suo carico in quelle acque.

L'incidente e la perdita del carico avvenne esattamente nella notte tra il 25 e il 26 agosto scorso.

La nave -cargo trasportava 39 mila tonnellati di fosfati, 568 tonnellate di combustibile,66 tonnellate di gasolio e 8mila litri di lubrificanti.

Secondo accertamenti medici ,fatti appunto dal WWF, è emerso che la popolazione di quelle areee costiere,vicino a Faux Cap, soffre di gravi problemi respiratori, malattie cutanee e disturbi intestinali.

Per quanto riguarda invece l'ecosistema, l'incidente ha causato in parte la distruzione della barriera corallina, la scomparsa di alcune specie marine rare e una mortalità eccessivamente elevata dei molluschi, tutto ovviamente per via dell'inquinamento.

Secondo gli studiosi i fosfati non sono direttamente nocivi per l'uomo ma la loro concentrazione nelle acque accellera il processo di proliferazione e poi decomposizione delle alghe.E ciò aumenta la produzione di tossine nocive.

Naturalmente in quelle acque è stata proibita dalle autorità governative la pesca da ben tre mesi a questa parte, con la conseguente difficoltà per il proprio sostentamento dei pescatori e delle loro famiglie.

Si consideri che la pesca lungo quelle coste costituisce reddito  e sostentamento comunque per almeno il 40% degli abitanti.

Possiamo immaginare cosa tutto ciò abbia significato nei mesi passati e continui a significare fino a quando, in tempi lunghissimi, non ci sarà un riequilibrio dell'ambiente.

Da indiscrezioni rilevate dalla stampa internazionale sembra che il proprietario della"Gulser Anna" abbia versato alle popolazioni locali una cifra di circa 73mila euro complessivi, a titolo di risarcimento.

Molto o poca che sia la somma di denaro ricevuta ...chi restituirà la salute a chi l'ha perduta irreversibilmente? Chi restituirà all'ambiente, in tempi brevi, il suo equilibrio naturale?

Il "PROGRESSO" ha sempre e comunque un prezzo molto alto.

L'assurdo è però che a pagarlo, guarda caso, sono sempre e solo  i più deboli e i più indifesi.Stavolta è toccato ad una comunità di pescatori al largo delle coste del Madagascar.

E la prossima?

         A cura di Marianna Micheluzzi(UKUNDIMANA)

Roma / Vertice e controvertice......ma così comunque non va

Di tutto quanto si è visto ed ascoltato ieri a Roma al Summit della FAO ci sarebbe da discutere per giorni e giorni e sono davvero parecchi gli argomenti, che avrebbero bisogno di un aggiustamento  a 360 gradi nell'angolazione. Quella invece che è stata data disinvoltamente dai"grandi" dellaTerra e che ai più  non va.

Grandi della Terra accolti a Roma, nel quartier generale della FAO e in giro nei grandi alberghi della città, con tutti gli onori del caso senza, ovviamente, badare a spese...

Come sempre in queste occasioni però ,accanto al Vertice ufficiale ,la società civile fortunatamente si organizza. Ed infatti si è organizzata ,per tempo, in un Forum parallelo che si conclude oggi e che vede quali attori protagonisti  modesti contadini, piccoli pescatori,uomini e donne insomma, giovani e meno giovani, che in ogni angolo del nostro pianeta lavorano ancora oggi, in mezzo a mille difficoltà, per garantire, a chi non si occupa più di terra o di mare, un'adeguata alimentazione.

Accanto a questi ci sono anche rappresentanze dei popoli indigeni,specie dell'Amazzonia brasiliana, moltissima gioventù e ancora i rappresentanti delle organizzazioni ambientaliste e di quelle che si battono per la difesa dei diritti civili.

Uno spaccato della società civile planetaria insomma davvero molto interessante.

Obiettivo prioritario da perseguire:stop da parte delle grandi multinazionali ad utilizzare il cibo come mezzo esclusivo di speculazione.

Perché il cibo diviene alimento per tutti solo se si sostengono i piccoli agricoltori o la piccola pesca- dicono "coloro che non contano". Non se si svendono terre e mari con concessioni assurde. Questa è l'idea cardine di  uominini e donne riuniti al controvertice. Questo è quello che tutti loro, in un momento particolarmente incandescente dell'incontro, hanno gridato a gran voce.

Perché  risonasse all'esterno  e fosse molto chiaro.

Intanto fuori Roma, una Roma blindata, è bene ricordare che ieri c'erano anche degli agricoltori italiani, giunti questi con i loro trattori da ogni parte del Paese, specie dal Sud, anch'essi per protestare contro un caro-vita ed aumento dei prezzi vertiginoso,che strangola il  lavoro e non consente nemmeno talora l'autosufficienza.

Lacrime e sangue ovunque. Nord e Sud  del mondo unito contro la speculazione.

C'è stato però anche un momento ludico.

Ed è stato quando si è dato vita ad una pièce teatrale, dove gli attivisti hanno mimato le vessazioni cui sono sottoposti i  contadini del Sud del mondo dalle multinazionali del cibo.

Un attimo per sorridere e apprezzare  anche questo "teatro dell'oppresso", che va però rivissuto in noi e introiettato per riflettere e cambiare.

Cambiare sopratutto. E innanzitutto.

Attualmente nel mondo l'80% delle persone che soffrela fame, ironia della sorte, vive in zone rurali.

Più che di parole, tutti si ha bisogno oggi di una riforma agraria globale(facile a dirsi-difficilissima a farsi), che tenga conto della terra, dell'acqua,bene indispensabile e prezioso e  sopratutto dei cambiamenti climatici che ormai, nostro malgrado, incombono.

Un programma ambizioso. Ma forse l'unico serio e da prendere in considerazione.

Visto come stanno le cose un po' dovunque.

Dinanzi alla tempesta che avanza e che potrebbe squassarla, la quercia  si radica ulteriormente.

Questo è ciò che deve fare la società civile.

A Nord e a Sud del mondo.Indifferentemente.

Prima che sia troppo tardi.

      A cura di Marianna Micheluzzi(UKUNDIMANA)

Aminatou Haidar / Il coraggio è donna

Aminatou Haidar, una gentile signora di 42 anni, nativa del Sahara occidentale, ex-colonia spagnola, oggi territorio annesso al Marocco,presidente della CODESA ossia la Coalizione dei difensori dei diritti umani sahrawi, si trova attualmente all'aeroporto di Lanzarote, nelle isole Canarie, impossibilitata di rientrare al suo Paese.

Ma andiamo con ordine.

Cosa è accaduto ad Aminatou Haidar?

La donna, venerdì scorso, di rientro dagli Stati Uniti,dove era andata a ricevere, a New York, il Premio assegnatole dalla Fondazione Train, cioè un riconoscimento, che viene attribuito per il coraggio mostrato da personalità civili nel campo della difesa dei diritti umani, è stata arrestata dalla polizia marocchina ed impedita di rientrare a casa propria.

Pertanto è stata costretta a rinunciare e a dover  prendere un aereo per le Canarie, dove ora sta facendo lo sciopero della fame.

Non può raggiungere Laayoune, capitale del Sahara occidentale, territorio che dal 1975 è stato annesso al Marocco e che da tempo rivendica invece e giustamente la propria indipendenza.

Fino ad oggi Aminatou non si è mossa dall'aeroporto delle Canarie, trascorrendovi anche le notti.

La lotta non violenta, che ella porta avanti, e che non è ancora terminata, dura almeno da 23 anni e, per altro, il suo stato di salute è oggi decisamente precario in quanto ha trascorso,nella sua esperienza di attivista per i diritti umani del popolo sahrawi, anche quattro anni da "desaparecida".

Con tutto quanto ciò significa per chi ne avesse una pur pallida idea.

Se Aminatou Haidar facesse suo malgrado ritorno, ad attenderla ci sarebbero solo le carceri marocchine, i cui carcerieri non vanno  di certo molto per il sottile nel trattamento ai detenuti.Ed è cosa purtroppo nota.

La donna è  anche madre di due figli e nel 2008 era stata anche segnalata per l'assegnazione del Nobel per la pace.

In base alla risoluzione n.1754 delConsiglio di Sicurezza dell'ONU i sahrawi rivendicano di poter ottenere un referendum attraverso il quale far valere il diritto all'autodeterminazione mentre il Governo del Marocco è disponibile a concedere solo una relativa autonomia amministrativa e politica.

E' ovvio che dietro i "pezzi di carta" e le parole scritte si celano interessi che non vengono assolutamente palesati ma che pur ci sono.

Facciamo cadere la "maschera"!

Siamo  solidali con Aminatou Haidar e la sua gente per quel che possiamo.Anche i BLOG  e i SOCIAL NETWORK possono servire  questa "causa"!

       A cura di MariannaMicheluzzi(UKUNDIMANA)

Leggere / Vedere / Ascoltare

FABIO BERTAPELLE / ASCOLTA  I  CAMPI  DI  GRANO / EMI- BOLOGNA –2008

L’autore,  un agronomo pentito, intreccia ricordi d’infanzia, conoscenze scientifiche, testimonianze di altri agronomi, indagini sulla qualità dei prodotti dell’industria alimentare, per descrivere assurdità e sprechi del nostro modo di produrre e consumare il cibo.

Unisce all’indagine della filiera produttiva anche la ricerca per scelte  alimentari personali attente al rispetto dell’ambiente e della salute della gente.

Esiste allora la possibilità di instaurare uno stile  di vita alimentare diverso, sganciato dal business agroalimentare?

Questo è l’interrogativo di fondo ,che percorre tutto il libro.Proprio come recita il sottotitolo. Ossia come reagire e sapersi sottrarre ai misfatti dell’industria agro-alimentare e scegliere invece l’alternativa  del cibo naturale intero.

A lettura avvenuta, se seguiamo le indicazioni di Bertapelle, possiamo dire di essere quasi all’inizio insomma di quella che potrebbe divenire la prima regola del decalogo della sobrietà.

Un invito insomma a crederci e a provarci.

MORGAN SPULROG- MARCO D’ERAMO /SUPER SIZE ME- IL GRANDE  TRITACARNE/ DVD + LIBRO / FELTRINELLI- MILANO

Il regista Morgan Spulrog, un sano ragazzone americano, che è anche il protagonista di questo film- documentario(Super size me), inizialmente si sottopone ad un rigoroso check-up medico, dal quale egli  risulta  in perfetta salute. Decide così di provare un mese di  alimentazione presso i vari Mc.Donald, per verificare sulla propria pelle i danni che questo tipo di cibo può provocare.

Nello stesso periodo svolge anche un’indagine sulla nutrizione degli americani, soprattutto quella delle mense scolastiche.

Analizza poi anche l’organizzazione delle imprese alimentari e sopratutto quella delle lobby,che condizionano le scelte alimentari su larga scala e quindi la salute stessa degli americani.

Un vero e proprio atto d’accusa il film dunque verso la logica del profitto, imperante ai nostri giorni, che genera solo malattie specie e soprattutto  nei giovani e giovanissimi.

Il libro invece, di Marco D’Eramo, documenta e denuncia la pessima qualità del cibo delle catene dei  fast-food e il marketing aggressivo, che permette loro di fare presa sul gusto degli acquirenti.

Nell’ultimo capitolo, particolarmente interessante, Gilles Luneau intervista José Bové, il francese massimo esponente del movimento di protesta contro i fast-food, sui grandi problemi che questa industria impone all’agricoltura e alla genuinità del cibo.

Buona visione e buona  lettura, dunque!

OUMOU  SANGARE’ / OUMOU / (World Circuit)

Si tratta di un doppio cd, in parte riepilogativo dei precedenti successi, in parte del tutto nuovo, che la cantante maliana,Oumou Sangaré, offre al suo pubblico di appassionati di questo genere.

Curati artisticamente da Boncana Maiga, tutti i successi di Oumou sono stati sempre molto apprezzati in Mali, dove si parla addirittura di centinaia di copie vendute ed ora  anche in Europa.Specialmente in Francia,a Parigi, dove Oumou è conosciuta, seguita e apprezzata.

In particolare Laban è il brano che ha ottenuto maggiore consenso di pubblico.

Non sempre però,bisogna dirlo, gli arrangiamenti di Maiga rendono giustizia a pieno al temperamento della musica della Sangaré. E questa è un po’ una pecca.

Resta comunque un album da non perdere anche perché la cantante maliana ritorna a cantare dopo anni di assenza dalle scene.

             A cura di Marianna  Micheluzzi

 

 

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Tanzania/ Naomi Campbell per "Fashion for relief"

LA CELEBRE  MODELLA  NAOMI  SOSTIENE DA SEMPRE "ALLEANZA DEL NASTRO BIANCO".

                                OSSIA

UNA CAMPAGNA  INTERNAZIONALE IN  DIFESA DELLA SALUTE  DELLE  NEO-MAMME......

FASCINO  DELLO STARS-SYSTEM  E  BENEFICENZA IN AFRICA !

 UN  FELICE  BINOMIO PER  QUESTA  VOLTA......(M.M.)