VICTOR SCHOELCHER / IL DIFENSORE ANTE LITTERAM DELLA LIBERTA’ DEI NERI
Ecco un uomo che ha consacrato tutta la sua vita, con grande passione, ad una causa più che giusta.
Si tratta di Victor Schoelcher(1804-1893), strenuo sostenitore nell’Ottocento dell’abolizione della schiavitù.
Come ben sappiamo quella della schiavitù è una delle più grosse ingiustizie che un essere umano possa infliggere ad un suo simile. Eppure essa è stata praticata nella storia delle civiltà con estrema disinvoltura, indifferentemente, da tutte le potenze coloniali, a partire appunto dagli albori del colonialismo.
Solo attraverso una lunga e travagliata riflessione si è giunti poi, nel tempo, a prendere coscienza dell’uguaglianza di tutti i cittadini. E la cosa è avvenuta ovviamente attraverso percorsi molto differenti l’uno dall’altro, a seconda dei luoghi e delle circostanze storico-culturali.
L’Inghilterra già nel 1834 aveva elaborato un piano di progressiva abolizione e, ancor prima, lo aveva fatto la Danimarca e alcuni Stati americani unionisti,decretando la fine della tratta.
La Francia invece deve molto, in materia, proprio all’impegno di Victor Schoelcher, il cui nome è presente oggi nelle strade di quasi tutte le città delle Antille francesi a testimonianza della riconoscenza per un uomo, che si è battuto indefessamente per il riscatto della dignità della gente di colore.
Attualmente la Francia lo considera il primo grande testimone dell’abolizionismo e le sue spoglie giacciono dal 1949 al Panthéon, in compagnia degli Immortali.
Ma chi è Victor Schoelcher, di cui in Italia sappiamo poco o niente?
Nasce a Parigi da una famiglia di origine alsaziana e nella vita avrebbe dovuto lavorare nella fabbrica di porcellane di proprietà di suo padre.
Tra il 1829 e il 1830 compie dei viaggi di lavoro prima in Messico, poi a Cuba e ancora nel Sud degli Stati Uniti.
E viene colpito, neanche a dirlo, dalle condizioni disumane in cui vivono gli schiavi in cui ha occasione d’imbattersi.
Al rientro in patria si mette subito in contatto con i circoli radicali parigini,rifugio delle menti progressiste del suo tempo e comincia a mettere per iscritto quanto visto, denunciandone l’abiezione.
Le pubblicazioni si susseguono.Intanto diviene amico di Victor Hugo, di Ledru Rollin, di Lamartine e di Edgar Quinet..
Nel 1833 esce la sua prima opera di ampio respiro,il cui titolo è:”De l’esclavage des noirs et de la législation coloniale”.
In questo saggio Schoelcher auspica, sul modello inglese, un’abolizione progressiva della schiavitù perché, a suo avviso, è importante che la popolazione nera abbia il tempo necessario per prepararsi culturalmente e politicamente alla conquista della propria libertà. E questo, una volta ottenuta la libertà, per non andare giustamente ad ingrossare le fila del sottoproletariato.
Nel 1842, in un saggio successivo, le sue idee però cambiano.
In “Des colonies françaises.Abolition immédiate de l’esclavage” propone invece l’abolizione immediata della schiavitù.Attirandosi naturalmente l’odio dei coloni.
Perché questo repentino cambiamento?
Perché il Nostro percepisce, antropologicamente parlando, che gli schiavi, come tutti gli uomini, sono consapevoli, lucidi e capaci di gestire la propria libertà.Il grande Hegel, nello stesso periodo storico, ad esempio, non era affatto di quest’avviso.
E poi c’è anche da parte di Schoelcher il desiderio di evitare soluzioni violente come era avvenuto ad Haiti nel 1804 con la famosa rivolta degli schiavi.
Schoelcher è per il progresso e la fratellanza universale ma vuole che siano i bianchi, e solo essi, a promuoverle. Non vuole, in breve, un nero al governo delle colonie.Anche se poi, anche su questo, ci sarà un successivo cambiamento.
Nel 1848, con la II Repubblica francese, i suoi sogni divengono realtà.
Viene nominato infatti sottosegretario di Stato per le colonie, presiede la Commissione d’abolizione della schiavitù e il governo provvisorio firma il decreto d’abolizione.
E non è finita. Successivamente è anche eletto deputato della Guadalupa e della Martinica.
Con il colpo di Stato in Francia, nel 1851, il II Impero di Napoleone III è però restìo a mettere in atto il decreto d’abolizione anche se non lo invalida.
Schoelcher finisce così nelle liste di proscrizione ed è costretto a rifugiarsi, con altri repubblicani, a Londra fino al 1870.
Da Londra comunque continua a scrivere e a pubblicare. Fa nuove amicizie e conosce anche Carlo Marx. Ma i due sono profondamente diversi. Schoelcher è un seguace di Fourier e crede nella convergenza tra l’interesse del capitale e quello del lavoro.Al contrario del filosofo tedesco che vede nella lotta di classe il principio della leva rivoluzionaria.
Timoroso d’ogni forma di disordine e di caos, anche durante la Comune di Parigi, egli cercherà di scongiurarne sempre le derive più rivoluzionarie. Sarà un infaticabile conciliatore insomma.
Eletto in seguito senatore a vita, combatterà a suo modo molte battaglie. Tutte modernissime a guardarle con gli occhi di oggi.
Combatte infatti a favore dei diritti delle donne, contro la pena di morte, per l’istruzione laica gratuita e obbligatoria, per una sanità cui tutti possano avere accesso. E non ultima perché gli attori, i cosiddetti guitti, emarginati nella società di quei tempi, possano essere decorati, al termine della loro carriera artistica, con la Légion d’Honneur. Vale a dire che abbiano la possibilità di percepire, dopo una vita di lavoro, una pensione anch’essi.
Per concludere come non riconoscere in quest’uomo, a partire dalla lotta per abolire la schiavitù, tanta modernità di idee in uno dei secoli decisamente più complessi e tormentati della Storia?
Un testimone, un esempio.Non solo per la Francia ma, a giusta ragione, per il mondo.
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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