MARC ONA ESSANGUI / UN GABONESE DIFENSORE DELL’AMBIENTE
Il suo nome fino ad oggi da noi, in Italia, non era certamente noto.Ora non è e non sarà più così. Sto parlando del giovane militante ambientalista del Gabon, Marc Ona Esangui che, il 19 aprile, ha meritato a Londra il Premio Goldman per l’ambiente. Premio considerato, nell’ambito, un po’ il Nobel dei verdi.
Il merito di Esangui, insieme ad altri cinque attivisti ugualmente premiati per la salvaguardia di altri contesti-mondo, è stato quello di aver rivelato l’esistenza di un accordo segreto fra il governo di Libreville e un’azienda cinese, intenzionata quest’ultima a sfruttare una miniera di ferro in una zona protetta del Paese.
Si tratta di un tratto di foresta gabonese, quello il cui progetto minerario ormai sarà senz’altro ridimensionato, facente parte del bacino del Congo, il secondo più vasto ecosistema pluviale del mondo.
Ona, costretto su di una sedia a rotelle, a causa di una poliomielite contratta da bambino, ha ricevuto da sempre per questa sua battaglia moltissime minacce ed è stato anche arrestato .Nonchè invitato e poi costretto a non poter lasciare il Gabon.
“Ma - egli dice con convinzione- le minacce non possono impedirti di portare avanti la tua lotta.Specie se ci credi.E’ in ballo la distruzione della più bella foresta dell’Africa centrale”.
La sua campagna ha così contribuito a far rivedere ai responsabili il progetto. Progetto, che è attualmente bloccato, almeno secondo quanto rivelano gli organizzatori del premio.
“L’Africa –precisa Ona- non può più continuare a firmare contratti di sfruttamento delle proprie risorse naturali come negli anni passati quando partner commerciali esteri semplicemente ordinavano agli africani quello che dovevano fare. No, l’Africa oggi possiede molti esperti ed anche di buon livello e deve dare loro fiducia.”
Il premio Goldman, di cui è stato insignito Marc Ona Esangui, giunto attualmente alla 20° edizione, ha visto in passato tra i suoi vincitori anche il famoso scrittore nigeriano Ken Saro-Wiwa, impiccato nel ’95, nel suo Paese, dopo aver guidato le lotte di protesta contro le compagnie petrolifere operanti in Nigeria.
La somma del premio, in denaro, comporta quest’anno un assegno di 150 mila dollari, che Essangui girerà alla sua associazione, la “Brainforest”. Questa in particolare si occupa dell’ecosistema pluviale e denuncia la continua deforestazione che in Gabon distrugge ogni anno almeno 10mila ettari boschivi. Un autentico atroce delitto. Una ferita insanabile per il nostro pianeta, già messo, per altro, a dura prova da tanti altri attacchi sconsiderati.
In definitiva l’impegno serio di Ona Esangui e della sua associazione è proprio quello di indicare al mondo che è necessario uscire subito da una logica puramente speculativa tuttora ancora in corso, reintroducendo, in una prospettiva a più lungo termine, in primo piano, il fattore umano, sociale e ambientale. Per una imprescindibile esigenza di equità.Dice lui.
Solo così avremmo tutti da guadagnarci, nord e sud del mondo, e potremo fare fronte a quelle sfide che non possiamo più continuare ad ignorare.
Abbiamo detto all’inizio di altri cinque ambientalisti che, con Ona ,hanno ugualmente meritato il premio.
Si tratta per il Nord-America di Maria Gunnoe, un’ ex-cameriera, che si sta battendo da lungo tempo contro l’impatto sull’ambiente delle miniere di carbone, quelle che si trovano sulle cime montuose degli Appalachi nel West Virginia.
In Europa vincitrice è stata Olga Speranskaya, una scienziata russa che combatte con il gruppo Eco-Accord per eliminare nell’ex-Unione Sovietica i rifiuti tossici , un tempo adoperati per l’agricoltura e per l’industria.
Rizwana Hasan, dal Bangladesh, ha fatto invece conoscere, anche ai non addetti ai lavori, i pericoli insiti nella rottamazione delle vecchie navi.
Per il Sud e Centro America, una coppia del Suriname, Hugo Jabini e Wanze Eduards, hanno aiutato la popolazione locale a mobilitarsi appunto contro il disboscamento delle proprie terre, che tutti sappiamo cosa significhi.
Infine, per l e isole dell’Indonesia, Yuyun Ismawati si batte per una migliore gestione delle immondizie.E diciamo che, quasi certamente, costui potrebbe insegnarci qualcosa.
Tutte persone normalissime,anche queste che abbiamo citato in ultima battuta, come del resto il nostro Ona. Come lo siamo noi stessi.
La differenza? La capacità di testimoniare in prima persona, senza deleghe, con fede, un impegno non da poco.Impegno che presuppone un grande “amore” sì per il pianeta ma e soprattutto per l’umanità intera ,che lo abita e che ha tutto il diritto di poterlo abitare bene..
Uomini e donne di speranza e di pace per i giorni a venire. Persone, a mio avviso, sul serio da imitare.
Marianna Micheluzzi (UKUNDIMANA)
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