Uno studioso napoletano, Valerio Petrarca, docente di Antropologia culturale all’università “Fedrico II” di Napoli, ha scritto, dopo numerosi e frequenti viaggi in Costa d’Avorio, un libro, che è stato recentemente pubblicato dall’editore palermitano Sellerio,il cui titolo è:”I pazzi di Grégoire”.
Si tratta di un libro prezioso, di un resoconto davvero affascinante, che può insegnare a tutti noi come sia possibile infondere speranza a quegli “ultimi” che, anche in Africa come un po’ dappertutto, la logica umana dà per perdenti. E, per assurdo, viceversa guarire magari noi i cosiddetti “sani”.
Per Valerio Petrarca viaggiare in Africa è sempre stato: vedere, capire, tornare e riferire.
In uno di questi suoi viaggi, l’autore di”I pazzi di Grégoire” si ferma a lungo in un villaggio agni(popolazione dell’Africa occidentale) per studiarne usi , costumi, cultura materiale. Fa il suo lavoro.
Qualche tempo dopo però in Costa d’Avorio scoppia la guerra civile, che spacca il paese in due e ,in un suo successivo ritorno, lo studioso addirittura non riconosce quasi più né persone,né luoghi.
Perché questo ritorno, pur sapendo dei pericoli certi che si corrono in un contesto dell’immediato dopoguerra, dal quale ormai tutti gli occidentali sono andati via?
Valerio Petrarca è attratto da Grégoire Ahongbonon, un giovane uomo, un ex-gommista, che è stato capace di ridare un’esistenza di normalità a molti uomini e donne della sua terra. Un africano per gli africani insomma. Ne ha sentito parlare e vuole incontrarlo.
Grégoire, l’uomo dei matti,per questo suo impegno, ha anche, tra le altre cose, meritato in Italia ,a Trieste, il Premio “Franco Basaglia” circa dieci anni fa.
Dovete sapere che in Africa ,per via di certe ancestrali credenze, colui o colei che dalla nascita è affetto da una malattia mentale, anche se bambino, vive ai margini della società, come accadeva un tempo anche in Occidente. E, cosa terrificante, se ne deve stare tutto il tempo della sua esistenza terrena incatenato ai ceppi e alle radici di un albero,esposto alle intemperie, nutrito con gli avanzi gettati da chi è mosso eventualmente a compassione.
Talora, per la negatività che le credenze popolari gli attribuiscono, può anche essere picchiato a morte e torturato.
Lo studioso napoletano per incontrare Grégoire deve però inoltrarsi con non poche difficoltà nel nord del Paese.
Grazie all’aiuto che gli danno alcuni missionari della Società delle Missioni Africane, gli unici bianchi ad essere rimasti nel nord della Costa d’Avorio, egli riesce comunque nell’impresa. E da quel momento in poi gli si squadernano dinanzi scene incredibili.
Prima d’ncontrare il suo “uomo” c’è infatti una sosta in una località ,dove Petrarca ha l’opportunità di conoscere la storia di Aboubacar, un ragazzo rinchiuso volutamente in un container con altri cento giovani come lui, perché si massacrino tra loro nel tentativo di potersi rubare uno spiraglio d’aria per respirare.
E naturalmente s’imbatte qua e là nei famosi soldati-bambino, che possono sparare a vista anche senza motivazione alcuna.
Solo magari per il gusto di sentirsi uomini grandi.
Ma andiamo a Grégoire. Grégoire è nativo del Benin. Si è trasferito in Costa d’Avorio dopo una serie di vicissitudini personali. E tutta la sua missione è nata dopo un viaggio che ha compiuto anni addietro a Gerusalemme.
A Gerusalemme lui dice di essere stato fortemente impressionato da una frase ascoltata quasi per caso. La frase recitava così:” Ogni cristiano costruisce la Chiesa portando la sua pietra”.
Rientrato a casa, da quel momento in avanti l’uomo ha cominciato a visitare, senza mai stancarsi, carceri e ospedali per essere vicino ai sofferenti. E quando diciamo carceri, in Africa, è difficile per il nostro immaginario mettere a fuoco per davvero ciò di cui parliamo.
Comunque Grégoire prosegue, non si arrende alle piccole o grandi difficoltà, perché crede d’aver capito che l’unica medicina efficace per quegli uomini e quelle donne è l’amore.
Tra lui e loro si stabilisce così una corrente di simpatia e poi, man mano, un legame affettivo sempre più forte. I “rifiutati” finalmente si sentono accolti da qualcuno .E questo “qualcuno “ è Grégoire. L’amore fa il resto accanto a cure normalissime che in Africa potrebbero essere prescritte in qualsiasi altro “posto di salute” da personale medico o paramedico.
Giorno dopo giorno, con l’aiuto di amici che lo coadiuvano, nascono come per miracolo dei veri e propri centri di accoglienza. La voce si sparge e gli infelici giungono da ogni parte.
Attualmente 857 sono i malati ricoverati ma molte migliaia sono anche i pazienti rientrati in famiglia e guariti o quasi.
A conclusione dell’incontro con Grégoire, Petrarca puntualizza qualcosa d’importante su cui forse vale la pena anche per noi altri di riflettere un attimo.
Egli scrive nel suo libro:”Sono venuto a spiare un’umanità di scarto per controllare la mia, per una fantasia di un mondo un po’ più umano, per cambiarmi, per farmi migliore insieme con queste anime sperdute, per ritrovare la mia, per rivivere nelle storie degli altri i miei dolori prima che diventassero abitudini”.
A cura di Marianna Micheluzzi(Ukundimana)
/DEDICATO AD ANTONIO CRACAS/
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