L'isola felice di AYUUBUB,il villaggio premiato dalla fondazione "Alexander Langer",è l'emblema di una rinascita possibile in Somalia.Ne parla Fabiana Bussola in un articolo su "Il nostro tempo", settimanale cattolico torinese.
A dargli vita nel 1992,dopo il crollo di Siad Barre, è una donna. Si tratta di Mana Suldaan Abirahman Ali Iise, figlia dell'ultimo sultano di Merka. Mana è morta improvvisamente il dicembre scorso ma il suo impegno darà a lungo vita e benessere ai figli della sua terra. Una terra che lei ha amato sopra ogni cosa.
Mana, rifugiatasi a Roma durante la guerra del'92, decide poi di tornare in patria e di aprire la sua casa a donne in fuga e a bambini abbandonati.In un solo anno arrivano alla sua porta più di 8mila piccoli.
L'incontro con l'associazione "WATER FOR LIFE-ACQUA PER LA VITA",fondata da don Elio Sommavilla,geologo e docente universitario a Ferrara e a Mogadiscio,è una svolta importantissima per la realizzazione del villaggio. Villaggio che deve il suo nome ad un bambino,Ayuub,cioè Giobbe, trovato accanto alla madre morta.
Invece di costruire un orfanatrofio,Mana e Sommavilla favoriscono da subito il rientro dei bambini nelle loro famiglie d'origine o trovano delle mamme adottive sul posto per chi è rimasto senza parenti.
Accanto alla scuola materna e al centro medico nutrizionale crescono a poco a poco nuove realtà tanto che oggi si contano quasi 13 mila studenti che frequentano le scuole del villaggio.
Un dato significativo per un Paese dove solo il 25% della popolazione sa leggere e scrivere.
La "filosofia" che ha consentito la realizzazione del miracolo è stata quella di non dare né il pesce,né la lenza. Dicono i responsabili di progetto.Si è fornito solo quel poco che serve per costruirsela.
E dalla prima tettoia nel deserto, ora Ayuub è un villaggio verde,in cui vivono 1600 persone in modo democratico. Anche se il Paese tutto sta vivendo una lunga agonia,peggiore di quella del 1992.
Bisogna che il mondo se ne renda conto ma che un eventuale intervento non riproduca gli errori del passato.E' questo il parere di chi vive dal di dentro questa realtà.
La speranza di oggi per la Somalia si chiama :accordo di Gibuti.Accordo firmato il 9 giugno scorso tra il governo somalo e i ribelli dell'Alleanza per la liberazione della Somalia. Il 28 giugno si sarebbe dovuto infatti firmare ufficialmente questo stesso rapporto ma non è stato poi così.Il clima di precarietà creatosi pertanto la dice lunga su di una possibile via d'uscita dal conflitto. Via difficilissima, a tutt'oggi, da percorrersi.Ecco che la politica internazionale, fermo restando le responsabilità dei somali, dovrebbe in qualche modo fare la sua parte,perchè l'oblìo non produca danni ancora maggiori in termini politico-ideologici. La capacità di attrazione dell'Egitto,per altro abbastanza vicino, con quel che significa a livello di fondamentalismo islamico, è molto forte. Occorre attenzione.
A CURA DI MARIANNA MICHELUZZI(UKUNDIMANA)
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