Si chiude oggi, a YOKOHAMA, la CONFERENZA INTERNAZIONALE SULLO SVILUPPO AFRICANO (TICAD).
Un summit interessante,che si tiene periodicamente, durante i lavori del quale,il Primo Ministro giapponese,Yasuo Fukuda, ha ribadito più volte l'impegno di raddoppiare entro il 2012 gli aiuti al Continente africano.Aiuti che in termini monetari arriverebbero a 10 miliardi di dollari,che rafforzerebbero innanzitutto la cooperazione tecnica e si occuperebbero, a livello mondiale, della riduzione del debito in Africa.
Ma i leader dei Paesi africani presenti hanno risposto all'offerta:"Grazie per gli aiuti, ma desideriamo una maggiore apertura commerciale da parte dei Paesi più avanzati e più investimenti nei nostri Paesi".
La solita logica degli aiuti non è stata giudicata sufficiente dai capi di Stato e di Governo africani.
"Il miglioramento delle condizioni commerciali per l'Africa- ha detto il Presidente sudafricano Thabo Mbeki- è di vitale importanza per garantire la sua piena integrazione nell'economia globale".
Questo anche perchè, nel corso del 2007, il tasso di crescita dell'economia africana è stato del 5,7%.La cosa fa ben sperare,se ci saranno interventi corretti nelle sedi deputate, e i prodotti africani potranno finalmente anch'essi accedere ai mercati più ricchi al prezzo giusto.
Al vertice di Yokohama hanno partecipato 52 Stati africani,dei quali 44 rappresentati da capi di Stato, Premier e Vicepremier. Con essi anche la rappresentanza di diverse organizzazioni internazionali come, ad esempio, l'ONU e l'OMS.
La TICAD è organizzata dal Governo giapponese, dall'ONU e dalla BANCA MONDIALE. La sua prima volta è stata nel 1993.
Appuntamento dunque al 2012, con l'augurio frattanto che se non proprio tutto, almeno parte di quanto proposto e discusso, non resti lettera morta.
L'AFRICA HA PROPRIO BISOGNO DI FARE PASSI AVANTI !
A CURA DI MARIANNA MICHELUZZI (UKUNDIMANA)
Beh! I leader africani sono dunque capaci di fare affermazioni condivisibili e non solodi fare i despoti. Buon segno.
luigi
Scritto da: luigi | 30/05/08 a 08:21
Je suis d'accord avec le post, le Japon doit aider l'Afrique mais d'une autre manière. Le japon doit mettre son savoir faire en matière de science et d'agriculture au service de l'Afrique. C'est en matière d'agriculture et de riziculture que le Japon doit agir. Il faut absolument que l'Afrique cesse d'etre dépendante des importations de riz. C'est possible.
Extrait d'un article qui fournit quelques pistes :
A la veille de la Conférence internationale de Tokyo pour le développement en Afrique (TICAD), alors que le Japon ne sait que faire de son riz, des experts réunis au Bénin viennent de mettre en garde contre la dépendance de l'Afrique, une crise qui pourrait pourtant s'avérer bénéfique à moyen terme.
Même si les nouvelles variétés de riz adaptées aux sols africains ont permis en 2007 une augmentation de la production continentale de 6%, "on est loin de satisfaire la demande", estime le Centre Africain pour le riz (ADRAO, WARDA en anglais), basé à Cotonou, dans un document que s'est procuré l'AFP.
Ces gains de production, grâce notamment au Nerica (New Rice for Africa), une variété obtenue par l'ADRAO grâce à un croisement entre le riz africain et le riz asiatique, ont été effacés rapidement par une augmentation rapide de la consommation de riz de l'Afrique "qui importe 40%" de ses besoins, souligne le rapport.
Prenant le cas plus spécifique de l'Afrique de l'ouest, la grande région rizicole du continent, l'ADRAO indique qu'entre 2001 et 2005 la production a augmenté de 5,1% par an, tandis que dans le même temps la consommation s'est accrue de 6,5% chaque année.
Lors de la réunion TICAD IV à Yokohama, les participants vont notamment évaluer les résultats du Nerica, un projet vieux de plusieurs années financé par la Banque Africaine de Développement, le gouvernement japonais et le Programme des Nations Unies pour le développement (PNUD).
"Dépendre autant du riz importé constitue la recette du désastre pour ce continent", déclare le patron de l'ADRAO Papa Abdoulaye Seck. "Si les gouvernements ne prennent pas immédiatement des mesures fortes, alors le démarrage économique que l'on connait actuellement dans de nombreuses parties de l'Afrique va s'évaporer. Nous avons besoin de solutions à court et long terme pour dynamiser la production locale de riz", dit-il encore.
Lancée en 2005 et prévue sur 5 ans, l'"Initiative Riz" de l'ADRAO dispose d'un budget de 35 millions de dollars.
L'ADRAO s'attendait "depuis au moins deux ans" à une crise du riz en Afrique en 2008 car, si l'Afrique représente "10 à 13 % de la population mondiale, elle absorbe 32% des importations mondiales et connaît un taux de croissance de sa consommation d'environ 4,5% par an", déclarait M. Seck en avril.
Pour faire face, l'ADRAO préconise notamment d'"augmenter significativement la part de la riziculture irriguée à haut rendement dans la production": moins de 10% actuellement contre plus de 50% en Asie.
Le centre suggère aussi de "promouvoir l'utilisation des variétés telles les dizaines de types de Nerica adaptés aux différents sols et qui ont "une valeur en protéine plus élevée de 25% par rapport au riz importé".
L'ADRAO préconise également un meilleur accès aux semences, la modernisation des techniques de culture, de diminuer les pertes à la récolte et post-récolte (entre 15 et 50% de la valeur marchande de la production).
Bref, l'ADRAO estime que paradoxalement la crise du riz pourrait à terme être une chance pour l'Afrique, lui donner un coup de fouet. "Nous avons en Afrique, au Sud du Sahara, 130 millions d'hectares de bas fonds dont 3,9 millions seulement sont en culture. Par contre en Asie, le pari n'est pas d'augmenter les superficies rizicoles mais plutôt de les maintenir", explique le centre.
"Pour éviter d'être otage des cours mondiaux, il n'y a pas de secret, on construit une agriculture compétitive et durable grâce à une combinaison intelligente de trois facteurs: technologies performantes, infrastructure de base et environnement assaini. Oui c'est possible d'inverser les tendances mais à moyen terme", conclut M. Seck.
Alex
Scritto da: alex | 30/05/08 a 12:06
Carissimo Luigi, noi apprendiamo dell'Africa quello che i Media ci fanno conoscere.
Molto diverso sarebbe se tutto potesse essere verificato in loco. Dico questo perchè la mia è autentica volontà di conoscere.
Personaggi come Mbeki e altri mi piacerebbe conoscerli nel loro contesto.Pertanto esprimere dei giudizi sul loro operato,a meno che non ci siano prove concrete eclatanti in negativo, va fatto con molta cautela.
La materia nel suo insieme è complessa. Cerchiamo solo di avvicinarci per capire un po' di più, un po' meglio.
Buon pranzo. Con stima e simpatia.
Marianna.
Scritto da: marianna | 30/05/08 a 13:01
Carissimo Luigi, noi apprendiamo dell'Africa quello che i Media ci fanno conoscere.
Molto diverso sarebbe se tutto potesse essere verificato in loco. Dico questo perchè la mia è autentica volontà di conoscere.
Personaggi come Mbeki e altri mi piacerebbe conoscerli nel loro contesto.Pertanto esprimere dei giudizi sul loro operato,a meno che non ci siano prove concrete eclatanti in negativo, va fatto con molta cautela.
La materia nel suo insieme è complessa. Cerchiamo solo di avvicinarci per capire un po' di più, un po' meglio.
Buon pranzo. Con stima e simpatia.
Marianna.
Scritto da: marianna | 30/05/08 a 13:02
Carissimo Alex, sei stato molto esauriente sul problema. Ora io cerco di riassumere il tuo pensiero per chi non conosce il francese, sempre che ci riesca.
E' chiaro che l'aiuto che l'Africa desidera, in primis dal Giappone o meglio dall'Asia, è in termini di tecnologie adeguate per poter potenziare al meglio la propria agricoltura e non dover più dipendere dalle importazioni.
Il problema si presenta quando delle varietà asiatiche di riso, trapiantate in Africa, non danno la resa dovuta per l'autosufficienza.
Quindi l'impegno di chi vuole aiutare l'Africa deve polarizzarsi nella ricerca della giusta qualità.
Inoltre i terreni disponibili per la risicultura,tu mi dici, ci sono, sono tanti e sono quelli a sud del Sahara.
Pertanto la crisi del riso, se gestita correttamente, potrebbe tramutarsi in un vantaggio per l'Africa.
Gli interventi a favore della crisi alimentare in Africa devono avere le caratteristiche sia dell'aiuto in tempi brevi per soccorrere nell'immediato, sia dell'aiuto a lungo termine indiscutibilmente molto più valido.
Caro Alex, ho capito bene?
Dammi un cenno in positivo oppure correggimi.
Un abbraccio. Marianna.
Scritto da: marianna | 30/05/08 a 13:16
Hai capito bene, Unkundimana. Se preferisci, lascio i miei commenti in italiano. Per me, è uguale !.
Alex
Scritto da: alex | 30/05/08 a 14:04
Cara Marianna, c'è anche un rwandese di mia conoscenza, responsabile del Programme d'Elevage et d'Acclimatation, entusiasta all'idea di farsi un bel viaggio in Giappone. Sta cercando di acclimatare in Rwanda delle vacche di razza frisone e ovviamente gli serve la tecnologia giapponese, visto che le vacche in questione danno 10 litri scarsi di latte al giorno mentre in Olanda ne danno 50. Chissà, forse agli ordini di un giapponese ne daranno anche 100...
Quanto all'aiuto a lungo termine proposto da Alex, direi: invece di dargli i soldi, insegnamogli a pescare. L'Africa manca disperatamente di tecnici. Gli studenti dovrebbero essere indirizzati in questa direzione invece di prendere diplomi in diritto, in sociologia o in architettura che non servono a niente. Da quelle parti un agronomo un ingegnere valgono come 1000 avvocati.
Saluti a tutti, a presto
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 30/05/08 a 15:55
No, caro Alex, so che sei bravissimo anche in italiano ma io preferisco l'Alex che scrive in francese.
Grazie comunque dei tuoi interventi sempre mirati, talora ironici(con Dragor), talora divertenti.
Grazie davvero. A presto.
Marianna.
Scritto da: marianna | 30/05/08 a 15:56
Caro Dragor, tu non credi nella fattibilità di ciò che propone Alex.Questo mi sembra di capire dall'esempio che porti.
Quanto alle scuole di tipo tecnico in Africa sono perfettamente d'accordo con te.
Infatti presso alcune missioni, in Africa,i padri impiantano falegnamerie, officine meccaniche e/o idrauliche e altre specializzazioni del genere.
Tu ovviamente ti riferisci alla scuola di Stato. Come è giusto che sia.
Buon pomeriggio.A presto.
Marianna.
Scritto da: marianna | 30/05/08 a 17:53
Cara Marianna, al contrario, credo nella fattibilità di quello che propone Alex. Volevo solo dire che che per me l'aiuto a lunga scadenza significa non dare i soldi per comprare il pesce ma i mezzi per pescare.
L'insegamento tecnico va benissimo da qualunque parte venga, specialmente per gli idraulici e gli elettricisti. La manutenzione degli immobili è praticamente inesistente, con il risultato che ciascuno cerca di fare da sé e gli impianti vanno in rovina. In compenso tutti sanno guidare e riparare una macchina, segno che l'apprendimento non è ripartito in modo equo
A presto, buona serata
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 30/05/08 a 19:10
ehmm, Dragor.. non solo da quelle parti... :)))
io ho avuto questa sensazione. di trovarmi in una società in fermento, con tanta voglia di futuro, ma gravemente mancante di una cultura dell'accumulo e dell'investimento. Ero sull'equatore. Mi è venuto naturale pensare: noi qui abbimao l'inverno e all'inverno o ti prepari per tempo o muori. dove il clima è di 24-28 gradi tutto l'anno, butti un seme di papaya e questa da frutti senza fatica in pochi mesi, fai due passi vai al lago e mangi... che senso ha pensare ai granai, all'aratro, al vomere, al tiro ecc...? è stato impressionante vedere al museo etnografio di Kisumu che gli strumenti agricoli del neolitico era sostanzialmente identici a quelli che vedevo nei campi. devo anche dire che è basto spostarsi a est, in terra kikuyu e le cose sono cambiate: aratri,trattori, campi coltivati..
eppure sono economie che crescono; ma dove la crescita genera anche più sperequazione tra chi può e chi no, rabbia, voglia di vendetta.
Scritto da: morez | 30/05/08 a 19:19
L'osservazione che tu fai Andrea a proposito degli attrezzi agricoli antiquati mi fu fatta da una persona che si era fermata per qualche tempo in una missione dei padri della Consolata in Tanzania. Secondo questa persona c'era un immobilismo spaventoso da parte della gente che con mezzi e competenze diverse avrebbe potuto ottenere molto di più da quella stessa terra.
E qui siamo d'accordo con Dragor, che punta giustamente su di un'istruzione adeguata.
Resta però la necessità di una guida e la disponibilità di mezzi finanziari.
Ed è quello che dice Alex.
Aiuti sì ma dati con una programmazione intelligente nelle finalità.
Buona notte. A presto.
Marianna.
Scritto da: marianna | 30/05/08 a 21:21