OLIVER TWIST E’ ANCORA TRA NOI / LA PIAGA DEL LAVORO MINORILE
Sul nostro Pianeta il numero dei bambini(5-14 anni) impiegati nel mondo del lavoro sembrerebbe,
negli ultimi anni, essersi cominciato a ridurre.
Questo, dopo le non poche denunce di numerose organizzazioni e privati, che hanno reso palese il fenomeno.
Il risultato è importante ma di certo non ancora del tutto soddisfacente- sostiene l’ILO(International labour organization), l’agenzia ONU per la promozione del lavoro dignitoso, che ha sede a Ginevra. Dovrebbe essere invece frutto di una vera e propria mobilitazione politica, opera di lavoratori,imprenditori, Ong (Organizzazioni non governative) e gente comune. Tutti insieme.
“Porre fine al lavoro minorile- precisa Juan Somavia, direttore generale dell’ILO- oggi è possibile.
Si può, volendo, mettere termine ad una calamità, che segna la vita di tante famiglie nel mondo”.
Attualmente, statistiche alla mano, la diminuzione più rilevante è registrata nei lavori pericolosi, con un calo del 25%.
L’America Latina ed i Carabi spiccano in termini di rapida riduzione. Il numero è diminuito di due terzi(2/3), con appena il 5% dei minori d’età compresa tra i5 ed i 14 anni.
Ma la maglia nera,a livello globale, spetta purtroppo all’Africa sub-sahariana, regione con circa 50 milioni di bambini economicamente attivi ovvero il 25% della popolazione.
Nell’area dell’Asia-Pacifico circa 122 milioni di minori svolgono tuttora un’attività lavorativa.
Per quel che riguarda i Paesi Industrializzati, sempre secondo i dati raccolti dall’ILO, almeno due milioni e mezzo di under 15 fanno parte della forza lavoro della loro nazione.
Il settore agricolo assorbe la stragrande maggioranza dei minori lavoratori:7 su 10.
Il 22% dei bambini confluisce nei servizi, mentre il 9% va nelle industrie, nelle miniere e nell’edilizia.
A leggere queste cifre si rimane sbigottiti.Si pensava che l’impiego dei bambini nel mondo del lavoro fosse un retaggio del passato ed invece non è proprio così.
Per cancellare definitivamente questa piaga, sempre secondo l’ILO, dovrebbero essere stanziati fondi consistenti da impiegare in primis nell’istruzione e nella sanità. E, così facendo, i benefici economici sarebbero almeno sei volte superiori ai costi.
La strategia di contrasto per l’ILO è nel Programma IPEC (International programme on the elimination of child labour), che ha debuttato già nel 1992.
Il Programma punta all’eliminazione graduale del lavoro minorile e segue alcune linee base : sostegno di strutture nazionali, eliminazione delle operazioni più pericolose nonché di tutte le forme di sfruttamento, attuazione delle misure di prevenzione.
Il Programma ovviamente va svolto in alleanza con organizzazioni di lavoratori e datori di lavoro, con ONG ed altre rappresentanze della società civile.
Attualmente l’IPEC mette insieme nel mondo quasi 100 partner ed opera in 88 Stati.
Questi numeri, in linea di principio, sono destinati a crescere.Sempre che gli Stati, sovrani in materia, al loro interno si adoperino realmente a tutelare i minori.
Gli esperti, ad esempio, hanno verificato che la mancanza di accesso all’istruzione e lo stato di povertà delle famiglie sono i due “pilastri” del lavoro minorile. Pertanto l’obiettivo è rompere questo circolo vizioso attraverso il sostegno all’educazione ed all’economia familiare.
Lo strumento giuridico, cui fa ricorso l’ILO con il suo Programma IPEC, per incidere sulle politiche dei diversi Paesi, è la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia del 1989.
L’Italia ha ratificato la Convenzione così come tutti i 181 Paesi membri, tranne USA e Somalia.
Altri due testi, a livello giuridico, cui appellarsi sono la Convenzione n.138 del 1973 sull’età minima e la Convenzione n.182 del 1999 sulle forme peggiori di lavoro minorile, che richiede ai governi di proibirle e gradualmente eliminarle.
A questo punto emergono degli interrogativi,prescindendo dall’efficacia del Progetto IPEC.
Dal momento che esistono gli strumenti legislativi idonei,perché tanta lentezza nel procedere?
Perché, come “sepolcri imbiancati”, fingere di non vedere il problema? Ed ancora, facendo due conti in tasca a casa nostra,perché l’Italia ufficialmente coopera sempre meno? Perché si è davvero ridotta ad essere il fanalino di coda in Europa e nel mondo?
Una possibile risposta è che la globalizzazione, rispetto alle aspettative iniziali, ha trasformato il mondo in un grande mercato, dove si compra e si vende di tutto. Anche la mente e l’anima di molti. Ciò ha solo alimentato egoismi strutturali e sete di potere e reso ancor più precaria la sorte dei minori,lasciandoli così senza alcuna forma di protezione.
Nessuna meraviglia dunque se il problema “lavoro minorile” può ancora essere tramandato.
Per i nostri politici non è un’emergenza.
Marianna Micheluzzi
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