1000 vittime tra la popolazione civile secondo gli ultimi dati sottostimati secondo gli osservatori internazionali.
Oltre 250mila le persone che hanno lasciato la propria abitazione.
Questo il bilancio del dopo elezioni in Kenya.
Secondo "SAVE the CHILDREN" sono migliaia i bambini,che sono stati feriti, ustionati e ora si trovano negli ospedali.O che hanno subito il trauma di dover abbandonare l'ambiente loro familiare dopo che case e scuole sono state distrutte.
Non è la prima volta, lo sappiamo, perchè tragedie analoghe si sono ripetute e si ripetono non solo in Africa ma in tante altre parti del mondo, compresa la nostra "civilissima" Europa.Basti pensare ai conflitti nella ex-Jugoslavia .
Oggi però vogliamo sottolineare all'attenzione dei "distratti" questi bimbi kenyoti che , senza alcuna colpa,si trovano ad essere vittime.
Confusi, impauriti,i più vivono ora,a pochi giorni dai disordini, in campi di sfollati, abbandonati a se stessi perchè anche i loro genitori sono talmente sconvolti da non riuscire ad occuparsene adeguatamente.
Hanno bisogno di un rifugio sicuro, di acqua pulita e cibo ma sopratutto devono essere protetti e tratti in salvo,restituendo loro quel senso di di quotidianità e normalità che è fondamentale per la loro età.
I recenti avvenimenti hanno peggiorato le condizioni di estrema povertà in cui molti di essi vivono.Sia che fossero nelle campagne che nelle periferie delle città. Le famiglie si sono rifugiate nei campi profughi al confine con l'Uganda, temono le questioni etniche e l'idea di dover rimanere per mesi in quei campi. Nell'ambiente degradato degli accampamenti i bambini rischiano di essere separati dalle famiglie e corrono il pericolo di essere vittime di abusi, violenze, sfruttamento.
Quello che occorre da parte della comunità internazionale non è generosità privata o pubblica soltanto ma la capacità di dare una risposta strutturale al problema.Per non rubare il futuro a questi bambini. Cosa che invece spesso accade nell'indifferenza generale. Bisogna allora impegnarsi per costruire la normalità.Rimarginare eventuali ferite.
Quanto sia complesso il problema lo sanno bene quegli operatori che si dedicano loro,i quali non possono non rilevare in situazioni analoghe,senza scuola e spesso senza famiglia,quali comportamenti aggressivi in preadolescenti e giovani emergano, specie se la strada è l'unico rifugio.
Compatibilmente con le precarie condizioni di sicurezza qualcosa si sta facendo da parte delle organizzazioni internazionali. Ma il più va fatto per non tradire quelle aspettative di un Paese,in questo caso il Kenya, che finora nel panorama africano è stato comunque un modello di stabilità e che intende continuare ad esserlo.
MARIANNA 06
Si' Marianna, purtroppo è uno scenario che si ripete puntualmente in varie parti dell'Africa. Ogni esodo porta un seguito di violenze. L'esempio più doloroso è quello del Nord Kivu dove i figli dei rifugiati hutu e dei soldati delle ex FAR formano bande di assassini e stupratori
Il padre di mia moglie conosceva bene questo problema. Da rifugiato, la sua prima preoccupazione è stata quella di organizzare delle scuole perché i giovani non crescessero abbandonati a se stessi. E si accertava personalmente che le frequentassero, perlustrando i quartieri con un bastone con il quale cacciava in classe gli adepti dell'école buissonnière
Un abbraccio, buona giornata
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 12/01/08 a 09:33
Carissimo leggo con piacere ciò che scrivi a conferma di quanto da me esposto. Quello che più mi dà gioia è quanto riguarda la famiglia di Dedé.
Una madre superlativa per quel che ha fatto e fa,una sorella impegnata nell'insegnamento dell'informatica per diffonderla tra le giovani generazioni in Africa ed ora questo padre che antevedeva quelli che avrebbero potuto essere i danni di ragazzi abbandonati a se stessi.
Una bella famiglia! E so molto poco ovviamente.
Buona giornata ed un abbraccio anche alle tue donne.
Marianna.
Scritto da: marianna | 12/01/08 a 10:10
Cara Marianna, mi hanno detto che, quando i profughi sono dovuti scappare nella foresta perché era scoppiata la guerra anche in Zaire e Goma era invasa dai ribelli del Katanga, il padre di Dédé ha organizzato delle classi utilizzando delle grosse foglie come quaderni sulle quali i bambini scrivevano con il fango. E’ sempre stato un fan della scuola e infatti i suoi figli sono progrediti negli studi. Purtroppo si è dimenticato di dire che lo studio non serve solo a coltivarsi ma anche a trovare un buon lavoro, perché di regola i tutsi hanno i servi hutu e magari anche qualche twa che lavorano per loro, così i figli continuano a studiare a oltranza. C’è chi ha già preso 2 lauree e non accenna a fermarsi, passando da una borsa di studio all’altra. Per fortuna le femmine sembrano più dotate di senso pratico e sono quasi tutte più meno felicemente inserite nel mondo del lavoro. In Danimarca, dove la famiglia si è riunita l’estate scorsa, il trend era evidente: nei vari paesi di accoglienza, gli uomini all’università e le donne al lavoro.
Buon pomeriggio, a presto
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 12/01/08 a 13:23
Molto lodevole l'iniziativa di tuo suocero.
Il fatto che i tutsi maschi prediligano l'istruzione a scopo formativo è molto bello anche se mancano,come dici tu, di senso pratico. Ma si spiega proprio perchè non hanno mai avuto bisogno di lavorare. Poi. che io sappia, sempre sulle generali, in Africa sono le donne che lavorano ed hanno maggiori responsabilità per l'andamento familiare. Mi sbaglio?
Un abbraccio. Marianna.
Scritto da: marianna | 12/01/08 a 17:53
Cara Marianna,nelle società agricole di tipo bantu le donne lavorano più dei maschi ma la responsabilità e le decisioni spettano all'uomo. Nelle città, al contrario, i ruoli sono spesso capovolti, ma la città è un organismo d'importazione nell'Africa subsahariana (che conosceva solo il villaggio e la collina)e sconvolge le tradizioni locali. La società tutsi è particolare, nel senso che non lavorava nessuno (alle mandrie ci pensavano i servi hutu). Gli uomini si occupavano della guerra, della caccia e delle arti, le donne della casa e dei figli. Ma la società era connotata da un forte senso matriarcale e ancora oggi accade spesso che la donna sia la figura dominante della famiglia (vedi un po' la mia... :-)
In effetti queste donne cresciute come bambine viziate (mia suocera Marguerite da ragazza non doveva nemmeno camminare perché veniva portata in portantina), al momento di affrontare le difficoltà hanno sfoderato uno straordinario spirito di adattamento, rimboccandosi le maniche per lavorare magari agli ordini di gente che ai bei tempi non avrebbero neppure considerata degna di essere il loro boy.
Ti segnalo un libro che puoi leggere on line oppure stampare, "Christianisme et Pouvoirs au Rwanda" di Ian Linden, un autore inglese (ma è tradotto in francese), dov'è descritta molto bene la società tutsi tradizionale e il suo conflitto con la chiesa. Se clicchi sul link, lo troverai
http://books.google.com/books?id=Jlk6pGJJSYQC&pg=PA125&lpg=PA125&dq=tutsi+et+ath%C3%A9isme&source=web&ots=5A_SSaPXWR&sig=2gwPGjPLcqYftEvv-_4eL2xWa1U#PPA25,M1
Un abbraccio, buona giornata
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 13/01/08 a 08:37
Grazie Dragor di ciò che mi dici,che a me è molto utile e grazie ancora sopratutto per l'indicazione del libro,che leggerò con grande piacere.
Felice domenica ed un abbraccio a te e alle tue donne. Sempre. Marianna.
Scritto da: marianna | 13/01/08 a 09:17