Giorni fa su La Stampa Marco Vallora ha scritto di Malick Sidibé,Leone d'oro alla carriera, all'ultima Biennale di Venezia.
Parlando del suo stile,lo ha definito inconfondibile.Stile che può essere riassunto, come nel titolo dell'articolo,in due parole:identità di un continente.
Perchè questa definizione?
Solitamente noi europei conosciamo l'Africa attraverso le fotografie dei reportage e veniamo a contatto con delle realtà come fame, guerre, malattie. L'Africa è solo questo?
Assolutamente no.
Niente di tutto ciò è nelle istantanee di Sibidé.
"I segni di povertà e sofferenza- dice l'artista- sono esclusi dalle mie immagini.Mi piace ritrarre la gente allegra,ben vestita, curata nei dettagli, dalla cravatta all'orologio, ai mocassini all'ultima moda. E chi non conosce l'Africa allora mi dice: ma gli africani poi non sono tanto diversi da noi ? ".
Sidibé sorride mentre racconta.
"In effetti le ragazze del Mali -prosegue- si vestono come in Europa. Non c'è trucco dietro le mie immagini. Esse riflettono la realtà. Io amo raffigurare la donna maliana, i giovani del Mali, le famiglie.Nel Mali non è tutto gioia ma non è neanche tutto tristezza."
Cogliendo un fulmineo lampo di malizia nello sguardo del suo interlocutore, Sidibé lo anticipa.
"La fotografia che rappresenti il nudo da noi non esiste.L'uomo e la donna stanno sempre insieme. Non c'è separazione.Io non riuscirei a puntare l'obiettivo sulle nudità di una donna."
"Rispetto alla parola,orale o scritta che sia,rispetto alla musica, la fotografia è un oggetto tangibile -chiarisce ancora. Per guardare una fotografia non occorre essere andati a scuola. Lo possono fare tutti. Certo da noi vige la religione musulmana e ,per questo, le persone inizialmente hanno avuto una qualche difficoltà a guardare la propria immagine."
Le fotografie di Malick Sidibé, le più celebri, ritraggono spesso ragazzi e ragazze degli anni '60 mentre ballano. Egli racconta, proprio come un griot, ma con le immagini, una società che ama, la sua.
Certamente sarà stato proprio questo suo identificarsi dentro le sue radici culturali a catturare l'attenzione del pubblico e dei critici in Occidente.
"Io vengo da una generazione, quella post-coloniale, nella quale la musica ha liberalizzato il rapporto tra i due sessi.Questo è il motivo per cui si trova gioia nei miei scatti - precisa. Anche prima di quegli anni le ragazze,in Mali, potevano suonare il tam-tam o il balafon.Ma il ballo ha ravvicinato notevolmente l'uomo alla donna. La musica li ha liberati, ha fatto sì che si prendessero per mano, che si abbracciassero.In Africa come altrove."
Grazie a Malick Sidibé e ad altri bravi come lui,oggi in Africa c'è realmente una maggiore attenzione per la "fotografia", che può divenire anche un lavoro per molti e quindi fonte di guadagno.
E poi, cosa non certo trascurabile, l'Europa si è accorta della fotografia africana,mostrando, con il Leone d'oro alla carriera a Sidibé, di saperla apprezzare.
MARIANNA MICHELUZZI
Cara Marianna, in Africa c'è una quantità di artisti sconosciuti perché non sono sostenuti dal mercato come in Europa. Il Centre Culturel Français di Bujumbura organizza frequenti mostre di artisti locali che in Europa sarebbero quotati migliaia di euro e là non
valgono nemmeno un pomodoro.
Quanto alla gente ben vestita,temo che in Mali il buon Sibidé debba concentrarsi sullo 0,1 per cento della popolazione. Per cominciare, perché lui circola in camicia da notte?
Buon appetito, a presto
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 27/11/07 a 13:31
Lo sapevo Dragor, monello, che lo avresti maltrattato per via della camicia da notte!
Ma lui è un musulmano e si veste così forse perchè non vuol rinunciare all'abito tradizionale africano,proprio perchè è in Europa.
Io potevo scegliere anche un'immagine all'europea.....
Il ritratto è quello della premiazione a Venezia come vedi.
Certo sarebbe bello poter conoscere quegli artisti di cui parli qui da noi.
Sono sicura che faremmo delle autentiche scoperte ed impareremmo da loro.
Buon pranzo. In pomeriggio salgo sul tram di Nizza.
Marianna
Scritto da: marianna | 27/11/07 a 13:57
Se fosse un vero musulmano, non farebbe fotografie perché Allah ha detto che non bisogna riprodurre il corpo umano. Visto che trasgredisce a questo riguardo, potrebbe anche vestirsi da uomo...
Un abbraccio, buona serata
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 27/11/07 a 20:52
Dragor ha sempre ragione.
Ti auguro una serena serata ed una felice notte.
Marianna
Scritto da: marianna | 27/11/07 a 21:16
Tesea, invece, apprezza molto l'abbigliamento tradizionale di Sidibé, coerente con la sua tradizione e cultura. In effetti, siccome l'eleganza è un concetto relativo (ci sono canoni per definirne l'obiettività?), a suo gusto la gallabeja, giusto per i Paesi caldi, ha molto più charme che non il freddo, funzionale abbigliamento europeo.
E gli abitanti del Mali si intendono di eleganza e di arte: basta considerare la loro produzione scultorea lignea.
Tesea
Scritto da: tesea | 27/11/07 a 22:04
PER TESEA
Il discorso è un altro. Portare la djellaba significa essere musulmani e un musulmano praticante non puo' essere un artista perché è prigioniero dei suoi tabù. Un artista dev'essere libero
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 28/11/07 a 16:02
Probabilmente Sidibé non è un musulmano praticante.
Non vedo come nel suo Paese potrebbe praticare la sua arte ed essere accettato. E' vero che al suo livello vivrà molto poco in Mali.Per cui il problema si pone relativamente.Per lui.
Ciao,Marianna.
Scritto da: marianna | 28/11/07 a 21:19
Per Dragor,
l'architettura musulmana è tra le più affascinanti del pianeta (Alambra di Granata, moschee e minareti vari, che tu conosci senz'altro molto meglio di me).
Tesea
Scritto da: tesea | 28/11/07 a 21:40